30 marzo 2017

LE RIFLESSIONI DI UMBERTO: POLETTI , IL GAFFEUR




A proposito della recente gaffe del Ministro Poletti, ritengo che il Ministro sia stato bastonato due  volte:
 
la prima per il merito della dichiarazione; la seconda per l’opportunità della stessa.
Per quanto concerne l’opportunità, io non so se Poletti sia o no un cretino. So però che, secondo il “principio di Peter”, ha raggiunto il suo “livello di massima incompetenza”. Per questo, per la sua incompetenza nel ruolo di ministro, è “naturalmente un “gaffeur”. 
(il principio di Peter , per chi non lo conoscesse, è facilmente esemplificabile: un operaio magazziniere svolge benissimo il suo lavoro; viene promosso a capo reparto spedizioni; eccellente; ancora una promozione e diventa responsabile del magazzino.In questa progressione fornisce risultati sempre eccellenti. Così viene nominato responsabile della logistica aziendale e lì: il disastro. Ha raggiunto il suo livello di massima  incompetenza.)
Ora, Poletti non ha nemmeno tutte le colpe. E stato presidente delle coop rosse e poi dell’alleanza delle coop italiane. Cioè, ha svolto le mansioni finanziarie proprie di ogni CEO di una grande conglomerata (se bene o male, non so) .
Di questioni di lavoro capisce, probabilmente, quanto un bancario, se è un cretino, o un banchiere, se è in gamba.
Ma il presidente del consiglio aveva bisogno di una copertura “di sinistra” per un  ministero così cruciale in un paese come l’Italia. L’essere stato presidente delle coop rosse per gli italiani significa genericamente “esponente di sinistra”.
Il PCdM aveva probabilmente  bisogno più che di un esperto di questioni di lavoro (ne avrebbe trovati di molto migliori sia di “destra” che di “sinistra”), di un uomo con la “copertina” di sinistra e disposto a prendersi la responsabilità di una riforma del mercato del lavoro che, nelle sue linee di forza, era già  stata decisa dal capo del governo (gli esperti veri avrebbero avuto idee proprie: se di sinistra, inaccettabili per il capo; se coincidenti troppo scopertamente liberiste e caratterizzanti).
 
Per quanto riguarda la sostanza della dichiarazione: il merito (curriculum) vale meno delle relazioni (calcetto),  non ha invece torto.
Intanto dipende dal momento storico.
Nel secondo dopo guerra, nel periodo del “miracolo italiano” (che miracolo non era, ma effetto delle differenze salariali, che allora si definivano “ divisione internazionale del lavoro”), la nascita di molte aziende manifatturiere, create da imprenditori non di eccelsa levatura (Borghi e compagnia), ma di forte personalità, inclini al rischio, pretendeva il reclutamento di “persone competenti” specifiche.
Il mercato ne offriva con il contagoccie e così tutti i laureati o diplomati sfornati dalle scuole e dalle università italiane, buoni o cattivi che fossero, per almeno due decenni e forse più, andarono a ricoprire posti di responsabilità e di prestigio.Tutti meritevoli? Proprio no. Nella maggioranza, no. Una %ale molto alta di mediocri, che non avrebbero mai vinto una competizione (noi esclusi, ovviamente).   
Poi la storia recente.
L’Italia non ha mai saputo offrire una piena occupazione “vera”. La distinzione in blocchi ha consentito a un partito di rimanere in carica per oltre quarant’anni (alla faccia della brevità dei governi. Fola conveniente. Non c’è mai stato paese con una stabilità politica così forte, come il nostro) e garantirsi il voto riempiendo, purtroppo con il consenso sindacale, comuni, province e poi regioni; ministeri e società di diritto pubblico e privato (IRI e altre due) di occupati “finti”, inutili, assenteisti e mal retribuiti (nelle basse mansioni operaie o impiegatizie d’ordine) cui si consentiva – contro la legge – di fare un altro lavoro (cui si dedicava molta più attenzione). Troppo retribuiti per funzioni di concetto e di vertice. In ogni caso non c’è mai stato il merito (se non fortuito) mentre  il criterio di scelta, è stata la fedeltà elettorale. Bastava conoscere qualche “ammanicato” e il posto era assicurato.
Merito? Da ridere.
Così abbiamo creato una classe di piccoli imprenditori e anche di grandi che hanno imparato che le “relazioni” sono più importanti del merito e persino del capitale di rischio (in Italia sempre risicato). Il giudizio di Cuccia – burattinaio per decenni del “capitalismo di relazione” – per cui tranne alcuni pochi ( il primo Giovanni Agnelli, Valletta, Marzotto, Pirelli, ...certamente qualche altro), tutti gli altri imprenditori erano dei supponenti incapaci (intervista rilasciata a Piero Ottone) è impietoso.
Tutto questo ce lo portiamo dietro anche adesso. Le “culture” sono difficilissime da modificare, specialmente se deteriori.
Così, l’apertura delle frontiere alla concorrenza internazionale è stata dolorosissima e le conseguenze  - nell’ambito di un sistema oligopolistico – finanziario  mondiale, sono che le chances di successo per l’industria, la burocrazia e la politica italiane, appaiono molto ridotte.
 
Se le cose stessero così: L’Italia è affetta da un sistema perdente, che ignora il merito, per cui coscientemente, bisogna che, chi ha la responsabilità di plasmare il paese, si impegni a modificare profondamente la “cultura” ancora imperante, allora il merito della dichiarazione del ministro sarebbe da censurare perchè falsa in principio e dannosa.
Ma come farebbe uno che ricopre quella carica per merito di un sistema di relazioni e fedeltà?
Il guaio è che – pur se limitato ai “piani alti” del potere di ogni genere  e non a quelli più bassi – anche all’estero, nei paesi che hanno inventato la sociologia capitalista e hanno implementato il sistema imperante, le “relazioni” valgono più del merito.
Non esiste statistica al mondo da cui si possa dedurre che l’ascensore sociale è in movimento.
E’ bloccato in ogni paese, anche in quelli che sembrano aperti alla effervescenza sociale.
Lo spoil system ne è la codificazione politica assoluta, ma ci sono altre evidenze clamorose.
In Inghilterra, una delle società più “aperte” del mondo, l’elite “vera” è rappresentata, da qualche centinaio di anni, dagli stessi 700 cognomi familiari. Tutti con laurea a Oxford, Cambridge, Eton.
In GB è facile questo tipo di ricerche, ma le relazioni si scoprono essenziali, in ogni paese cosiddetto democratico (in quelli dittatoriali la cosa è ovvia)
Insomma il ministro ha detto una verità dimostrabile ovunque.
La meritocrazia è normalmente una illusione; spesso socialmente, persino pericolosa, se la parola è usata a vanvera, senza definirne confini e significato reale.
Il povero Poletti è soltanto colpevole di essere al posto sbagliato. Essendo incompetente, dice “quasi verità” indicibili.
 
Umberto       Pradella

I commenti

Ciao Umberto. Per come tu rappresenti e descrivi il funzionamento oggi dell'economia e del lavoro nel mondo, condizionato e soggetto al traffico delle conoscenze e delle influenze di cui simbolo ed emblema, per intenderci, è una figura come Tiziano Renzi,  chi ti legge ricava la convinzione che, per la ratio della capacità, del talento e del merito, quel mondo funziona in modo capovolto. Così trovo che il tuo giudizio finale su Poletti  sia in contraddizione perché non coerente e corretto: Poletti risulta invece essere proprio l'uomo giusto al posto giusto. In più ha il merito di dire "quasi verità" indicibili. Ma se le cose così stanno, cioè in un modo disastroso e abietto, che rimane se non vergognarsene?
Gian Carlo Marchesini

La risposta di Umberto

Il guaio è che la vergogna è diventato un “sentire” sconosciuto; se conosciuto, un difetto.
Umberto
 
Un altro commento
 
Due considerazioni marginali al testo di Umberto.
Ho diretta esperienza che le relazioni " valgono di piu"  di un curriculum ben scritto. ( agli alti livelli il curriculum non seve.. fama volat!)
A parte il fatto che non so quanti siano in grado di discernere un curriculum ben scritto da uno vuoto. Ma recentemente "il mio  filippino" aveva bisogno di lavorare, e non lo trovava. Andai da una mia amica proprietaria di un vivaio e le chiesi se lo poteva provare; " L' Importante   , disse, e´ che sia, piu che capace o intelligente, che sia FIDATO" ( avevano subito vari furti)
Dopo due anni lo hanno assunto " fisso". Avrebbero potuto disdire il contratto prima dei tre anni, ma non lo hanno fatto. Sapere che e´ un  serio lavoratore e´importante , ma il valore aggiunto fu che era ( ed e´)  fidato.
Su un curriculum  non esiste una casella " sei onesto?"  " Sei dedicato al lavoro?"  " Rubi?"
E quindi  la relazione personale spesso abbassa il livello di resistenze  congeniali a chi ha bisogno di lavoratori e  non si fida  della loro storia. Allora un amico  semplicemente "abbassa il livello di diffidenza" . Io, Rita  e il filippino  non giochiamo a calcetto, ma abbiamo un rapporto cordiale  sociale da vari anni.

Per cui la analisi di Umberto e´centrata: Quando hai necessita tu assumi ( con rispetto per chi cerca lavoro) cani e porci poco maestri e poco professionali. Ma, come dice un proverbio pugliese * Quando cavallin non ce n'e' , trottano gli asini"

Ora che fame di lavoratori, o collaboratori , non è acuta,  le diffidenza aumentano, come i ricatti e le appartenenze.
Stamane su radio 3 ( credo) sentivo di questa nuova  categoria di supercaporali.
Si propongono come  cacciatori di teste, ossia SANNO che esistono quelle posizioni disponibili nell' industria, ma  precedentemente avevano richiesto ai postulanti dai 10 ai 15.000 Euro  garantendo un posto sicuro, che loro avevano già nel portafogli.  Non cacciavano nessuna testa, raccattavano denaro da chi aveva bisogno di lavoro. Che squallore...un po' sopra agli scafisti. ´.
Altro  punto che chiosa GCM e farà felice Umberto.....In origine il contadino lavorava per  dare cibo alla famiglia: lavoravano in cambio di merce di valore.
Poi la civiltà dello scambio finì e iniziò la civiltà del denaro ossia del potere. Ma questo è stranoto. Ora nel mondo in cui viviamo, i robot sono più efficenti e producono meglio ad a minore costo di un operaio ( di sei operai). E producono oggetti. Ma se i sei operai non hanno uno stipendio, chi compera i prodotti prodotti dai robot? Ricchi, bancari, amministratori burocrati ma non produttori di beni o di valore aggiunto.
Si sta presentando una totale inversione  di obiettivi e mezzi per  raggiungerli.
Spostiamo  la frontiera del lavoro all'estero? Ma proseguendo con questo modello non faremo che a spostare  il limite oltre fino a che non si scontrerà col limite che viene  crescendo in contrasto dai territori di conquista.
Certamete non e un problema che concerne me, ma i miei figli si..
Un gufo molto cupo!
Franco Papone
 
 
 

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