Il primato del privato è quella cosa per cui il pubblico, il comune, il collettivo viene considerato un ostacolo, un impedimento, un ritardo cronico di cui disfarsi al più presto.
Il primato del privato è quella cosa per cui la politica è una cosa seria, bisogna finirla con le proteste e il conflitto manifestato collettivamente in piazza, i pugni chiusi e la bandiera rossa, tutte velleità anacronistiche e chiacchiere da bar.
Il primato della politica è quella cosa per cui il popolo, la gente, la massa è in realtà un gregge incapace di pensare e agire, che va quindi trattato come un minus habens, un pupo capriccioso da accudire alternando carota e bastone, il ciuccio alle sculacciate.
Il primato del privato è quella cosa per cui i cambiamenti frenetici della globalizzazione in atto richiedono, per non essere oltrepassati ed estromessi, decisioni immediate.
Il primato del privato è quella cosa per cui la democrazia rappresentativa è troppo lenta, rischiosa, faticosa: meglio la governance concentrata nelle mani di una ben selezionata oligarchia, meglio ancora il pensiero unico di un uomo solo al comando.
Il primato del privato è la politica che con il privato agisce complice e subalterna, e che garantisce la gestione delle istituzioni con una mano, e con l'altra la distruzione di spazi e alberi, il saccheggio delle risorse del territorio e la spartizione tra pochi del risultato.
Il primato del privato è quella cosa che vede la ricchezza concentrata in sempre meno mani, e le briciole distribuite con parsimonia per tenere buoni i consumatori come pecore chiuse nelle enclaves delle periferie: beninteso attrezzate di campi da calcio, sale gioco, internet, prigioni, centri di internamento per emigrati e altre sociali scorie, chiese e piazze intitolate a Padre Pio.
Gian Carlo Marchesini
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