testo volantino
Memoria per l'audizione sulla legge elettorale
Alfiero Grandi lascia la presidenza dell'ARS Nazionale
La discussione in Assemblea della Legge elettorale è stata inserita in calendario per il 27 marzo prossimo, anche se ciò non esclude che vi possano essere rinvii.
Fino ad ora da ciò che si evince dall'insieme delle proposte di Legge presentate appare evidente che la volontà emersa dal voto del 4 dicembre non viene tenuta in alcun conto.
Per questo dobbiamo rilanciare la nostra iniziativa di raccolta delle firme sulla Petizione per la Legge elettorale e moltiplicare le iniziative in cui far valere le nostre proposte e chiedere conto ai Parlamentari di ciascun territorio delle loro scelte.
Colgo l'occasione per allegare il testo della audizione di Massimo Villone, sulla legge elettorale, alla Camera dei deputati, I Commissione, del 2 marzo scorso e un comunicato di Alfiero Grandi.
Colgo l'occasione per allegare il testo della audizione di Massimo Villone, sulla legge elettorale, alla Camera dei deputati, I Commissione, del 2 marzo scorso e un comunicato di Alfiero Grandi.
Massimo Villone
Memoria per l'audizione sulla legge elettorale
Camera dei deputati, I Commissione, 2 marzo 2017
Sommario: I.
Premessa - 2. Scelte conseguenti alla sentenza Corte cost. 35/2017 (quesiti 1,
3, 11, 12) - 3. Omologazione dei sistemi elettorali di Camera e Senato (quesiti
2, 4, 7) - 4. Ballottaggio (quesito 5) - 5. Capilista bloccati e candidature
plurime (quesiti 8 e 9) - 6. Controlli e verifiche (quesito 14) - 7.
Considerazioni finali.
1. Premessa.
Sono opportune due considerazioni
preliminari e di metodo.
La prima. È opinione prevalente
che la Costituzione non imponga al legislatore una specifica scelta in tema di
sistemi elettorali, in specie tra maggioritario e proporzionale. Ma è
indiscutibile che il diritto di voto libero e uguale sia la pietra angolare di
ogni sistema democratico, e che la conseguente rappresentatività delle
assemblee elettive sia elemento essenziale dell'architettura costituzionale.
Entrambi i punti sono saldamente acquisiti anche nella giurisprudenza costituzionale,
in specie nelle sentenze 1/2014 e 35/2017.
La seconda. La legge elettorale va
guardata in stretta connessione con il sistema politico in cui si inserisce, e
non solo perché concorre decisivamente a determinarne il funzionamento. La
connessione orienta nella valutazione dell'opportunità delle scelte, ma anche nella
applicazione sotto il profilo tecnico giuridico di principi come quelli di ragionevolezza
e proporzionalità.
2. Scelte conseguenti alla sentenza
Corte cost. 35/2017 (quesiti 1, 3, 11, 12).
Un impianto proporzionale della
legge elettorale è per definizione coerente con i principi di rappresentatività
e voto eguale di cui al punto precedente. Lo stesso non può invece dirsi per il
modello maggioritario, la cui compatibilità va verificata in ragione del come e
del quanto esso si discosta nell'esito dagli stessi principi, e in ragione
della tutela di quali altri valori di rilievo costituzionale. La Corte
costituzionale ha individuato la governabilità, intesa essenzialmente come
raggiungimento di una maggioranza numerica in parlamento, come bene
costituzionalmente protetto idoneo per il bilanciamento.
Nella nostra esperienza
costituzionale abbiamo avuto due modelli di maggioritario: dal 1993 al 2005,
l'uninominale di collegio del Mattarellum, e dal 2005 il premio di maggioranza
del Porcellum. A mio avviso, nessuna ipotesi di premio di maggioranza è
compiutamente compatibile con la Costituzione vigente, e l'unico modello che
può ritenersi compatibile è il maggioritario uninominale di collegio.
La differenza fondamentale tra i due
modelli è che è che un maggioritario di collegio offre un intrinseco incentivo alla
governabilità senza manipolazione legislativa del risultato che viene dalle
urne, perché l'esito in termini di assegnazione di seggi riflette esattamente
il consenso espresso dagli elettori. La rappresentanza nell'assemblea è
determinata dal voto, e null'altro. Invece, un premio di maggioranza opera una
manipolazione legislativa dell'esito, assegnando a uno dei contendenti una
quota aggiuntiva di seggi, e parallelamente sottraendola agli altri. È in
questa prospettiva che si deve valutare il rispetto della rappresentatività
dell'assemblea elettiva e del voto eguale.
Sulla rappresentatività. È ben
vero che anche con un maggioritario di collegio la disproporzionalità tra voti
conseguiti e seggi assegnati può essere molto alta, consegnando una maggioranza
di seggi a un partito magari ampiamente minoritario nei voti. È accaduto e
accade, com'è noto, in Gran Bretagna. Ma è un esito solo possibile, non
automatico né certo, come proprio l'esperienza britannica dimostra nella
precedente legislatura, che ha visto il formarsi di un governo di coalizione.
La probabilità che si verifichi può essere ridotta con l'introduzione di una
quota proporzionale. Soprattutto – come si è detto - è un esito che viene dal
voto così come è stato espresso, in assenza di qualsiasi manipolazione legislativa.
Sul secondo punto. In un
maggioritario di collegio l'assenza di manipolazione legislativa consente di
ritenere meglio rispettato il principio del voto eguale. Ogni voto pesa
sull'esito esattamente quanto qualunque altro nel momento in cui viene espresso
e successivamente. Al contrario, il premio di maggioranza ridetermina ex lege il
peso del voto dopo che è stato espresso, come è dimostrato dalla previsione
nella legge di due quozienti elettorali diversi, uno di maggioranza per il
partito vincente e uno di minoranza per tutti gli altri. La diseguaglianza nel
voto è sancita nella norma.
Si può dunque solo parzialmente condividere
la sentenza della Corte 1/2014, che dichiara la incostituzionalità del premio nel
Porcellum solo in ragione della mancanza di una soglia. Né si può condividere
la sentenza 35/2017, che riprendendo la precedente pronuncia assolve dalla
censura di incostituzionalità l'Italicum perché è stata introdotta una soglia
del 40%. I principi di proporzionalità e ragionevolezza – pur dalla Corte
richiamati – avrebbero consentito una lettura diversa.
A mio avviso, l'errata e riduttiva
lettura della Corte viene dal non aver considerato la legge elettorale nel
sistema politico complessivamente inteso. Ciò che è ragionevole e proporzionata
incidenza sulla rappresentatività di un'assemblea o sul voto eguale in un
contesto determinato può non esserlo in altri. Ad esempio, in un sistema
politico effettivamente bipolare la previsione di premio di maggioranza con soglia
può essere una scelta che non conduce necessariamente a una eccessiva
disproporzionalità e a una troppo forte distorsione del voto eguale. Ma in un
sistema multipolare è sostanzialmente inevitabile che tali effetti si producano,
garantendo la maggioranza a soggetti ampiamenti minoritari, e capovolgendo nei
numeri parlamentari la volontà popolare espressa nelle urne. Questo potrebbe e
dovrebbe indurre a una diversa applicazione dei principi di proporzionalità e
ragionevolezza. In un sistema multipolare un sistema di soglia e premio
potrebbe bene ricadere nella categoria della manifesta irragionevolezza.
Ancor più tale conclusione è vera
per il cd "premietto", che si traduce nell'assegnazione di una quota
aggiuntiva di seggi al partito che prevale nel voto popolare, ma senza
raggiungere la soglia per l'attribuzione del premio di maggioranza. Dal momento
che l'unico argomento per la compatibilità costituzionale del premio è nella
governabilità intesa come raggiungimento della maggioranza numerica
nell'assemblea elettiva, è evidente che il "premietto" è per
definizione inidoneo a realizzare tale obiettivo. Rimane dunque una distorsione
della rappresentatività e una lesione del voto eguale sine ratione, come tale manifestamente irragionevole.
Ugualmente inaccettabile sarebbe
l'innesto di un premio di maggioranza su un impianto già maggioritario (ad
esempio, Mattarellum con quota già proporzionale trasformata in premio di
maggioranza). Le considerazioni negative già svolte sul premio sarebbero
ulteriormente appesantite dalla inevitabile maggiore distorsione della
rappresentatività dell'assemblea e del voto eguale.
Conclusivamente ritengo che in un
sistema multipolare - come oggi abbiamo e per qualche tempo molto probabilmente
avremo – il modello del premio di maggioranza con soglia con andrebbe
abbandonato. Considerando poi che in un sistema multipolare anche il
maggioritario di collegio può avere effetti gravemente distorsivi della
rappresentanza, si può ritenere opportuno passare a un impianto proporzionale,
oppure a sistemi misti, ma con quote elevate di proporzionale. Se invece si volesse
mantenere il premio con soglia, allora la considerazione essenziale è che alzare
la soglia avvicina il sistema alla compatibilità con la Costituzione, e
viceversa.
È appena il caso di notare che non
sussiste ostacolo nelle pronunce della Corte costituzionale all'abbandono del
premio con soglia. Al legislatore è solo precluso il ripristino della norma
dichiarata costituzionalmente legittima. È invece consentito effettuare scelte
diverse, che non si pongano in contraddizione con le pronunce della Corte.
Quindi, è possibile oggi passare a un modello di collegio uninominale, proporzionale
o maggioritario, o misto.
3. Omologazione dei sistemi
elettorali di Camera e Senato (quesiti 2, 4, 7).
In un sistema bicamerale non è
mai possibile garantire con certezza la stessa maggioranza tra le due camere.
Una diversità possibile è anzi da ritenere geneticamente propria della scelta
bicamerale, come storicamente risulta dai dibattiti in Assemblea costituente,
dalla iniziale diversa durata della legislatura, dal diverso elettorato attivo
e passivo, dalla previsione di scioglimento anche di una sola Camera.
Ne segue che sarebbero
incostituzionali sistemi elettorali volti a garantire forzosamente la
omogeneità delle maggioranze, ad esempio con l'attribuzione in una camera di un
premio al partito o alla coalizione vincente nell'altra. Questo comporterebbe
l'assegnazione di un premio di maggioranza prescindendo del tutto dal risultato
elettorale emerso dal voto, ed anzi in diretta contraddizione con gli esiti del
voto nella camera così forzosamente omologata. È evidente una ancor più grave
compressione dei principi di rappresentatività e di voto eguale.
Se non è costituzionalmente
consentito imporre con la manipolazione legislativa maggioranze identiche nelle
due camere, è invece possibile evitare che aumenti la probabilità di
maggioranze diverse. Tale ipotesi si verifica di certo con la previsione di un
proporzionale di lista e preferenza da un lato (Consultellum Senato) e di un
maggioritario con premio (Consultellum Camera). Una siffatta radicale diversità
di impianto potrebbe certo favorire l'esito di maggioranze differenziate, e
dunque – in un bicameralismo paritario – porre ostacoli sulla via della
governabilità. Per questo, una sostanziale omologazione dei sistemi elettorali
tra le due camere si mostra opportuna. Si può conseguire adeguando la legge
elettorale Senato al modello Camera, o al contrario assimilando la Camera al
modello senato. per le considerazioni prima svolte, considero preferibile
quest'ultima ipotesi. E ricordo ancora che per entrambe le camere sarebbe
possibile abbandonare l'impianto di lista e preferenza per un modello di
collegio.
Voglio però richiamare l'attenzione su un
punto non sufficientemente considerato: i collegi in Senato. Senza un
intervento legislativo di ridefinizione andremmo a campagne elettorali di lista
e preferenza unica in collegi di grandi dimensioni, tali da comprendere anche
milioni di elettori. Nessun soggetto politico sarebbe oggi in grado di gestire una
siffatta condizione di campagna elettorale. Ne risulterebbe con ogni
probabilità un aumento esponenziale dei costi, un forte incentivo al traffico
di influenze, una via maestra a forme vecchie e nuove di scambio e di
corruzione. Come ne verrebbe una spinta alla ulteriore implosione dei soggetti
politici e al dissolvimento di qualsiasi solidarietà territoriale. È imperativo
che si intervenga sulla dimensione dei collegi del senato, perché è un elemento
che da solo ha un grandissimo impatto potenziale sul sistema politico-istituzionale,
a prescindere dalle maggioranze.
Va anche sottolineata
l'importanza di omologare le soglie per l'assegnazione di seggi, fissate al 3%
alla Camera e rimaste al 3%, 8% e 20% al Senato. è del tutto evidente che, allo
stato, ne verrebbe con ogni probabilità una diversa composizione delle due assemblee.
Alcune forze politiche potrebbero essere presenti in una sola delle camere.
Soprattutto in una prospettiva di coalizione questo potrebbe essere elemento a
detrimento della governabilità. Lasciare soglie differenziate potrebbe condurre
a una compressione della rappresentanza e del voto eguale sine ratione.
Aprire il tema della omologazione
delle soglie pone peraltro un quesito su quale sia uno sbarramento
"ragionevole". È chiaro che una ragionevolezza misurabile in termini
oggettivi non esiste, e che il ragionamento deve prendere ad oggetto la legge
elettorale nell'ambito del sistema politico nel suo complesso. A mio avviso, in
un sistema proporzionale la soglia di sbarramento può avere il senso di aiuto
(indiretto) alla governabilità creando un contesto più favorevole al formarsi
di maggioranze in parlamento. In questo troviamo una giustificazione in termini
di proporzionalità e la ragionevolezza rispetto alla compressione recata alla rappresentatività
dell'assemblea e al voto eguale. Invece, in un impianto maggioritario che
incentiva la governabilità aliunde le
soglie si giustificano poco o nulla. Non è un caso, ad esempio, che nel
parlamento britannico siedano deputati eletti con poche migliaia di voti. Nel
giudizio di proporzionalità è intrinseca una preliminare valutazione di
necessità. Se la compressione di un diritto non è necessaria per la tutela in
via di bilanciamento di un bene costituzionalmente protetto, non si giunge a
misurare la proporzionalità della compressione.
Se dunque dovesse rimanere
l'impianto maggioritario, la presenza di sbarramenti non avrebbe una solida
giustificazione. E lo vede anche la Corte costituzionale, che in realtà non
dice che lo sbarramento contribuisca alla governabilità direttamente, ma
piuttosto indirettamente, attraverso la semplificazione e riduzione della
frammentazione partitica. Senza però considerare che in questa prospettiva
entra in gioco anche l'art. 49 della Costituzione, sul diritto dei cittadini di
associarsi in partiti e concorrere a determinare con metodo democratico la
politica nazionale. Principio che comprende certamente anche il diritto di
accedere all'assemblea elettiva. Dunque il giudizio di ragionevolezza e proporzionalità
andrebbe posto in termini diversi. Conclusivamente, ritengo che una soglia del
3% in Senato allineata a quella della Camera sarebbe l'opzione da preferire.
Non è invece un problema la
"base regionale" richiamata dall'art. 57 Cost. per l'elezione del
Senato. Il punto è stato già ampiamente discusso in passato. Concordo con
l'opinione che la "base regionale" non preclude in termini assoluti meccanismi
operanti su base nazionale, come il recupero di resti nel caso di modello
proporzionale, o l'assegnazione di seggi su base nazionale nel caso di
maggioritario con premio. È ovvio che introdurre meccanismi compensativi su
base nazionale aumenterebbe la probabilità di maggioranze omogenee nelle due
camere. Dunque, sarebbe elemento di supporto alla governabilità. E se riteniamo
che persino l'eguaglianza del voto e la rappresentatività delle assemblee siano
bilanciabili con la governabilità, è davvero paradossale che non si ritenga
bilanciabile in chiave di governabilità il connotato della base regionale per il
Senato.
4. Ballottaggio (quesito 5).
Nella sentenza 35/2017 la Corte
censura il ballottaggio non in principio, ma nella definizione data dalla legge,
ed in specie per la continuità del secondo turno rispetto al primo. Rimane
astrattamente possibile la reintroduzione di un ballottaggio diversamente
disegnato. Invece, una considerazione della legge elettorale nell'ambito del
sistema politico nel suo complesso suggerisce una soluzione diversa.
Il ballottaggio può essere utile
a individuare il titolare di una carica monocratica di governo, e in termini più
generali in un sistema effettivamente bipolare può consolidare la
legittimazione a governare di uno dei contendenti quando un primo turno non
abbia prodotto tale effetto. Ma in un sistema multipolare il ballottaggio,
soprattutto se volto a determinare la composizione dell'assemblea elettiva, spezza
il legame tra assemblea e paese che si traduce nella rappresentanza politica.
Un'assemblea composta attraverso un ballottaggio solo casualmente sarà
espressione del paese che pure dovrebbe rappresentare.
Un ballottaggio potrà dunque dare
l'esito di numeri parlamentari maggioritari, ma non assicurare l'aderenza
dell'istituzione parlamento al paese reale che è l'unico vero metro di misura.
Anche a voler vedere nel ballottaggio un modo surrettizio di elezione diretta
del capo del governo la conclusione non è diversa. La natura multipolare
comunque porta al risultato dell'investitura di un governo a vocazione
minoritaria, sostenuto da una maggioranza parlamentare non corrispondente agli
orientamenti politici di fondo del paese.
È illusorio pensare che i
meccanismi elettorali possano di per sé generare assemblee saldamente
legittimate, governi stabili e forti, leaders autorevoli. La legislatura in
corso, e in generale quelle seguite all'entrata in vigore del Porcellum, lo
dimostrano. Un'assemblea elettiva può essere pietra angolare dell'architettura
istituzionale se è espressione del paese reale. Diversamente, è solo un luogo
di potenziale pericolo politico e istituzionale.
5. Capilista bloccati e candidature
plurime (quesiti 8 e 9).
Il voto bloccato sui capilista va
abbandonato, sebbene la Corte costituzionale assolva la norma nella sentenza
35/2017. Nella precedente 1/2014 aveva dichiarato la incostituzionalità per il
voto bloccato su tutti i parlamentari, lasciando la porta aperta su soluzioni
diverse. Era dunque semplice per la Corte concludere per la compatibilità
costituzionale di un voto bloccato per i soli capilista. Ma si può argomentare
che proprio il voto bloccato sul solo capolista è costituzionalmente opinabile.
Ci si arriva considerando la legge elettorale nel più ampio contesto in cui si
inserisce.
Le liste proporzionali boccate
del Mattarellum, o di un sistema ispirato al modello tedesco sono la definizione
dell'offerta politica di un partito. Questo è un obiettivo costituzionalmente
apprezzabile, che si può far risalire in specie all'art. 49 della Costituzione.
L'indicazione del solo capolista a voto bloccato non è utile a tal fine, ed è
invece mirata a dare a chi fa le liste – il segretario del partito – la
possibilità di portare in parlamento un pacchetto di fedelissimi pretoriani per
il controllo ravvicinato dei lavori parlamentari. Questo non è un obiettivo
costituzionalmente apprezzabile, e non regge un giudizio di proporzionalità e
ragionevolezza nel bilanciamento con il bene contrapposto del voto libero ed
eguale. Che può essere oggi pienamente ripristinato con una opportuna scelta
legislativa.
Non si può invece vedere un
appropriato bilanciamento della compressione operata con il blocco sui
capilista nella possibilità di candidature plurime. È ben vero che un capolista
candidato in più collegi apre la via a candidati eletti con la preferenza. Ma è
decisivo considerare che questo dipende dalla scelta del partito di presentare candidature
plurime. Il partito potrebbe anche decidere di non avanzarne affatto. Questo
rimetterebbe la tutela del voto libero ed eguale – fondamentale diritto di
tutti i cittadini e presidio della democrazia – alle scelte fatte dal partito
nel proprio specifico interesse. Una conclusione con ogni evidenza
inaccettabile.
Quanto alla sostituzione del
meccanismo del sorteggio individuato dalla Corte in via residuale per la scelta
del collegio nel caso di candidatura plurima, meccanismi automatici sono certo
possibili. Ad esempio, si può far cadere ex lege la scelta sulla percentuale
più alta dei voti conseguiti nei vari collegi.
6. Controlli e verifiche
(quesito 14).
Va guardato con particolare
attenzione il voto degli italiani all'estero, che ha da tempo segnalato
rilevanti criticità, che investono in particolare la libertà e la segretezza
del voto. Si mostra opportuno sostituire al voto per corrispondenza come oggi
previsto il voto presso sedi ufficiali – ambasciate, consolati, uffici di
rappresentanza di altro tipo – in cui il regime formale delle votazioni
garantisca un esercizio corretto del diritto di voto da parte dei titolari
effettivi.
7. Considerazioni finali.
Va anzitutto sottolineato il
pericolo di una inerzia legislativa. L'autoapplicatività certificata dalla
Corte costituzionale indica solo che non si ritiene indispensabile un
intervento del legislatore per l'operatività del sistema elettorale. Ma questo
non esclude che un intervento sia opportuno, o anche necessario a un livello
sublegislativo. In ogni caso, non pervenire a una correzione legislativa
dell'esistente potrebbe dar luogo a difficoltà considerevoli, per la diversità
delle regole applicabili nelle due Camere, e la possibile diversa composizione
derivante dalle soglie. Un elemento di impraticabilità potrebbe poi essere
specificamente dato dalla dimensione dei collegi in Senato.
L'opportuno intervento
legislativo dovrebbe peraltro essere attento alle necessità di sistema prima
che agli interessi delle singole forze politiche. Si segnala in specie
l'obiettivo di un nuovo radicamento della politica, che sarebbe probabilmente
meglio perseguito da un sistema di collegio. È poi rilevante l'obiettivo di un
consolidamento delle forme stabilmente organizzate della politica, cui si
mostra più funzionale la scelta di impianti di tipo proporzionale, o di sistemi
misti con una quota rilevante di proporzionale. Che sarebbero in particolare
più efficaci nel tenere conto della natura multipolare del sistema politico.
In ogni caso, va superato il mito
della governabilità inseguita attraverso la artificiosa costruzione di numeri
parlamentari maggioritari privi di corrispondenza con gli orientamenti politici
di fondo del paese. Nessun sistema elettorale può davvero garantire che dalle
urne esca un vincitore certo, sostenuto da una solida maggioranza parlamentare.
Lo dimostra l'esperienza di paesi a noi vicini e con sistemi elettorali molto
diversi, come la Gran Bretagna, la Francia, la Germania, la Spagna.
Invece, soprattutto in tempi di
crisi globale e di pericoli fin qui ignoti, come quello del terrorismo di
ultima generazione, è necessario ritrovare la strada di assemblee elettive
pienamente rappresentative e del più rigoroso rispetto del voto libero ed
eguale. Sono queste le chiavi per ricostruire la saldezza delle istituzioni, e
la loro capacità di comprendere il paese, esprimerne i bisogni, tradurli in
azione legislativa e di governo. Per questo bisogna tornare alla formula antica
per cui la legge elettorale serve a tradurre i voti in seggi, e non ad
attribuire seggi a prescindere dai voti.
Quesiti
posti agli esperti
1. Valutazioni
in ordine alla definizione di una eventuale diversa soglia per l’accesso al
premio (attualmente fissata al 40 per cento dei voti dalla legge n. 52 del
2015) che possa risultare ragionevole, in quanto “in grado di bilanciare i
principi costituzionali della necessaria rappresentatività [..] e
dell’eguaglianza del voto, da un lato, con gli obiettivi, pure di rilievo
costituzionale, della stabilità del governo del Paese e della rapidità del
processo decisionale, dall’altro” (sent. n. 35 del 2017).
2. Valutazioni,
anche per quanto attiene a possibili profili di costituzionalità, dell’ipotesi
in base alla quale, per l’attribuzione del premio di maggioranza, la lista o la
coalizione debba raggiungere il 40 per cento dei voti sia alla Camera che al
Senato.
3. Considerazioni
in ordine alla configurazione di un “premio” che attribuisca alla lista più
votata un numero determinato di seggi aggiuntivi, con particolare riferimento
al caso in cui da tale attribuzione non consegua necessariamente il
raggiungimento della maggioranza assoluta dei seggi.
4. Per
quanto concerne il sistema per l’elezione del Senato, questioni relative
all’attribuzione dei seggi del premio di maggioranza, al fine del rispetto
della previsione costituzionale dell’elezione del Senato medesimo “su base
regionale”.
5. Presupposti
e limiti, sulla base dei quali potrebbe essere considerata costituzionalmente legittima
la previsione di un turno di ballottaggio, con particolare riguardo al “limite
costituito dall’esigenza costituzionale di non comprimere eccessivamente il
carattere rappresentativo dell’assemblea elettiva e l’eguaglianza del voto”
(sent. n. 35 del 2017), nonché con riferimento alla compatibilità dell’istituto
del ballottaggio con un sistema bicamerale paritario.
6. Analisi
del fenomeno dello “slittamento” dei seggi tra circoscrizioni alla luce
dell’articolo 56, quarto comma, della Costituzione e individuazione delle
cautele necessarie e sufficienti per evitare la traslazione dei seggi.
7. Considerazioni
– alla luce dell’esigenza di garantire l’equilibrio tra il principio di
governabilità e quello di rappresentanza – in ordine alla definizione di
“ragionevoli soglie di sbarramento”, anche con riferimento alla previsione di
soglie sensibilmente differenti a seconda che la lista sia coalizzata o che si
presenti da sola.
8. Considerazioni
dei limiti che devono essere rispettati sotto il profilo della configurabilità
di candidature bloccate.
9. Approfondimento
relativo al tema delle “pluricandidature” e ai criteri più opportuni per
superare il sorteggio.
10.
Approfondimento relativo al tema della tutela
della rappresentanza di genere nel complesso delle candidature.
11.
Valutazioni in ordine alla compatibilità di un
sistema per collegi uninominali maggioritari con la giurisprudenza della Corte
costituzionale.
12.
Valutazioni in ordine alla compatibilità con la
giurisprudenza della Corte costituzionale di un sistema per collegi uninominali
maggioritari corretto da una quota di seggi destinata a premio di maggioranza o
governabilità.
13.
Approfondimento relativo alla legittimità del
sistema elettorale del Trentino Alto Adige e ad eventuali meccanismi
alternativi per la tutela delle minoranze linguistiche.
14.
Approfondimento in relazione a possibili
soluzioni per migliorare i controlli sulla regolarità delle operazioni di voto
e di scrutinio.
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