30 luglio 2017

Recensione film: MARIA PER ROMA regia di Karen Di Porto



Con Karen Di Porto, Andrea Planamente, Bruno Pavoncello Mia benedetta, Daniela Virgilio, del 2016.

 



 

Per l’esordiente Karen Di Porto, i giri in vespa per Roma sono dei chiari tributi al cinema di Nanni Moretti, cui la regista fa riferimento, ma ciononostante Maria per Roma risulta essere un film decisamente esilino. Nel mondo attuale di varie nuove professioni rientrano anche quelle mostrate nel film, dove la protagonista fa la key-holder e cioè colei che, avendo le chiavi di varie case-vacanza, mostra gli appartamenti agli affittuari e ne incassa le quote. Il suo è un mestiere che le permette appena di mantenersi senza però dover chiedere alla madre antiquaria, in grave crisi economica peraltro, un aiuto economico. Ma la vera ambizione di Maria è quella di recitare: ha girato vari provini ed è in attesa di qualche chiamata da registi o produttori. Forse il mondo del cinema può rappresentare ancora una modalità di espressione che ha a che vedere con la creatività.

La cagnetta Bea, un’anzianotta meticcia Jack Russel, è la compagna fedele delle scorribande di Maria, che non si ferma mai e continua ad andare su e giù nei percorsi privilegiati dai turisti, tra Campo De Fiori, Trastevere, Piazza Navona e i Lungoteveri.

Nel film sono mostrati cosa siano la precarietà, la ricerca continua di qualcosa e la mancanza di riferimenti sia affettivi (la famiglia non lo è più) sia come modelli di vita. Il film fotografa un certo tipo di gioventù attuale: frenetica, superficiale, insoddisfatta e inconsistente. Neanche il rapporto tra Maria e Cesare (travestitosi da Gesù per far fare i selfie ai turisti) costituisce un vero momento di gratificazione, è privo di passione e sembra essere più una solidarietà basata sulla condivisione del bisogno.

Peccato che la regista e protagonista non abbia preso esempio da film europei, più impegnati socialmente, e rimanga su standard un po’ troppo provinciali.

Roma d’estate in un’unica lunga giornata è il tema centrale del film e la città è la vera protagonista, peccato anche che non vengano sufficientemente sfruttati i colori e le luci (e cioè le ombre) che cambiano a seconda delle ore del giorno. L’inizio del film, come il rallenty del primo incontro tra Maria e l’agente immobiliare quasi una parodia del western all’italiana, promette qualcosa che invece non arriva mai, e di cui poi non v’è più traccia.

Le occasioni d’incontro con varie tipologie di turisti stranieri potevano essere altrettante occasioni di comicità, ma i tratti sono appena accennati, rimanendo timide caricature. Confidiamo comunque nella tenacia di Karen Di Porto aspettando una seconda occasione.

 


Ghisi Grütter

 

 

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