Pubblichiamo l’intervento di Walter Tocci (senatore PD, ex vicesindaco e assessore aiu trasporti della Giunta Rutelli) sull’allestimento di un palco sul colle Palatino per mettere in scena un musical su Nerone: “la volgarità prevale sulla responsabilità nel governo dei beni culturali a Roma. Non si era ancora mai raggiunto il livello del recital del Divo Nerone al Palatino”.
Sulla svendita di un paesaggio del Palatino
La svendita di un paesaggio del Palatino, l’installazione di una struttura straniante e invasiva, la preclusione per tre mesi di una parte della vista nell’area archeologica. Con il musical di Nerone la volgarità ha superato la responsabilità nel governo dei beni culturali.
Gli spettacoli nelle aree storiche si possono fare, purché ben concepiti. Questo ha già ottenuto gli sberleffi dalla stampa internazionale. Ne ricordiamo altri che hanno dato lustro alla città. La prima mondiale del Napoleon di Abel Gance appena restaurato – organizzata da Nicolini e dal ministro francese Lang – fu un successo internazionale, suscitò l’emozione popolare e impegnò l’area solo per un giorno. Anche il concerto di Paul McCartney ai Fori organizzato da Veltroni fu un evento mondiale. In entrambi casi le strutture erano collocate nelle piazze, senza invadere come in questo caso le basi monumentali.La differenza è semplice: governare con un progetto oppure gestire dando retta al primo che passa. Tuttavia la penuria di progetti è una malattia curabile con buone procedure. Se si voleva uno spettacolo davanti al Colosseo si poteva ricorrere a un concorso internazionale per mettere in competizione i migliori artisti del mondo. E si sarebbe ottenuto anche un beneficio economico maggiore. Invece si è certificata la congruità di un canone di circa cinque mila euro al giorno, che non basterebbero neppure per un convegno in un hotel di periferia. È apprezzabile la disponibilità a un ripensamento da parte di Franceschini; ma perché solo per il prossimo anno? Se si riconosce l’errore è necessario correggerlo subito.Spero che l’indignazione suscitata dal kitsch neroniano si allarghi ad altre sciagure che incombono, a cominciare dalla demolizione di via Alessandrina. Il Campidoglio, d’intesa con il Ministero, incredibilmente trova i soldi e la volontà per distruggere l’asse della Roma rinascimentale e barocca che oggi offre una splendida vista sui Fori di Traiano e Augusto. Tra gli studiosi ci sono pareri diversi, ma sia i favorevoli sia i contrari lanciano il medesimo allarme: non si può cancellare un paesaggio storico senza un progetto di livello internazionale per i Fori. Con il poderoso scavo realizzato negli ultimi venti anni è cresciuta la conoscenza storica, ma l’esito è desolante: l’area è un immenso cratere incomprensibile ai non addetti ai lavori. E si continua a demolire senza curare l’assetto urbano. Alle decisioni sbagliate si aggiungono le decisioni non prese. L’incuria e la mancanza di fondi mettono in pericolo le Mura Aureliane, il simbolo più forte della città.Speriamo che il rumore suscitato dal musical già prima dell’inizio richiami l’attenzione sulle cause: se un’iniziativa palesemente inaccettabile per i non addetti ai lavori è passata al vaglio degli esperti, significa che le Soprintendenze non sono più in grado di resistere alla pressione della politica. La loro autonomia scientifica è stata piegata nell’ultimo decennio: spoil-system, mortificazione delle professionalità, tagli dei fondi, blocco del ricambio generazionale e soprattutto vorticose ristrutturazioni degli uffici per tenere col fiato sospeso i dirigenti e influenzarli meglio. Dalla Soprintendenza romana è stata scorporata l’area del Colosseo, creando un nuovo ufficio – alla faccia della spending review – più disponibile a gestire i monumenti secondo il “modello musical”. La legittimità dell’operazione è in dubbio e si attende ancora la sentenza del Tar.Agli organi di tutela si è perfino limitata la comunicazione pubblica. Trent’anni fa l’allarme di Adriano La Regina sugli effetti dannosi dell’inquinamento convinse il ministro Biasini a proporre la migliore legge sui beni romani. Oggi il Soprintendente prima di parlare dovrebbe chiedere permesso al Ministero e non se ne farebbe nulla. Non si custodisce il patrimonio dell’umanità senza garantire la libertà dei suoi custodi.
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