Con
Bérénice Bejo, Liam Cunningham, Tom Sweet, Robert Pattinson, Stacy Martin e
Yolande Moreau, Sophie Curtis, Rebecca Dayan, Jacques Boudet, del 2015.
Colonna
sonora di Scott Walker. Fotografia di Lol Crawley.
Quando le educazioni erano severe
The Childood of a leader è un film intenso
e molto bello. Le immagini in costume girate in 35 millimetri e le ricostruzioni
storiche e degli ambienti sono molto affascinanti. Il palazzo nel piccolo
villaggio francese, ereditato dai protagonisti, è un po’ délabré e presenta pareti polverose, ben fotografate da Lol Crawley.
Anche la musica di Scott Walker è suggestiva ed efficace e gli attori molto
bravi.
L’infanzia di un capo è stato presentato
nella sezione Orizzonti del Festival di Venezia del 2015, ma è uscito solo da
poco nelle sale italiane. Il film è il debutto alla regia di un attore ventottenne
americano, che lo preparava da anni e che si è meritato il premio De Laurentiis
per la miglior opera prima e per la miglior regia.
Siamo
nel 1918 alla fine della Prima Guerra Mondiale e alle soglie del Trattato di
Versailles che non riuscirà a sedare i conflitti in atto, anzi, sarà
l’antefatto delle insoddisfazioni che porteranno poi alla Seconda Guerra Mondiale.
Liberamente
ispirato a un racconto di Jean Paul Sartre del 1939, a cavallo delle due guerre
mondiali, il film racconta in quattro atti i capricci dell’infanzia (e
l’ascesa) del dodicenne Prescott (Tom Sweet) figlio di un consigliere (Liam
Cunningham) di Woddrow Wilson e di un’affascinante donna poliglotta (Bérénice
Bejo) cresciuta in Europa ma naturalizzata americana. Il bambino si presenta
problematico: figlio unico è stato trapiantato in Francia dagli Stati Uniti, costretto
ad abbandonare gli amici, cerca inutilmente le attenzioni dei genitori nei modi
più sbagliati. Dal padre anaffettivo riceve solo regole e punizioni, mentre la
madre, fervente religiosa, non sa proprio come prenderlo e finirà per allontanare
da lui le persone più care, cioè quell’universo femminile caldo fatto di tate e
di signorine di francese, le uniche figure che sapevano esprimere affettività.
Del
resto le educazioni dei genitori erano così austere fino a mezzo secolo fa. I
padri severi picchiavano i figli, spesso con la cinghia. Alle domande dei figli: ”posso fare questo?”
rispondevano “no” e ai “perché?” “perché no” oppure “perché te l’ho detto io”.
Brady
Corbet che è anche lo sceneggiatore del film, ha cercato di inserire aneddoti reali
nella vicenda; sembra che il lancio dei sassi da dietro un cespuglio sia
realmente accaduto al giovane Mussolini.
Vari
sono i suoi riferimenti cinematografici (da Michael Haneke a
Lars von Trier fino a Ruben Östlund) ma più di tutti ci sembra sia emergente
il Kubrick di Barry Lindon nel
compiacimento di ricreare quadri d’epoca e nella scelta di luci tenue. Sul
finale, stringato e simbolico, invece Corbet sembra prediligere uno stile
sokuroviano con musiche stridenti da thriller.
Ghisi Grütter
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