8 marzo 2017

Comitato romano per il NO alla riforma costituzionale

Riceviamo dal Comitato romano per il NO alla riforma costituzionale e volentieri pubblichiamo

testo volantino
Memoria per l'audizione sulla legge elettorale
Alfiero Grandi lascia la presidenza dell'ARS Nazionale

 

La discussione in Assemblea della Legge elettorale è stata inserita in calendario per il 27 marzo prossimo, anche se ciò non esclude che vi possano essere rinvii.
Fino ad ora da ciò che si evince dall'insieme delle proposte di Legge presentate appare evidente che la volontà emersa dal voto del 4 dicembre non viene tenuta in alcun conto.
Per questo dobbiamo rilanciare la nostra iniziativa di raccolta delle firme sulla Petizione per la Legge elettorale e moltiplicare le iniziative in cui far valere le nostre proposte e chiedere conto ai Parlamentari di ciascun territorio delle loro scelte.
Colgo l'occasione per allegare il testo della audizione di Massimo Villone, sulla legge elettorale, alla Camera dei deputati, I Commissione, del 2 marzo scorso e un comunicato di Alfiero Grandi.
Mauro Beschi

 


Massimo Villone

Memoria per l'audizione sulla legge elettorale

Camera dei deputati, I Commissione, 2 marzo 2017

 

 

Sommario: I. Premessa - 2. Scelte conseguenti alla sentenza Corte cost. 35/2017 (quesiti 1, 3, 11, 12) - 3. Omologazione dei sistemi elettorali di Camera e Senato (quesiti 2, 4, 7) - 4. Ballottaggio (quesito 5) - 5. Capilista bloccati e candidature plurime (quesiti 8 e 9) - 6. Controlli e verifiche (quesito 14) - 7. Considerazioni finali.

 

1. Premessa.

Sono opportune due considerazioni preliminari e di metodo.

La prima. È opinione prevalente che la Costituzione non imponga al legislatore una specifica scelta in tema di sistemi elettorali, in specie tra maggioritario e proporzionale. Ma è indiscutibile che il diritto di voto libero e uguale sia la pietra angolare di ogni sistema democratico, e che la conseguente rappresentatività delle assemblee elettive sia elemento essenziale dell'architettura costituzionale. Entrambi i punti sono saldamente acquisiti anche nella giurisprudenza costituzionale, in specie nelle sentenze 1/2014 e 35/2017.

La seconda. La legge elettorale va guardata in stretta connessione con il sistema politico in cui si inserisce, e non solo perché concorre decisivamente a determinarne il funzionamento. La connessione orienta nella valutazione dell'opportunità delle scelte, ma anche nella applicazione sotto il profilo tecnico giuridico di principi come quelli di ragionevolezza e proporzionalità.

 

2. Scelte conseguenti alla sentenza Corte cost. 35/2017 (quesiti 1, 3, 11, 12).

 

Un impianto proporzionale della legge elettorale è per definizione coerente con i principi di rappresentatività e voto eguale di cui al punto precedente. Lo stesso non può invece dirsi per il modello maggioritario, la cui compatibilità va verificata in ragione del come e del quanto esso si discosta nell'esito dagli stessi principi, e in ragione della tutela di quali altri valori di rilievo costituzionale. La Corte costituzionale ha individuato la governabilità, intesa essenzialmente come raggiungimento di una maggioranza numerica in parlamento, come bene costituzionalmente protetto idoneo per il bilanciamento.

Nella nostra esperienza costituzionale abbiamo avuto due modelli di maggioritario: dal 1993 al 2005, l'uninominale di collegio del Mattarellum, e dal 2005 il premio di maggioranza del Porcellum. A mio avviso, nessuna ipotesi di premio di maggioranza è compiutamente compatibile con la Costituzione vigente, e l'unico modello che può ritenersi compatibile è il maggioritario uninominale di collegio.

La differenza fondamentale tra i due modelli è che è che un maggioritario di collegio offre un intrinseco incentivo alla governabilità senza manipolazione legislativa del risultato che viene dalle urne, perché l'esito in termini di assegnazione di seggi riflette esattamente il consenso espresso dagli elettori. La rappresentanza nell'assemblea è determinata dal voto, e null'altro. Invece, un premio di maggioranza opera una manipolazione legislativa dell'esito, assegnando a uno dei contendenti una quota aggiuntiva di seggi, e parallelamente sottraendola agli altri. È in questa prospettiva che si deve valutare il rispetto della rappresentatività dell'assemblea elettiva e del voto eguale.

Sulla rappresentatività. È ben vero che anche con un maggioritario di collegio la disproporzionalità tra voti conseguiti e seggi assegnati può essere molto alta, consegnando una maggioranza di seggi a un partito magari ampiamente minoritario nei voti. È accaduto e accade, com'è noto, in Gran Bretagna. Ma è un esito solo possibile, non automatico né certo, come proprio l'esperienza britannica dimostra nella precedente legislatura, che ha visto il formarsi di un governo di coalizione. La probabilità che si verifichi può essere ridotta con l'introduzione di una quota proporzionale. Soprattutto – come si è detto - è un esito che viene dal voto così come è stato espresso, in assenza di qualsiasi manipolazione legislativa.

Sul secondo punto. In un maggioritario di collegio l'assenza di manipolazione legislativa consente di ritenere meglio rispettato il principio del voto eguale. Ogni voto pesa sull'esito esattamente quanto qualunque altro nel momento in cui viene espresso e successivamente. Al contrario, il premio di maggioranza ridetermina ex lege il peso del voto dopo che è stato espresso, come è dimostrato dalla previsione nella legge di due quozienti elettorali diversi, uno di maggioranza per il partito vincente e uno di minoranza per tutti gli altri. La diseguaglianza nel voto è sancita nella norma.

Si può dunque solo parzialmente condividere la sentenza della Corte 1/2014, che dichiara la incostituzionalità del premio nel Porcellum solo in ragione della mancanza di una soglia. Né si può condividere la sentenza 35/2017, che riprendendo la precedente pronuncia assolve dalla censura di incostituzionalità l'Italicum perché è stata introdotta una soglia del 40%. I principi di proporzionalità e ragionevolezza – pur dalla Corte richiamati – avrebbero consentito una lettura diversa.

A mio avviso, l'errata e riduttiva lettura della Corte viene dal non aver considerato la legge elettorale nel sistema politico complessivamente inteso. Ciò che è ragionevole e proporzionata incidenza sulla rappresentatività di un'assemblea o sul voto eguale in un contesto determinato può non esserlo in altri. Ad esempio, in un sistema politico effettivamente bipolare la previsione di premio di maggioranza con soglia può essere una scelta che non conduce necessariamente a una eccessiva disproporzionalità e a una troppo forte distorsione del voto eguale. Ma in un sistema multipolare è sostanzialmente inevitabile che tali effetti si producano, garantendo la maggioranza a soggetti ampiamenti minoritari, e capovolgendo nei numeri parlamentari la volontà popolare espressa nelle urne. Questo potrebbe e dovrebbe indurre a una diversa applicazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza. In un sistema multipolare un sistema di soglia e premio potrebbe bene ricadere nella categoria della manifesta irragionevolezza.

Ancor più tale conclusione è vera per il cd "premietto", che si traduce nell'assegnazione di una quota aggiuntiva di seggi al partito che prevale nel voto popolare, ma senza raggiungere la soglia per l'attribuzione del premio di maggioranza. Dal momento che l'unico argomento per la compatibilità costituzionale del premio è nella governabilità intesa come raggiungimento della maggioranza numerica nell'assemblea elettiva, è evidente che il "premietto" è per definizione inidoneo a realizzare tale obiettivo. Rimane dunque una distorsione della rappresentatività e una lesione del voto eguale sine ratione, come tale manifestamente irragionevole.

Ugualmente inaccettabile sarebbe l'innesto di un premio di maggioranza su un impianto già maggioritario (ad esempio, Mattarellum con quota già proporzionale trasformata in premio di maggioranza). Le considerazioni negative già svolte sul premio sarebbero ulteriormente appesantite dalla inevitabile maggiore distorsione della rappresentatività dell'assemblea e del voto eguale.

Conclusivamente ritengo che in un sistema multipolare - come oggi abbiamo e per qualche tempo molto probabilmente avremo – il modello del premio di maggioranza con soglia con andrebbe abbandonato. Considerando poi che in un sistema multipolare anche il maggioritario di collegio può avere effetti gravemente distorsivi della rappresentanza, si può ritenere opportuno passare a un impianto proporzionale, oppure a sistemi misti, ma con quote elevate di proporzionale. Se invece si volesse mantenere il premio con soglia, allora la considerazione essenziale è che alzare la soglia avvicina il sistema alla compatibilità con la Costituzione, e viceversa.

È appena il caso di notare che non sussiste ostacolo nelle pronunce della Corte costituzionale all'abbandono del premio con soglia. Al legislatore è solo precluso il ripristino della norma dichiarata costituzionalmente legittima. È invece consentito effettuare scelte diverse, che non si pongano in contraddizione con le pronunce della Corte. Quindi, è possibile oggi passare a un modello di collegio uninominale, proporzionale o maggioritario, o misto.

 

3. Omologazione dei sistemi elettorali di Camera e Senato (quesiti 2, 4, 7).

In un sistema bicamerale non è mai possibile garantire con certezza la stessa maggioranza tra le due camere. Una diversità possibile è anzi da ritenere geneticamente propria della scelta bicamerale, come storicamente risulta dai dibattiti in Assemblea costituente, dalla iniziale diversa durata della legislatura, dal diverso elettorato attivo e passivo, dalla previsione di scioglimento anche di una sola Camera.

Ne segue che sarebbero incostituzionali sistemi elettorali volti a garantire forzosamente la omogeneità delle maggioranze, ad esempio con l'attribuzione in una camera di un premio al partito o alla coalizione vincente nell'altra. Questo comporterebbe l'assegnazione di un premio di maggioranza prescindendo del tutto dal risultato elettorale emerso dal voto, ed anzi in diretta contraddizione con gli esiti del voto nella camera così forzosamente omologata. È evidente una ancor più grave compressione dei principi di rappresentatività e di voto eguale.

Se non è costituzionalmente consentito imporre con la manipolazione legislativa maggioranze identiche nelle due camere, è invece possibile evitare che aumenti la probabilità di maggioranze diverse. Tale ipotesi si verifica di certo con la previsione di un proporzionale di lista e preferenza da un lato (Consultellum Senato) e di un maggioritario con premio (Consultellum Camera). Una siffatta radicale diversità di impianto potrebbe certo favorire l'esito di maggioranze differenziate, e dunque – in un bicameralismo paritario – porre ostacoli sulla via della governabilità. Per questo, una sostanziale omologazione dei sistemi elettorali tra le due camere si mostra opportuna. Si può conseguire adeguando la legge elettorale Senato al modello Camera, o al contrario assimilando la Camera al modello senato. per le considerazioni prima svolte, considero preferibile quest'ultima ipotesi. E ricordo ancora che per entrambe le camere sarebbe possibile abbandonare l'impianto di lista e preferenza per un modello di collegio.

 Voglio però richiamare l'attenzione su un punto non sufficientemente considerato: i collegi in Senato. Senza un intervento legislativo di ridefinizione andremmo a campagne elettorali di lista e preferenza unica in collegi di grandi dimensioni, tali da comprendere anche milioni di elettori. Nessun soggetto politico sarebbe oggi in grado di gestire una siffatta condizione di campagna elettorale. Ne risulterebbe con ogni probabilità un aumento esponenziale dei costi, un forte incentivo al traffico di influenze, una via maestra a forme vecchie e nuove di scambio e di corruzione. Come ne verrebbe una spinta alla ulteriore implosione dei soggetti politici e al dissolvimento di qualsiasi solidarietà territoriale. È imperativo che si intervenga sulla dimensione dei collegi del senato, perché è un elemento che da solo ha un grandissimo impatto potenziale sul sistema politico-istituzionale, a prescindere dalle maggioranze.

Va anche sottolineata l'importanza di omologare le soglie per l'assegnazione di seggi, fissate al 3% alla Camera e rimaste al 3%, 8% e 20% al Senato. è del tutto evidente che, allo stato, ne verrebbe con ogni probabilità una diversa composizione delle due assemblee. Alcune forze politiche potrebbero essere presenti in una sola delle camere. Soprattutto in una prospettiva di coalizione questo potrebbe essere elemento a detrimento della governabilità. Lasciare soglie differenziate potrebbe condurre a una compressione della rappresentanza e del voto eguale sine ratione.

Aprire il tema della omologazione delle soglie pone peraltro un quesito su quale sia uno sbarramento "ragionevole". È chiaro che una ragionevolezza misurabile in termini oggettivi non esiste, e che il ragionamento deve prendere ad oggetto la legge elettorale nell'ambito del sistema politico nel suo complesso. A mio avviso, in un sistema proporzionale la soglia di sbarramento può avere il senso di aiuto (indiretto) alla governabilità creando un contesto più favorevole al formarsi di maggioranze in parlamento. In questo troviamo una giustificazione in termini di proporzionalità e la ragionevolezza rispetto alla compressione recata alla rappresentatività dell'assemblea e al voto eguale. Invece, in un impianto maggioritario che incentiva la governabilità aliunde le soglie si giustificano poco o nulla. Non è un caso, ad esempio, che nel parlamento britannico siedano deputati eletti con poche migliaia di voti. Nel giudizio di proporzionalità è intrinseca una preliminare valutazione di necessità. Se la compressione di un diritto non è necessaria per la tutela in via di bilanciamento di un bene costituzionalmente protetto, non si giunge a misurare la proporzionalità della compressione.

Se dunque dovesse rimanere l'impianto maggioritario, la presenza di sbarramenti non avrebbe una solida giustificazione. E lo vede anche la Corte costituzionale, che in realtà non dice che lo sbarramento contribuisca alla governabilità direttamente, ma piuttosto indirettamente, attraverso la semplificazione e riduzione della frammentazione partitica. Senza però considerare che in questa prospettiva entra in gioco anche l'art. 49 della Costituzione, sul diritto dei cittadini di associarsi in partiti e concorrere a determinare con metodo democratico la politica nazionale. Principio che comprende certamente anche il diritto di accedere all'assemblea elettiva. Dunque il giudizio di ragionevolezza e proporzionalità andrebbe posto in termini diversi. Conclusivamente, ritengo che una soglia del 3% in Senato allineata a quella della Camera sarebbe l'opzione da preferire.

Non è invece un problema la "base regionale" richiamata dall'art. 57 Cost. per l'elezione del Senato. Il punto è stato già ampiamente discusso in passato. Concordo con l'opinione che la "base regionale" non preclude in termini assoluti meccanismi operanti su base nazionale, come il recupero di resti nel caso di modello proporzionale, o l'assegnazione di seggi su base nazionale nel caso di maggioritario con premio. È ovvio che introdurre meccanismi compensativi su base nazionale aumenterebbe la probabilità di maggioranze omogenee nelle due camere. Dunque, sarebbe elemento di supporto alla governabilità. E se riteniamo che persino l'eguaglianza del voto e la rappresentatività delle assemblee siano bilanciabili con la governabilità, è davvero paradossale che non si ritenga bilanciabile in chiave di governabilità il connotato della base regionale per il Senato.

 

4. Ballottaggio (quesito 5).

Nella sentenza 35/2017 la Corte censura il ballottaggio non in principio, ma nella definizione data dalla legge, ed in specie per la continuità del secondo turno rispetto al primo. Rimane astrattamente possibile la reintroduzione di un ballottaggio diversamente disegnato. Invece, una considerazione della legge elettorale nell'ambito del sistema politico nel suo complesso suggerisce una soluzione diversa.

Il ballottaggio può essere utile a individuare il titolare di una carica monocratica di governo, e in termini più generali in un sistema effettivamente bipolare può consolidare la legittimazione a governare di uno dei contendenti quando un primo turno non abbia prodotto tale effetto. Ma in un sistema multipolare il ballottaggio, soprattutto se volto a determinare la composizione dell'assemblea elettiva, spezza il legame tra assemblea e paese che si traduce nella rappresentanza politica. Un'assemblea composta attraverso un ballottaggio solo casualmente sarà espressione del paese che pure dovrebbe rappresentare.

Un ballottaggio potrà dunque dare l'esito di numeri parlamentari maggioritari, ma non assicurare l'aderenza dell'istituzione parlamento al paese reale che è l'unico vero metro di misura. Anche a voler vedere nel ballottaggio un modo surrettizio di elezione diretta del capo del governo la conclusione non è diversa. La natura multipolare comunque porta al risultato dell'investitura di un governo a vocazione minoritaria, sostenuto da una maggioranza parlamentare non corrispondente agli orientamenti politici di fondo del paese.

È illusorio pensare che i meccanismi elettorali possano di per sé generare assemblee saldamente legittimate, governi stabili e forti, leaders autorevoli. La legislatura in corso, e in generale quelle seguite all'entrata in vigore del Porcellum, lo dimostrano. Un'assemblea elettiva può essere pietra angolare dell'architettura istituzionale se è espressione del paese reale. Diversamente, è solo un luogo di potenziale pericolo politico e istituzionale.

 

5. Capilista bloccati e candidature plurime (quesiti 8 e 9).

Il voto bloccato sui capilista va abbandonato, sebbene la Corte costituzionale assolva la norma nella sentenza 35/2017. Nella precedente 1/2014 aveva dichiarato la incostituzionalità per il voto bloccato su tutti i parlamentari, lasciando la porta aperta su soluzioni diverse. Era dunque semplice per la Corte concludere per la compatibilità costituzionale di un voto bloccato per i soli capilista. Ma si può argomentare che proprio il voto bloccato sul solo capolista è costituzionalmente opinabile. Ci si arriva considerando la legge elettorale nel più ampio contesto in cui si inserisce.

Le liste proporzionali boccate del Mattarellum, o di un sistema ispirato al modello tedesco sono la definizione dell'offerta politica di un partito. Questo è un obiettivo costituzionalmente apprezzabile, che si può far risalire in specie all'art. 49 della Costituzione. L'indicazione del solo capolista a voto bloccato non è utile a tal fine, ed è invece mirata a dare a chi fa le liste – il segretario del partito – la possibilità di portare in parlamento un pacchetto di fedelissimi pretoriani per il controllo ravvicinato dei lavori parlamentari. Questo non è un obiettivo costituzionalmente apprezzabile, e non regge un giudizio di proporzionalità e ragionevolezza nel bilanciamento con il bene contrapposto del voto libero ed eguale. Che può essere oggi pienamente ripristinato con una opportuna scelta legislativa.

Non si può invece vedere un appropriato bilanciamento della compressione operata con il blocco sui capilista nella possibilità di candidature plurime. È ben vero che un capolista candidato in più collegi apre la via a candidati eletti con la preferenza. Ma è decisivo considerare che questo dipende dalla scelta del partito di presentare candidature plurime. Il partito potrebbe anche decidere di non avanzarne affatto. Questo rimetterebbe la tutela del voto libero ed eguale – fondamentale diritto di tutti i cittadini e presidio della democrazia – alle scelte fatte dal partito nel proprio specifico interesse. Una conclusione con ogni evidenza inaccettabile.

Quanto alla sostituzione del meccanismo del sorteggio individuato dalla Corte in via residuale per la scelta del collegio nel caso di candidatura plurima, meccanismi automatici sono certo possibili. Ad esempio, si può far cadere ex lege la scelta sulla percentuale più alta dei voti conseguiti nei vari collegi.

 

6. Controlli e verifiche (quesito 14).

Va guardato con particolare attenzione il voto degli italiani all'estero, che ha da tempo segnalato rilevanti criticità, che investono in particolare la libertà e la segretezza del voto. Si mostra opportuno sostituire al voto per corrispondenza come oggi previsto il voto presso sedi ufficiali – ambasciate, consolati, uffici di rappresentanza di altro tipo – in cui il regime formale delle votazioni garantisca un esercizio corretto del diritto di voto da parte dei titolari effettivi.

 

7. Considerazioni finali.

Va anzitutto sottolineato il pericolo di una inerzia legislativa. L'autoapplicatività certificata dalla Corte costituzionale indica solo che non si ritiene indispensabile un intervento del legislatore per l'operatività del sistema elettorale. Ma questo non esclude che un intervento sia opportuno, o anche necessario a un livello sublegislativo. In ogni caso, non pervenire a una correzione legislativa dell'esistente potrebbe dar luogo a difficoltà considerevoli, per la diversità delle regole applicabili nelle due Camere, e la possibile diversa composizione derivante dalle soglie. Un elemento di impraticabilità potrebbe poi essere specificamente dato dalla dimensione dei collegi in Senato.

L'opportuno intervento legislativo dovrebbe peraltro essere attento alle necessità di sistema prima che agli interessi delle singole forze politiche. Si segnala in specie l'obiettivo di un nuovo radicamento della politica, che sarebbe probabilmente meglio perseguito da un sistema di collegio. È poi rilevante l'obiettivo di un consolidamento delle forme stabilmente organizzate della politica, cui si mostra più funzionale la scelta di impianti di tipo proporzionale, o di sistemi misti con una quota rilevante di proporzionale. Che sarebbero in particolare più efficaci nel tenere conto della natura multipolare del sistema politico.

In ogni caso, va superato il mito della governabilità inseguita attraverso la artificiosa costruzione di numeri parlamentari maggioritari privi di corrispondenza con gli orientamenti politici di fondo del paese. Nessun sistema elettorale può davvero garantire che dalle urne esca un vincitore certo, sostenuto da una solida maggioranza parlamentare. Lo dimostra l'esperienza di paesi a noi vicini e con sistemi elettorali molto diversi, come la Gran Bretagna, la Francia, la Germania, la Spagna.

Invece, soprattutto in tempi di crisi globale e di pericoli fin qui ignoti, come quello del terrorismo di ultima generazione, è necessario ritrovare la strada di assemblee elettive pienamente rappresentative e del più rigoroso rispetto del voto libero ed eguale. Sono queste le chiavi per ricostruire la saldezza delle istituzioni, e la loro capacità di comprendere il paese, esprimerne i bisogni, tradurli in azione legislativa e di governo. Per questo bisogna tornare alla formula antica per cui la legge elettorale serve a tradurre i voti in seggi, e non ad attribuire seggi a prescindere dai voti.

 

Quesiti posti agli esperti

 

1.     Valutazioni in ordine alla definizione di una eventuale diversa soglia per l’accesso al premio (attualmente fissata al 40 per cento dei voti dalla legge n. 52 del 2015) che possa risultare ragionevole, in quanto “in grado di bilanciare i principi costituzionali della necessaria rappresentatività [..] e dell’eguaglianza del voto, da un lato, con gli obiettivi, pure di rilievo costituzionale, della stabilità del governo del Paese e della rapidità del processo decisionale, dall’altro” (sent. n. 35 del 2017).

2.     Valutazioni, anche per quanto attiene a possibili profili di costituzionalità, dell’ipotesi in base alla quale, per l’attribuzione del premio di maggioranza, la lista o la coalizione debba raggiungere il 40 per cento dei voti sia alla Camera che al Senato.

3.     Considerazioni in ordine alla configurazione di un “premio” che attribuisca alla lista più votata un numero determinato di seggi aggiuntivi, con particolare riferimento al caso in cui da tale attribuzione non consegua necessariamente il raggiungimento della maggioranza assoluta dei seggi.

4.     Per quanto concerne il sistema per l’elezione del Senato, questioni relative all’attribuzione dei seggi del premio di maggioranza, al fine del rispetto della previsione costituzionale dell’elezione del Senato medesimo “su base regionale”.

5.     Presupposti e limiti, sulla base dei quali potrebbe essere considerata costituzionalmente legittima la previsione di un turno di ballottaggio, con particolare riguardo al “limite costituito dall’esigenza costituzionale di non comprimere eccessivamente il carattere rappresentativo dell’assemblea elettiva e l’eguaglianza del voto” (sent. n. 35 del 2017), nonché con riferimento alla compatibilità dell’istituto del ballottaggio con un sistema bicamerale paritario.

6.     Analisi del fenomeno dello “slittamento” dei seggi tra circoscrizioni alla luce dell’articolo 56, quarto comma, della Costituzione e individuazione delle cautele necessarie e sufficienti per evitare la traslazione dei seggi.

7.     Considerazioni – alla luce dell’esigenza di garantire l’equilibrio tra il principio di governabilità e quello di rappresentanza – in ordine alla definizione di “ragionevoli soglie di sbarramento”, anche con riferimento alla previsione di soglie sensibilmente differenti a seconda che la lista sia coalizzata o che si presenti da sola.

8.     Considerazioni dei limiti che devono essere rispettati sotto il profilo della configurabilità di candidature bloccate.

9.     Approfondimento relativo al tema delle “pluricandidature” e ai criteri più opportuni per superare il sorteggio.

10.                       Approfondimento relativo al tema della tutela della rappresentanza di genere nel complesso delle candidature.

11.                       Valutazioni in ordine alla compatibilità di un sistema per collegi uninominali maggioritari con la giurisprudenza della Corte costituzionale.

12.                       Valutazioni in ordine alla compatibilità con la giurisprudenza della Corte costituzionale di un sistema per collegi uninominali maggioritari corretto da una quota di seggi destinata a premio di maggioranza o governabilità.

13.                       Approfondimento relativo alla legittimità del sistema elettorale del Trentino Alto Adige e ad eventuali meccanismi alternativi per la tutela delle minoranze linguistiche.

14.                       Approfondimento in relazione a possibili soluzioni per migliorare i controlli sulla regolarità delle operazioni di voto e di scrutinio.


 

 

 

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