Tutte le altre che covano in Europa, come evidenzia la cartina confezionata da La Repubblica (29 ottobre), che ne sottovaluta alcune, come la Bretagna in Francia.
Le rivendicazioni autonomiste che stanno fiorendo in Italia, non solo in Veneto e Lombardia e che si allargheranno a macchia d’olio, prima al nord e poi ovunque, aggiunte alle vecchie tensioni centrifughe di Sicilia, Sardegna e Alto Adige.
Il breve articolo, a commento della cartina, di Lucio Caracciolo, direttore di Limes, che dice molte verità, ma non tutte.
Domande:
E’ l’inizio della fine degli stati nazionali, almeno in Europa?
L’esistenza di una Europa, criticabile e criticata, ma “introitata”, forse inconsapevolmente nelle coscienze, specialmente dei giovani, che ruolo gioca?
L’Europa del Consiglio Europeo, vero detentore del potere (e i suoi leader, Macron e Merkel) saprà gestire la situazione?
Possono coesistere le aspirazioni autonomiste e separatiste con le tendenze “suprematiste” e nazionaliste, nella stessa Europa?
La visione di Salvini e quelle di Maroni e Zaia, sono in conflitto?
Il M5S da che parte sta?
Il PD, che aveva rifiutato i referendum, ma con suoi sindaci, anche importanti, che lo hanno abbracciato, da che parte starà?
Migranti economici
Gli italiani che sono andati a cercare lavoro all’estero, nel 2016, sono circa 124000.
La maggior parte - nonostante si pensi che se ne vadano soltanto ricercatori universitari, apprezzati molto più che da noi - va a fare il cameriere o altri lavori simili.
Poichè da noi, non ci sono guerre nè violenze dittatoriali, si tratta di “migranti economici”.
Nello stesso anno, sono entrati e rimasti in Italia (al netto di quelli che ci sono arrivati e solo transitati) 120000 migranti, in parte definiti economici e quindi passibili di rimpatrio.
domanda:
Perchè, se si teme che la G.B. della brexit, per esempio, possa rimandarci i ragazzi che sono andati là, a cercare quel lavoro che qui non trovavano, ci indignamo e invece riteniamo corretto rimandare in paesi ben più miseri e pericolosi del nostro, quelli che come i nostri, cercavano il lavoro che a casa loro non c’era?
Ambiguità
Per quello che ho capito, le colalizioni previste dalla legge elettorale, appena varata dal Parlamento, sono accozzaglie di partiti e partitini che si coalizzano per accumulare voti, mantenendo ciascuno i propri leader e le proprie idee.
La coalizione, cui ero abituato a pensare, era un insieme di partiti che rinunciavano a una parte delle loro idee, mettevano l’accento su quelle comuni e designavano un leader unico.
domanda
Qualunque sia la nostra preferenza, non ci sembra che si stia giocando con l’ambiguità delle parole?
E’ possibile, stando così le cose, che le cosiddette colalizioni si sfaldino appena dopo l’elezione e se ne formino altre?
Umberto Pradella