LA RIFONDAZIONE DELLA SINISTRA ITALIANA SI DEVE CONCEPIRE ALL'INTERNO DI UNA PIÙ AMPIA RIFONDAZIONE COSTITUENTE DELLO STATO REPUBBLICANO E DELLA NAZIONE ITALIANA.
È diffusa la sensazione che la crisi italiana stia precipitando verso uno stato di ingovernabilità tale per cui il Paese rischia di diventare il campo delle manovre più oscure(anche Internazionali) e di perdere la capacità di dominare il proprio destino. Sempre più preoccupanti sono i segnali di sbandamento della democrazia italiana, a partire dallo sciopero del voto. L'Italia è giunta ad una stretta e rischia di non reggere le prossime sfide, arrivando a mettere in questione la tenuta dello stato e della stessa unità nazionale, cioè di quel qualcosa che tiene insieme la nazione italiana. Parliamo addirittura della collocazione internazionale del Paese, del suo sistema di alleanze e del suo posto nel mondo.
Prendiamo gli scandali che si susseguono senza sosta. C'è qualcosa di più della semplice estensione, seppure impressionante, dell'area della corruzione. È la crisi di un sistema di potere che è la larga parte dello stato reale, della sua costituzione materiale. Mi viene allora da pensare alla lezione di Togliatti sulla situazione francese degli anni '30: a proposito dei grandi scandali che scossero la Francia alla vigilia di una grande crisi che vide prima il tentativo di colpo di stato della destra, poi la vittoria del fronte popolare. Non si tratta di moraleggiare, di indignarsi per gli scandali. Essi fanno individuare delle spaccature nel blocco di potere dei gruppi dominanti(fratture talmente incomponibili da non poter occultare gli scandali). La posta in gioco era: autoritarismo o democrazia? Ebbene, io credo che la crisi italiana stia precipitando verso questo tipo di esito, con una fetta consistente dello stato reale e dei poteri più occulti che potrebbero iniziare a pensare sempre più realisticamente che l'unico sbocco possibile della crisi sia una torsione autoritaria del sistema politico repubblicano.
La crisi del 'partito della nazione', cioè di quel blocco centrista che va da Renzi a Berlusconi, sia come partito-stato, sia come forza popolare, è molto grave e, anziché produrre un coinvolgimento più ampio dei lavoratori alla direzione dello stato, un vero ricambio non tanto di personale politico, ma di classi dirigenti nazionali, potrebbe sprogionare una svolta securitaria dal carattere avventurista che già si inizia a respirare nelle cose.
L'atteggiamento di questo partito della nazione, incapace di trovare uno sbocco politico alla crisi, è quello di scaricarne il peso sul Paese, restringendo ulteriormente gli spazi di democrazia e di partecipazione popolare alla gestione dello stato. A proposito della crisi del primo dopoguerra, Gramsci annotava che 'chi domina non può risolvere la crisi, ma ha il potere di impedire che altri la risolvano.'
Allora la sinistra sta davanti ad un bivio: o accetta la linea, per ora purtroppo prevalente, di inseguire il moderatismo sul suo terreno e prova a contendere a Renzi la spartizione del potere(il che vorrebbe dire illudersi di guadagnare peso spingendo il PD sempre più a destra, e con esso apparati, stati maggiori, settori decisivi del padronato industriale); oppure, la sinistra può rinsaldare le sue fila sulla base di una reale alternativa democratica per una rifondazione costituente della Repubblica. Una rifondazione dello stato e della nazione.
Il nostro primo assillo dovrebbe essere la ricerca di una 'autonomia': cioè, non la ricerca di un semplice spazio elettorale, ma la capacità di darsi un progetto politico adeguato alla natura profondissima della crisi del Paese ed al livello dello scontro politico. In altri termini, si è autonomi se si è dirigenti, se cioè si è in grado di orientare il fenomeno storico dominante, ovvero se si è in grado di coordinare lo sforzo di uscire dalla subalternità e dal tradizionale corporativismo economicista delle masse italiane per porsi come il coagulo di un nuovo stato, di una nuova cultura e di una nuova classe dirigente. In breve, ingaggiare la lotta politica sul piano della lotta per l'egemonia.
Ricordiamoci della lezione di Togliatti, che insegnó a cominciare col chiedersi non cosa serva al Partito, ma all'Italia, in quanto doveva essere tutto il movimento operaio, cioè tutte le classi subalterne, a compiere il salto storico della loro autonomia politica, di classe ed ideale, trasformandosi in forza nazionale e dirigente.
È in questo schema più generale, e solo in questo, cioè nella rifondazione dello stato, della nazione italiana e nella ricerca di una autonomia del movimento dei lavoratori italiano, che si può pensare la sua ricostruzione, facendo perno sull'asse portante del Movimento Democratico Progressista.
Rifondazione dello stato vuole dire abbandonare ogni velleitarismo di un europeismo del 'dover essere' e riconoscere che per garantire che l'Italia resti nel nocciolo dei Paesi che proseguiranno sull'arduo cammino dell'integrazione politica, senza essere escluso e messo in un angolo, il Paese deve rafforzare il suo stato, rilanciare una politica industriale di investimenti pubblici, ed essere in grado di sostituire alla declinazione passiva del vincolo esterno una difesa agguerrita dell'interesse nazionale. Costi quel che costi.
Una ricostruzione della nazione italiana, cioè della sua identità repubblicana, perché ciò con cui ci misuriamo, non ce lo nascondiamo, è l'ultimo stadio del collasso(iniziato trent'anni fa) del sistema politico repubblicano. Ovvero, una impressionante desertificazione intellettuale, la sparizione non solo del partiti politici, ma delle culture politiche fondanti dell'Italia democratica(comunista, socialista-democratica, cattolico-popolare). La politica ridotta a chiacchiericcio autoreferenziale di apparati mediocri. La vittoria del 4 dicembre, la madre di tutte le battaglie, ha difeso la Costituzione democratica, ma è ancora lontana dal dispiegare l'interezza dei suoi effetti sistemici, che si potranno affrontare solo nel tempo. Ora serve il secondo passo, il più difficile: fare della battaglia per una legge elettorale proporzionale non solo una battaglia di retroguardia per garantire alla sinistra una pattuglia di deputati nel prossimo Parlamento, ma il fulcro di una battaglia culturale volta a riattizzare quei germi di culture politiche repubblicane ancora presenti nel fondo della società italiana. Mi sembra il passaggio fondamentale per il grande obiettivo: ovvero quello di ripoliticizzare le masse italiane e ricreare un 'popolo', in modo da riattivare una volontà collettiva. I partiti non si inventano. Si affermano come una forza reale, e non come semplici apparati elettorali, se corrispondono ad una funzione storica determinata, ad un bisogno storico di fondo del proprio tempo e del proprio paese. Se fanno storia e storia nazionale. Questa è la nostra missione.
Matteo Giordano
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