Con Karen Di Porto, Andrea Planamente, Bruno Pavoncello Mia
benedetta, Daniela Virgilio, del 2016.
Per
l’esordiente Karen Di Porto, i giri in vespa per Roma sono dei chiari tributi
al cinema di Nanni Moretti, cui la regista fa riferimento, ma ciononostante Maria per Roma risulta essere un film
decisamente esilino. Nel mondo attuale di varie nuove professioni rientrano
anche quelle mostrate nel film, dove la protagonista fa la key-holder e cioè colei che, avendo le chiavi di varie
case-vacanza, mostra gli appartamenti agli affittuari e ne incassa le quote. Il
suo è un mestiere che le permette appena di mantenersi senza però dover
chiedere alla madre antiquaria, in grave crisi economica peraltro, un aiuto
economico. Ma la vera ambizione di Maria è quella di recitare: ha girato vari provini
ed è in attesa di qualche chiamata da registi o produttori. Forse il mondo del
cinema può rappresentare ancora una modalità di espressione che ha a che vedere
con la creatività.
La
cagnetta Bea, un’anzianotta meticcia Jack Russel, è la compagna fedele delle
scorribande di Maria, che non si ferma mai e continua ad andare su e giù nei
percorsi privilegiati dai turisti, tra Campo De Fiori, Trastevere, Piazza
Navona e i Lungoteveri.
Nel
film sono mostrati cosa siano la precarietà, la ricerca continua di qualcosa e
la mancanza di riferimenti sia affettivi (la famiglia non lo è più) sia come
modelli di vita. Il film fotografa un certo tipo di gioventù attuale:
frenetica, superficiale, insoddisfatta e inconsistente. Neanche il rapporto tra
Maria e Cesare (travestitosi da Gesù per far fare i selfie ai turisti) costituisce un vero momento di gratificazione, è
privo di passione e sembra essere più una solidarietà basata sulla condivisione
del bisogno.
Peccato
che la regista e protagonista non abbia preso esempio da film europei, più
impegnati socialmente, e rimanga su standard un po’ troppo provinciali.
Roma
d’estate in un’unica lunga giornata è il tema centrale del film e la città è la
vera protagonista, peccato anche che non vengano sufficientemente sfruttati i
colori e le luci (e cioè le ombre) che cambiano a seconda delle ore del giorno.
L’inizio del film, come il rallenty
del primo incontro tra Maria e l’agente immobiliare quasi una parodia del
western all’italiana, promette qualcosa che invece non arriva mai, e di cui poi
non v’è più traccia.
Le
occasioni d’incontro con varie tipologie di turisti stranieri potevano essere
altrettante occasioni di comicità, ma i tratti sono appena accennati, rimanendo
timide caricature. Confidiamo comunque nella tenacia di Karen Di Porto
aspettando una seconda occasione.
Ghisi
Grütter
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