9 giugno 2017

Dossier: OPZIONE DONNA


LUCIA RISPOLI
“LA COMUNICAZIONE POLITICA INDICA UNA PRATICA COMUNICATIVA CHE PONE IN RELAZIONE TRE DIVERSI SOGGETTI: IL SISTEMA POLITICO, I MASS MEDIA E I CITTADINI” ”(cit. Wikipedia).
Intervengo con questo post perchè credo che sia ormai ora di finirla con i dictat del tipo "E ADESSO BASTA" lanciati nei confronti di donne che lottano per la proroga di Opzione Donna, mentre si mantiere un totale silenzio nei confronti di chi ritiene che la battaglia per Opzione Donna sia oramai inutile.
Bisogna che impariamo ad utilizzare meglio le parole se vogliamo che tutti comprendano il senso che vogliamo dare alle nostre frasi.
Se si pubblica un post che recita " [....] inviare messaggi al Presidente della Commissione Lavoro e agli altri Componenti, finiremmo per essere considerate assillanti e comunque non riceveremmo risposte al riguardo. Pertanto, noi stiamo tenendo contatti personali con la Commissione Lavoro Camera e Senato senza essere invadenti perché ormai ci conoscono tutti. Tutti sanno benissimo quali sono le nostre richieste e i nostri obiettivi, conoscono addirittura il numero delle nostre iscritte.", il significato deducibile è solo quello letterale (senza alcuna interpretazione) , ovvero un invito alle proprie iscritte ad ASTENERSI DALL'INVIARE MESSAGGI AL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE ED AGLI ALTRI COMPONENTI ALTRIMENTI FINIREMO PER ESSERE CONSIDERATE "ASSILLANTI" E COMUNQUE NON RICEVEREMO RISPOSTE AL RIGUARDO.
La spiegazione fornita con un post successivo non aiuta: “Riteniamo che il post, come sempre, sia stato letteralmente snaturato e distorto dal messaggio che doveva passare, cioè quello di non fare invii di massa perché vengono cestinati come spam, mentre i messaggi inviati su messanger vengono letti ma senza alcuna risposta , pertanto questa non è la strategia corretta”.
La spiegazione non è infatti corretta, in quanto il Parlamento ha messo a disposizione del terzo soggetto della “comunicazione politica” (le cittadine ed i cittadini) lo strumento della posta elettronica, fornendo gli INDIRIZZI PERSONALI, ove i Parlamentari (tutti) ricevono la corrispondenza di qualsiasi cittadino: http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/Attsen/Sena.html ehttp://www.camera.it/leg17/28
Mi auguro che il sistema infomatico della Camera e Senato non sia predisposto a "cestinare come spam" le email inviate dalle cittadine e dai cittadini; mi auguro che i Presidenti di Camera e Senato non consentano ai Deputati e Senatori di “cestinare come spam” le comunicazioni effettuate dalle cittadine e cittadini italiani e mi auguro anche che il Presidente della Commissione Lavoro e gli altri componenti ( non so se della Camera dei Deputati o del Senato della Repubblica) non abbiano informato di questo le amministratrici di altri gruppi presenti su facebook con “attività direttamente o indirettamente inerenti le pensioni delle donne” ed, infine, mi auguro che “il cestinare come spam” NON sia stato accettato, neanche solo da una donna, cittadina italiana!
 Concludo confermando, invece, che l’esperienza di questo Movimento dimostra che i politici rispondono alle email, come rispondono ai messaggi Messanger su facebook, laddove sia disponibile questo strumento, ovvero risultano reattivi allo strumento Twitt!
 Certamente non tutti i politici rispondono, ma molti rispondono e credo che l’avvicinarsi delle elezioni renderà molto reattivi nelle risposte anche quelli, allo stato, ancora silenti.
Se così non fosse non saremmo qui!
Riporto infine gli hastag del MOVIMENTO OPZIONE DONNA :#movimentopzionedonna #dalledonneperledonne #noinonmolliamo
 

 

 


 



LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, AI MINISTRI ED AI PARLAMENTARI DI QUESTO GOVERNO.
Egregi Ministri e Parlamentari di questo Governo, egregio Presidente del Consiglio dei Ministri,
ci siamo appellate a voi più volte per la Proroga e per la prosecuzione di Opzione Donna e per questo vi abbiamo fornito quelle che riteniamo giuste e circostanziate motivazioni. Vi abbiamo pregato di porre la necessaria attenzione ad “Opzione Donna”, ma non ci è giunto finora alcun cenno di riscontro da parte vostra.
Vi regolate come se non esistessimo e continuate a perseguire in forma unilaterale il vostro disegno di “portare a conclusione”, e cioè, di far morire, il regime “Opzione Donna” nonostante esso risponda ad un reale BISOGNO per migliaia e migliaia di Donne, e comporti indiscutibili ed elevatissimi vantaggi economici e sociali che vengono sistematicamente taciuti. In questo comportamento noi ravvisiamo aspetti di arbitrarietà (dal momento che la verifica d’impatto della Legge Maroni non è stata propriamente effettuata) e di incomprensibile crudeltà nei confronti di donne e lavoratrici non dissimili da quelle che la Legge 243 ha, nel momento in cui scriviamo, individuato e soddisfatto.
Consideriamo opportuno mettervi a conoscenza delle riflessioni e delle reazioni che i vostri comportamenti e la vostra indifferenza suscitano nelle migliaia di donne che noi rappresentiamo, le quali continuano a far parte di quel mondo femminile obbligato a subire le decisioni di una classe politica indisponibile ad accogliere e discutere le istanze espresse dal basso .
All’indomani della nomina a Presidente del Consiglio dei Ministri, l’Onorevole Paolo Gentiloni auspicava moderazione dei toni nel dibattito parlamentare, ricordando che il Parlamento non è un Social Network; raramente, all’interno delle discussioni che noi promuoviamo, si ravvisano punte di violenza verbale e/o sfoghi irrazionali; e speriamo che di questo atteggiamento, Gentili Onorevoli, sia espressione anche il “pezzo” critico, che qui ci permettiamo di portare alla Vs. attenzione. Esso rappresenta il pensiero di TUTTE NOI, e ha pertanto una Autorialità condivisa; è stato redatto in occasione della “non risposta” del ministro Poletti alle interrogazioni parlamentari dello scorso 4 maggio sulla Proroga di Opzione Donna.
La vergogna è un sentimento "intransitivo", un po' come il coraggio (diceva Don Abbondio che "il coraggio, uno, non se lo può dare"). Però, sempre più spesso, e soprattutto dopo la risposta del Ministro del Lavoro alle Interrogazioni Parlamentari circa la Proroga di Opzione Donna (4 maggio), leggiamo e scriviamo -sulle nostre bacheche: VERGOGNA! La vergogna esiste in relazione a qualche cosa, e assume, per ciascuno, un rilievo diverso: dall'imbarazzo passeggero -addirittura riconoscibile negli animali di cui ci circondiamo- fino al suicidio (esempi della Storia, della cronaca, del vissuto di ognuno etc).
Quando invitiamo alla vergogna, chiamiamo in causa delle cose impalpabili, eppure importantissime: l'onore (parola senz'altro fuori moda), la coscienza (per chi ce l'ha), la professionalità (lavorare per gli altri), la competenza in una mansione, insomma un groviglio piuttosto complesso che ha a che fare con una relazione e una capacità . Definiamo “vergognosi” il più delle volte quelli che riteniamo comportamenti inappropriati, in grado di scardinare le nostre attese, e/o di opporsi a quelli che riteniamo parametri universali (o, almeno, largamente condivisi). Nella risposta del Ministro del Lavoro alle interrogazioni Parlamentari su OD, sono venute meno alcune delle caratteristiche indicate qui, soprattutto là dove l'argomento della cristallizzazione del diritto "si schiaccia" sulla cristallizzazione del fondo (i risparmi di Od); se un "eventuale risparmio", come si legge nella risposta del Ministro, "dovrebbe poter essere certificato solo quando si sarà consumato il diritto all'esercizio dell'opzione da parte di tutti i soggetti interessati", perchè mai (per chi , e per cosa) è stato istituito il Contatore -ai sensi art 1 comma 281 Lds 2015 -che monitora gli accessi su base periodica, e ne dà conto al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali il quale a settembre di ogni anno trasmette una relazione alle Camere proprio sull'andamento della sperimentazione? Perchè questa fotografia deve essere scattata diciamo così "SOLO AL LIMITE"? E', questo, ottemperare a quanto sancito dalla Legge di Bilancio? E poi: "eventuale risparmio" e "dovrebbe poter essere certificato" : sono forme di condizionale iperboliche e assolute, non traducibili nella realtà! Alcune delle interrogazioni erano corredate da tabelle e numeri nient’affatto ipotetici, ma perfettamente traducibili nella realtà : forse qualcosa è sfuggito al Ministro del Lavoro?
Il Ministro del Lavoro asserisce che solo un intervento normativo -per il quale è necessario reperire l'opportuna copertura finanziaria- potrebbe costituire la base per estendere il beneficio di Opzione Donna. Ricordiamo qui che Opzione Donna produce risparmi per le casse statali; che la pensione è calcolata con il metodo contributivo (fino al 30 per cento in meno rispetto a un assegno pieno); che l'accesso è regolato secondo il meccanismo di attesa previsto dalle" finestre"; che una misura previdenziale specifica per le donne è necessaria, e non ha nulla a che fare con l'entomologia; che tutte le donne, a parità di requisiti, sono uguali; che è vergognoso (vergognoso) pensare di stilare classifiche e creare discriminazioni sulla base di parametri arbitrari e vaghissimi (per la serie: più dividi, meno resta).
Ricordiamo che Opzione Donna è sopravvissuta alla riforma Fornero (legge vergognosa, tuttora in vigore: VERGOGNA!) e viene affossata dal Governo Renzi/Gentiloni; che Opzione Donna interessa migliaia e migliaia di donne; che le etichette coprono e non rimuovono il problema (“Settima salvaguardia, ottava salvaguardia. etc”: nella realtà: PERSONE VIVE E VERE). Ricordiamo che la Politica dovrebbe guardare all'oggi e anche al domani; che è pericoloso creare nuove fratture sociali su un terreno già segnato dalla disperazione, dalla povertà, dalla sfiducia, dalla mancanza di opportunità; che non servono doti di preveggenza speciali per intravedere un futuro (vicino) sempre più violento e imbarbarito, sempre meno capace di provare sentimenti condivisi.
LE ISCRITTE TUTTE DEL MOVIMENTO OPZIONE DONNA
DALLE DONNE PER LE DONNE. PROROGA OPZIONE DONNA 2018. OPZIONE DONNA STRUTTURALE
 
 
PER APPROFONDIRE
 
 
In pensione a 58 anni? Sì grazie, anche se con la decurtazione
«Non chiamiamola neanche opzione: questo è un bisogno primario delle donne, di tutte le donne che arrivano alla soglia dei sessant’anni ormai usurate e schiacciate su più fronti, lavorativi e familiari». Lucia Rispoli, co-fondatrice del Movimento Opzione Donna, che su Facebook conta quasi duemila membri, fotografa con lucidità una questione che si trova in discussione in Parlamento, nell’ambito della riforma delle pensioni.
Cos’è

“Opzione Donna” è una forma di flessibilità in uscita, introdotta con una legge nel 2004, che ha consentito per anni alle donne di 57/58 anni (lavoratrici dipendenti ed autonome), che avessero maturato 35 anni di contributi di andare in pensione accettando una totale rimodulazione dell’assegno, rinunciando cioè al sistema retributivo e optando per un calcolo con il solo sistema contributivo. «Questo significa, a seconda delle carriere e del numero di interruzioni avute durante la vita lavorativa, un assegno più leggero a volte anche del 30 per cento», spiega Rispoli. «Lo Stato non spende nulla per noi, perché la pensione è calcolata sulla base dei contributi accumulati durante la nostra vita lavorativa, niente di più».
Il senso della rinuncia, in termini economici, è presto spiegato: «La riforma Fornero, che ha rivoluzionato l’età pensionistica attraverso una nuova lettura della speranza di vita, ha portato per le donne la pensione di anzianità a 42 anni di contributi e quella di vecchiaia a 67 anni. Per noi donne oggi questa è una rincorsa senza fine, che non tiene conto del maggior impegno delle donne lavoratrici nella gestione delle esigenze familiari e dei lavori di cura parentali, troppo spesso causati da inadeguati o inesistenti servizi pubblici, che dunque obbligano le donne lavoratrici a interruzioni della propria carriera lavorativa».
La richiesta di proroga
La legge del 2004 aveva introdotto “Opzione Donna” in una forma di sperimentazione a lunga scadenza: infatti il termine per avvalersi di questa possibilità giungeva fino alle lavoratrici che avessero maturato le famose condizioni anagrafiche e di contributo entro il 31 dicembre 2015. Ora migliaia di donne si trovano in mezzo a questo grande spartiacque, avvertendo l’ingiustizia tra il prima e il dopo, e chiedendo a gran voce al Parlamento una proroga della misura. Tra gli emendamenti in discussione sulla riforma delle pensioni c’è ora quello del vicepresidente della Commissione Lavoro, Walter Rizzetto (Fratelli d’Italia), che propone una proroga fino al 2019.
Neutralità non è equità
Ce la faranno queste combattive donne, che chiedono che l’opzione possa sopravvivere per tutte le donne lavoratrici che nel tempo matureranno i requisiti?«Certamente questa richiesta così forte e vibrante è lo specchio di un bisogno –  dice Paola Gilardoni, segretario Cisl Lombardia. Le donne oggi si trovano strette tra un lavoro di cura che non è stato riconosciuto durante la vita lavorativa, e nuovo lavoro non riconosciuto a fine carriera, quando i carichi familiari tornano a essere pressanti. Opzione Donna è tanto richiesta perché molte donne arrivano a una certa età eccessivamente usurate per riuscire a “farcela” fino alla pensione di vecchiaia, oppure perché hanno pressanti ruoli da caregiver dei propri familiari«.
Il problema è che «quando è stato introdotto il sistema contributivo, se ne è apprezzata enormemente la neutralità», aggiuge Gilardoni. «Si è detto: a tot contributi, si riceverà tot pensione. Ma questa neutralità non è un elemento virtuoso per le donne, perché non tiene conto del diverso percorso lavorativo affrontato rispetto agli uomini, delle diverse esperienze, dei diversi incarichi di carriera. In questo caso, purtroppo per noi, neutralità non significa affatto equità».
Woman reading folder at desk in living room
Serve un cambio di sistema
Ed estremamente preoccupata per la generazione di donne anziane e povere che si sta creando nel futuro dell’Italia è anche l’economista Marcella Corsi: «Ricordo che il gender pay gap, cioè la differenza di salario tra donne è uomini, è del 17% nell’Ue. Ma la vera voragine è nel genere gap pensionistico: le donne prendono il 35-37% in meno degli uomini. Con questi assegni così poveri, cosa accade se sono sole? Se restano vedove o se si separano?».
Questo è uno dei motivi (l’altro è la sostenibilità finanziaria sul lungo periodo) per cui la professoressa Corsi si dice assolutamente contraria a Opzione Donna. «Dobbiamo arrabbiarci e lottare per mantenere le donne nel mondo del lavoro, non per farle uscire malamente e per gravarle di carichi familiari di cui si occuperanno a causa di un welfare assente. Stiamo accettando un modello di famiglia in cui la persona che ha sulle spalle il peso più grave è, sistematicamente, la donna. Questa non può essere una ricetta politica! Noi dobbiamo chiedere che lo Stato che, invece di essere latitante, assicuri un processo di equiparazione dei ruoli familiari tra maschi e femmine. Alle madri – e anche alle non madri – che si prendono cura dei parenti, che hanno fatto il “doppio lavoro” tutta la vita, deve essere consentito a pieno diritto di restare serenamente nella loro carriera, senza dover fare dolorose scelte, spesso autolesionistiche, perché stremate tutta una vita da un lavoro di cura non retribuito né riconosciuto».
 
 
 


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