17 marzo 2017

VERITA' PER ILARIA E MIRAN







In occasione dell' anniversario dell'assassinio di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin,  nel 2014 andò in onda sulla rete della televisione nazionale una ricostruzione del caso ( dal titolo "La strada della verità") che portò all'assassinio dei due giornalisti.
Come si conviene in queste occasioni, andò  in scena il solito balletto ipocrita delle dichiarazioni di tutti i vertici apicali della RAI che si espressero  in favore della ricerca della verità ( ci mancherebbe pure!!). Ma dopo ormai più di vent'anni ( 23 per l'esattezza) cosa hanno fatto? L'unica che fortemente chiede verità e giustizia , come tutte le mamme coraggio  che hanno perso un figlio ( ricordiamo la madre di Giulio Regeni fra le tante ) è la madre di Ilaria che non ha più lacrime per piangere la figlia. C'è solo da vergognarsi. La Presidente della Camera a cui fu indirizzata l'ennesima richiesta di verità , cosa ha fatto? Ha dato una risposta? Ha almeno consolato la povera madre? Come tutti i politici che non vogliono gatte da pelare, una volta  spente le luci della ribalta dell'anniversario, ha lasciato cadere la richiesta?.
Gli interessi in gioco, si parla di traffico d'armi e di rifiuti tossici, sono troppo importanti perché una povera madre riceva giustizia ma soprattutto conosca la verità, il perché la vita di sua figlia e del suo collega sono state così cinicamente spezzate.
Riteniamo però che questa povera donna non si arrenderà tanto facilmente davanti ai muri di gomma e all'omertà di Stato e  sarà ancora lì a sensibilizzare l'opinione pubblica , a  bussare alle porte del potere , a richiamare alle loro responsabilità i vertici RAI,  che al solito , lo prevediamo sin da ora ,  si esibiranno ancora una volta nell'interpretazione del personaggio a loro più consono:
quella di fantocci del potere.
Domenico Fischetto
 
 
 
Per approfondire
 
 
Il video dell'annuncio della notizia dell'assassinio:
http://youmedia.fanpage.it/video/aa/UyiLfOSwEoO1ZTCo




da http://www.repubblica.it/cronaca/2016/10/19/news/ilaria_alpi_22_anni_di_misteri_scheda-150115128/

Sono trascorsi 22 (ora 23) anni dall'omicidio di Ilaria Alpi e dell'operatore Miran Hrovatin e ancora restano i misteri su mandanti, killer e, soprattutto, il movente. Ecco le tappe della vicenda:

20 marzo 1994. Ilaria Alpi, 28 anni, inviata in Somalia per il Tg3, viene uccisa nel corso di una sparatoria a Mogadiscio insieme all'operatore Miran Hrovatin, 45 anni. Un commando di sette persone si affianca alla loro auto, esplode numerosi colpi di kalashnikov, poi si dà alla fuga. I due giornalisti erano impegnati a seguire la missione Onu "Restore Hope". Per la Alpi si trattava della settima missione in Somalia.

22 marzo 1994. La procura di Roma avvia una inchiesta. Il fascicolo viene affidato al sostituto procuratore Giuseppe Pititto il quale scopre che sul corpo della giornalista è stato fatto solo solo un esame esterno. Nessuna autopsia, quindi.

9 aprile 1996. Il pm iscrive sul registro degli indagati, quale mandante del delitto, il sultano di Bosaso, Abdullahi Mussa Yussuf, l'ultima persona che la Alpi aveva intervistato prima di morire, per fare luce su un presunto trffico di armi effettuato dai pescherecci di una società italo-somala. La posizione del sultano, che aveva sempre respinto le accuse, sarà poi archiviata.

8 maggio 1996. La salma di Ilaria Alpi viene riesumata per una nuova perizia. Ma le conclusioni degli esperti sono contrddittorie: non si capisce se la cronista sia stata uccisa con un colpo sparato a bruciapelo, a mò di esecuzione, o a distanza.

12 gennaio 1998. Per concorso in duplice omicidio volontario, viene arrestato il cittadino somalo Omar Hashi Hassan, indicato quale componente del commando. La richiesta d'arresto è firmata dal pm Franco Ionta al quale il procuratore capo Salvatore Vecchione decide di affidare l'inchiesta, revocando la delega a Pititto e facendo ripartire da zero tutti gli accertamenti.

20 luglio 1999. Hassan viene assolto dalla corte d'assise di Roma "per non aver commesso il fatto". Il pm aveva chiesto la condanna all'ergastolo.

24 novembre 2000. La Corte d'Assise d'Appello ribalta la sentenza di primo grado e condanna Hassan al carcere a vita. Per il somalo scattano in aula le manette. Fortemente critici i genitori di Ilaria: si tratta di "una sentenza nera, non ci accontentiamo di questa verità. Vogliamo i mandanti veri".

10 ottobre 2001. La Corte di Cassazione conferma la condanna per omicidio volontario ma, annullando la sentenza di secondo grado limitatamente all'aggravante della premeditazione e alla mancata concessione delle attenuanti generiche, rinvia il procedimento per nuovo esame ad altra sezione della corte d'assise d'appello.

10 maggio 2002. Comincia il processo d'appello bis. Nell'arco di varie udienze, sfilano dirigenti e funzionari della Digos, del Sismi e del Sisde. Rimane il segreto sulle due fonti che nei mesi precedenti hanno fornito notizie su mandanti e esecutori del duplice delitto. L'articolo 203 del codice di procedura penale non consente di rivelare l'identità di tali fonti impedendo così alla stessa magistratura di svolgere indagini.

26 giugno 2002. Hassan viene condannato a 26 anni di reclusione.

31 luglio 2003. Nasce la Commissione parlamentare d'inchiesa Alpi-Hrovatin. Presidente sarà l'avvocato Carlo Taormina.

23 febbraio 2006. La Commissione si spacca e termina i suoi lavori con tre relazioni, una di maggioranza e due di minoranza.
Ufficialmente la Commissione si schiera per l'ipotesi di un tentativo di rapina o di rapimento "conclusosi accidentalmente con la morte delle vittime". La versione alternativa invece ipotizza che la Alpi abbia scoperto un traffico di armi e di rifiuti tossici illegali nel quale erano coinvolti anche l'esercito e altre istituzioni italiane.

10 luglio 2007. La procura di Roma chiede l'archiviazione per l'inchiesta-stralcio sull'omicidio: non è stato possibile accertare altre responsabilità oltre a quella di Hassan. L'inchiesta era stata aperta subito dopo la condanna di Hassan, per il quale si era ipotizzato il "concorso con ignoti".

14 febbraio 2010. Il gip Emanuele Cersosimo boccia la richiesta di archiviazione: secondo il giudice il caso Alpi è un omicidio su commissione, con l'intento di far tacere i due reporter.

23 novembre 2010. Parte il processo contro Ali Ahnmed detto "Jelle", il principale accusatore di Hassan. L'ipotesi di accusa è calunnia al fine di sviare le indagini. Si costituiscono parte civile la madre di Ilaria e lo stesso Hassan.

16 dicembre 2013. La presidenza della Camera, su iniziativa della presidente Boldrini, avvia la desecretazione degli atti delle Commissioni d'inchiesta sui rifiuti e sul caso Alpi. Verranno desecretati nel maggio dell'anno successivo.

16 febbraio 2015. Jelle, nel frattempo fuggito all'estero, ritratta: "Hassan è innocente, io neanche c'ero. Mi hanno chiesto di indicare un uomo".

14 gennaio 2016. Su istanza degli avvocati di Hassan, la Corte d'appello di Perugia riapre il processo per il somalo. D'accordo anche il procuratore generale e le parti civili, cioè la Rai e la madre di Ilaria Alpi, che prima dell'udienza abbraccia Hassan.

19 ottobre 2016. La Corte d'Appello di Perugia
assolve Hassan dall'accusa di avere partecipato all'omicidio di Ilaria Alpi e di  Miran Hrovatin. Omar Hassan ha scontato in carcere 17 dei 26 anni che gli erano stati inflitti.

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