3 giugno 2017

LA "GRANDEUR"



 
                                                          Emmanuel Macron
 
Devo confessarlo: la Brexit che aveva allargato un bel po’ il canale della Manica; Trump, che aveva allargato molto l’Altantico; l’almeno iniziale duro e solidale atteggiamento della UE nei confronti della Gran Bretagna sulle procedure negoziali e le reazioni della Merkel al G7, insieme al nascere di uno spirito europeo che scaturiva da ogni intervento di Macron, insieme all’atteggiamento comune europeo nei confronti di Cina, India e Iran, segno che mi sembrava attento finalmente agli interessi dell’Europa, mi aveva aperto il cuore a una piccola speranza, come da moltissimo tempo non mi succedeva.
Non più un' adesione ignava e pigra agli interessi degli USA in cambio del loro protettorato, ma la presa di coscienza della necessità di camminare sulla strada di una Europa federale, con i propri valori, ben lontani da quelli Statunitensi.
Mi sembrava che i governanti europei avessero capito che l’interesse di ogni paese del nostro piccolo continente sarebbe stato garantito molto meglio dalla perdita degli atteggiamenti suicidi di un nazionalismo miope, specialmente dopo che i cosiddetti ottusi “sovranisti” avevano subito importanti battute d’arresto.
Il segnale del mio risveglio da questa illusione lo ha dato Macron alla sua prima uscita “concreta”.
Scendendo dalle formule discorsive ai fatti, si è interessato di un accordo che, soltanto poco più di un mese fa, il governo francese aveva avallato, e che aveva permesso alla Fincantieri di Trieste di inglobare i cantieri STX di Saint Nazaire, dando vita così, a un soggetto di dimensioni sufficienti a gareggiare ad armi pari in un mondo in cui la regola è ormai quella dell’oligopolio e non della libera concorrenza di buona memoria, sbandierata a parole.
Intervenendo pesantemente, nonostante nell’accordo siano presenti certissime clausole di garanzia concernenti la “governance”, gli investimenti e l’occupazione, il neo presidente francese ha dichiarato:” Mi rallegro per questo avvicinamento tra STX e Fincantieri (avvicinamento?) che materializza la forza dell’Europa e l’eccellenza dei rapporti tra i nostri due paesi....” però “voglio dire che gli equilibri di principio trovati ad aprile, vanno rivisti. Ieri ne ho parlato con Gentiloni”
La materia del contendere è il 6% di azioni in mano alla Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste, che consente a Fincantieri una maggioranza del 55%. Cioè azionisti italiani di maggioranza sì,  ma non mettendo in minoranza secca i francesi.
Questo, mentre De Puyfontaine diventa presidente della Telecom di Vivendi, e nessuno si è opposto a che aziende del lusso finissero, come  anche la Parmalat, in mano francese al 100%.
E’ la “grandeur” francese, cavallo di battaglia della destra nazionalista, che bene o male riaffiora.
E’ soltanto un segnale, che mi consentirà di aspettare un anno per giudicare Macron .
Ma è un segnale che apre una crepa importante, da cui i nazionalismi traggono ossigeno; gli spagnoli hanno dichiarato la loro “tiepidezza” sulla trattativa tra Atlantia dei Benetton che intende inglobare la spagnola  Abertis (capovolgendo la situazione di sei o sette anni fa).
I governi italiani potrebbero ribellarsi al rifiuto di considerare le aziende italiane alla pari con le altre europee e la “patria” riprende il suo nefasto primato.
Spero di sbagliarmi
Umberto Pradella  
 

Nessun commento:

Posta un commento