Con
Meryl Streep, Hugh Grant, Simon Helberg, Rebecca Ferguson, del 2016
Musiche
di Alexandre Desplat
Tratto
da una storia vera, Florence è il
secondo film nel giro di un paio d’anni, ad aver stimolato le fantasie di
registi cinematografici. Uscito quest’inverno e ripescato in questi giorni in arena,
il film presenta una terna di attori strepitosi - Meryl Streep, Hugh Grant,
Simon Helberg - sulla cui recitazione si
basa il suo merito.
La
versione francese girata nel 2015, si chiamava Marguerite ed era stata diretta da Xavier Giannoli, con interprete
Catherine Frot, un’altra fantastica attrice. Trasposta la vicenda a Parigi
negli anni Venti, tra le avanguardie futuriste e dadaiste, il film era più pretenzioso
e meglio inserito storicamente e geograficamente. Era anche pieno di citazioni
cinematografiche come ad esempio quella del servitore tuttofare che asseconda
l’illusione dove è esplicito il riferimento al regista Erich von Stroheim in Viale del Tramonto di Billy Wilder.
Qui
in Florence, invece, la storia (più
fedele all’originale americana) è più teatrale e girata prevalentemente in
interni, mentre la città costituisce una mera scenografia. Ambientato a New
York nel 1944, Florence Foster Jenkins, protagonista della vicenda –
interpretata dalla straordinaria Meryl Streep – è una mecenate e
un’appassionata di musica, fondatrice del “The Verdi club” fin dagli anni ‘20.
Finanzia associazioni e spettacoli musicali e nutre un grande sogno: quello di
cantare come soprano lirico, nonostante sia stonatissima. La dedizione del marito,
il devoto ma fedifrago St. Clair Bayfield (un istrionico Hugh Grant) ex attore
di non grande successo, cerca di assecondarla nelle sue stravaganze oscurandole
la palese realtà del suo mancato talento e delle sue disastrose corde vocali. Anche
il maestro di canto e l’accompagnatore al piano Cosmé McMoon (un bravissimo
Simon Helberg), ben remunerati dal marito, assecondano i desideri dell’amabile
protagonista. Significativa è la frase di St. Clair che, parlando di sé, dirà
al pianista: «È stato duro ammetterlo, ma una volta fatto mi sono sentito
liberato dalla tirannia dell’ambizione».
Cantare
per Florence, oltre a essere una grande passione, è una sorta di terapia che
l’ha tenuta in vita nonostante tutto da un male che la affligge da un quarto di
secolo: Florence, infatti, aveva contratto la sifilide durante la prima notte
di nozze del suo primo matrimonio.
Alla
fine Florence Foster Jenkins coronerà il suo sogno di esibirsi al Carnegie
Hall, dopo aver affittato il teatro e mandato moltissimi biglietti omaggio alle
truppe impegnate nella guerra Mondiale. St. Clair, dunque, ingaggerà una claque numerosa, controllerà l’accesso
degli invitati e cercherà di attutirle i colpi della critica sui giornali, ma
non riuscirà completamente nel suo intento.
Stephen
Frears con questo film si prefigge sia
una riflessione sul ruolo dell’arte (distrarre le truppe impegnate al fronte) sia
sui privilegi borghesi (cosa non si può comprare con i soldi…) e lo chiude presentando
alcune immagini dei protagonisti reali.
"Florence"
è girato con garbo e ironia British ma
il suo limite, come dicevo in apertura, è proprio nel suo pregio e cioè rimane
prevalentemente un pezzo di bravura degli attori. Ciononostante lo si vede
volentieri.
Ghisi Grütter
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