Il
film War for the Planet of the Apes è il terzo della
serie reboot iniziata nel 2011,
mentre la prima e fortunata serie risale al 1968 con Charlton Heston e Roddy
McDowall. A dirigere il terzo film c’è di nuovo Matt Reeves, che debuttò nel
2008 con il film Cloverfield e che
dal 2012 chiamato dalla 20th Century Fox per prendere il posto di Rupert Wyatt
a partire da Apes Revoution – Il pianeta
delle scimmie. Sembrerebbe che Rupert abbia abbandonto la saga perché
preoccupato per i tempi di lavorazione, a suo dire, brevi che avrebbero
pertanto abbassato la qualità del prodotto. War for the Planet of
the Apes sembra essere quasi più un film psicologico che uno di avventura
ed è un po’ eccessivamente claustrofobico.
In
una grande grotta nella foresta nascosta dietro la cascata, vive lo scimpanzé
Cesare (di nuovo l’attore e mimo Andy Serkis) e la sua tribù fatta di varie scimmie
– orangotango, gorilla e scimpanzé. È
una lotta continua per la sopravvivenza: Cesare aveva da poco ucciso Koba, un bonobo
aggressivo che rifiutava di vivere in pace con l’uomo, ma a sua volta la sua
famiglia viene aggredita dai soldati capeggiati da un certo Colonnello
cattivissimo che tiene tutte le scimmie schiave e affamate ai lavori forzati
per costruire un muro di protezione (da altri uomini cattivi). Il Colonnello le
vuole comunque controllare e sottomettere così al suo potere.
Vicende
varie di poco conto, accadono nei 140 minuti di film portando alla luce
tipologie di scimmie varie, come ad esempio la apparentemente stupida bertuccia
da zoo che si unisce al gruppetto che salverà le scimmie dalla schiavitù, così
come la coraggiosissima bimba muta (Amiah Miller) salvata da Cesare
che simboleggia la purezza dell’infanzia. Assistiamo inoltre a incontri/scontri
moralisti sulla pietas nei (per
fortuna!) ridottissimi dialoghi tra scimmie e umani o tra scimmie e scimmie, dai
sottotitoli di faticosissima lettura.
War
for the Planet of the Apes trae spunto da una serie di citazioni filmiche:
il cattivissimo colonnello interpretato da Woody Harrelson è una citazione
tratta da Francis Ford Coppola in Apocalipse
Now del 1979, del personaggio del Colonnello Kurtz interpretato
dall’indimenticabile Marlon Brando. La stessa scritta come pun sulla roccia del sotterraneo “Ape-pocalypse Now” né è l’esplicito
tributo. La cupezza di neve e di fango rimanda, invece, a Quentin Tarantino nel
suo The Hateful Eight del 2015.
Come mi faceva notare la mia informatissima compagna di cinema, qua e là si
trovano altri riferimenti a vari film western, a John Ford di Sentieri Selvaggi del 1956 e a Sam
Peckinpah del Mucchio Selvaggio del
1969, forse per la profondità psicologica dei personaggi. Mi viene un dubbio e
mi chiedo se la passione per il citazionismo sia da considerarsi uno snobismo
per cinephiles o “un-copia-e-incolla”
che nasconde scarsa inventiva? Forse un po’ entrambi.
Il film è stato girato in Canada nel Lower
Mainland vicino Vancouver, ha dato lavoro a un’infinità di persone assommando
persone in costume, con la tecnica della motion capture, a centinaia
scimmie digitali. Il trucco della Naomi Bakstad merita sicuramente un Oscar,
ma ciononostante il film risulta piuttosto noioso.
Ghisi
Grütter
Nessun commento:
Posta un commento