15 ottobre 2017

"OLTRE IL CASO 'ATAC" DIBATTITO DEL 6 OTTOBRE:L'INTERVENTO DI STEFANO CAROSELLI



                                                                Stefano Caroselli
Cari tutti,

é indispensabile che oltre al livello locale la battaglia sia portata sul livello nazionale e regionale.

L'obiettivo politico che la Sinistra del Brancaccio deve porsi è ottenere  aziende pubbliche, più efficienti del privato, fuori dalla gabbia dell’austerity e del rigorismo inconcludente, tecnologicamente all'avanguardia, per garantire il diritto universale e costituzionale della libera mobilità per i cittadini e il rispetto dei livelli occupazionali e salariali per chi ci lavora. Forti della convinzione che le aziende pubbliche “se gestite correttamente” sono asset insostituibili dell'economia locale, “se” governate con una pianificazione pubblica e condivisa e non dalle influenze egemoniche di gruppi lobbistici nazionali ed europei, in combutta con la rendita fondiaria sono una risorsa per l’ambiente e la mobilità urbana.


Le responsabilità della profonda crisi del settore risiedono in un congeniato “programma” di dismissione degli asset pubblici costruito nel tempo e perfezionato con i decreti Madia-Delrio. A Roma, gli obblighi di rientro del debito capitolino, i vincoli di bilancio e la colpevole inerzia della Giunta Raggi, sono l’innesco attuativo del volto destrogeno del M5S e mercatista dato dalle normative nazionale e regionali vigenti.

I cosidetti progressisti pro-svendita dei servizi pubblici e degli indotti industriali, si giustificano sempre con la crisi e le minori risorse disponibili, per destabilizzare l’entità pubblica di questa o quella amministrazione,  per strumentalizzare la disperazione sociale, l’impoverimento economico dei strati popolari e l’incarognimento, indotto da una crisi che non ha precedenti, per contrapporre cittadini contro lavoratori e smantellare i residui di un welfare ridotto ad ospedaletto compassionevole che ormai è  eterodiretto più dal privato che dal pubblico.


Anche se la Giunta Raggi a Roma, ha  grandissime responsabilità, preesiste un pregresso di responsabilità, dal quale tutta la sinistra non può prescindere. Il palcoscenico sociale ed economico del Modello Roma, é caduto e ha lasciato macerie. E, oltre al capitolo di Mafia Capitale, si sono disvelate le pessime gestioni in buona parte clientelari  nelle aziende  pubbliche. Ma chi le ha volute così?

Ovviamente la gestione e produzione aziendale di Atac che era di per sè già fortemente logorata non ha fatto eccezioni. I crediti inesigibili degli enti locali che ne detengono la piena partecipazione azionaria sono soltanto una parte del problema. I bilanci sono stati sempre in precario equilibrio;  anche con la cessione tramite affidamenti dal 20 al 30% della rete di superficie per i privati nelle periferie con  Roma TPL e nei servizi dell’indotto. In realtà hanno vinto “pilotate” strategie di “definanziamento” di Roma e delle Partecipate, in parallelo con una scientifica campagna di delegittimazione morale dell’ambito pubblico, supportata da “spintanee" e imponenti campagne mediatiche che  fin dal 2010 hanno costruito l’attuale svalorizzazione del lavoro pubblico nell’immaginario collettivo.

A ridosso della scadenza degli  affidamenti e al rinnovo delle gare del 2019, si é manifestato con una curiosa contestualità, lo sfascio gestionale di Atac, con un proporsi dei privati europei e un “pressing” di interventi legislativi, come il Regio Decreto 148, e la legge delega 50, tesa a parcellizzare  la compattezza dei bacini facilitando ingresso e affidamento a più privati, e per destrutturare il profilo  contrattuale autoferro. Questo é il Patto tra i grandi operatori nazionali ed europei, quali le  FS_Bus Italia, l’AV di Mazzoncini, la RTP ed Arriva e il PD. Cedere questi bastioni pubblici, che hanno troppe garanzie contrattuali e diritti, dopo averne indebolito, con scelte industriali scellerate e tanta corruzione, la struttura  gestionale ed economica per, causa dissesto, fallimento, commissariamento, non impedire la cessioni ad altri soggetti imprenditoriali del settore, per alimentarsi di future convenienze di scambio politico_clientelare, per convertire in via definitiva il servizio pubblico e la collettività al  falso credo del profitto neoliberista, attraverso i disservizi che subiscono e non solo alle firme raccolte dai Radicali Italiani e al PD.


Come ci siamo arrivati? Una lezione ci viene dalla lady di ferro (rimpianta dai Radicali Italiani) Margareth Thatcher, che con il motto “Affamare il cavallo”, privatizzò integralmente i trasporti locali di Londra, dovendo poi fare marcia indietro per recuperare inefficienze e aumento dei costi dati dai privati. Un’altra  la fornisce Noam Chomsky quando ci spiega che occorrono tre cose per la privatizzazione: la corruzione, la mancanza di risorse e la volontà politica.


La torta italiana Italia è un  settore di 1.121 aziende, addetti pari a 116.500 unità, 50.000 miliardi di km percorsi, 5,4 miliardi di viaggiatori trasportati, un valore produttivo ma sempre frenato.

Con un 78% delle aziende opera in servizio misto per i ⅔ e fattura 50 milioni di € anno.

E a colpevoli sottovalutazioni si è aggiunta una crisi paragonabile alla seconda guerra mondiale, tradotta in tagli capestro nei DEF ma sotto dettatura dell’ideologia neo-liberiste della  troika a trazione franco tedesca, dell’eurozona. É questo che sta portando in queste ore, su scala nazionale, situazioni di collasso del servizio e precarietà  occupazionali per gli operatori e l’indotto. Servizi scadenti, tensioni sociali, incerto diritto alla mobilità. É, nelle grandi aree metropolitane, che il tpl continua ad essere penalizzato dalla gomma, con Roma che il primato europeo del 78%  di invasione di auto e trasporto merci selvaggio.


In queste condizioni non  c'è operatore privato o pubblico che possa produrre un servizio degno di questo nome. Nel trasporto nel Lazio é il rapporto Pendolaria Legambiente (2016/17) che denuncia gli effetti della spasmodica corsa di FS- Trenitalia, verso il lancio in borsa e una esclusiva dedizione all'Alta Velocità, mentre abbandona gli Intercity per i pendolari al disastro delle 8 linee FR. Siamo di fronte ad un trasporto pubblico ineguale e di classe e gli 650 mila  pendolari lo sanno bene perché attraversano quotidianamente il GRA. Ricordiamoci comunque che ogni privato é sempre “sussidiato” da risorse pubbliche, e nel Lazio e a Roma non c’è una gestione, tra le 65 imprese private del trasporto, che abbia brillato per gestione del servizio e garanzia per i diritti  dei lavoratori. E Zingaretti l’assessore Civita, per ben 2 volte, ha ribadito che di gestione pubblica  o regionale, partecipata dalla regioni, province e enti locali e integrata con FS-Atac-Cotral non se ne parla.  Eppure, gli elementi di rilancio di carattere economico e sociale, diretti ed indiretti, del settore sono enormi. Gli attuali trend confermano che se il trasporto locale e regionale fosse finanziato, analizzato e governato anche per il suo valore ambientale  sociale, può essere uno dei percorsi di uscita dalla crisi e una sicura opportunità industriale "pubblica" per il Paese e le regioni.


Quindi oltre le malegestioni ci sono le  mancate risorse nel Fondo Nazionale Trasporti. Nel 2010-11 ben 545 mln €;  nel 2012 ben 893 mln €.  E se il plafond FNT del 2013, rispetto al 2010, restituisce 600 milioni di euro, ha una decurtazione dai 6/8 mld che in conto esercizio non potranno mai compensare quel fabbisogno del 17% in meno, (circa 7 mld). La situazione di questi trasferimenti mancati sembra si protarrà fino al 2024.  Questa é l'origine del male, il combinato disposto di risorse mancanti, esternalizzazione di  e funzioni strategiche  e primarie, e la spinta coercitiva al libero mercato che é stata micidiale.

Il trasporto pubblico locale é sopravvissuto, praticamente cannibalizzandosi. Anche grazie alla cinica indifferenza di chi, nelle istituzioni, pur sapendo, dei trasferimenti negati dalla Polverini, del FNT e della corruzione in Atac, ha taciuto per favorire, il privato nazionale lanciato in borsa quale FS e altri operatori europei, che gareggiano da noi ma che si guardano bene dal concedere il vincolo della reciprocità nei loro Paesi.  Anzi questi operatori UE, prima hanno concesso affidamenti trentacinquennali  ai loro operatori di pubblici negli asset di rete e oggi  procedono spediti con  acquisizioni che sfoceranno  in veri oligopoli senza che ci sia un’Antitrust europea che dica nulla.




Da quí traggono origine, le motivazioni di fondo, per le quali in meno di quattro anni,  preesistenti difficoltà produttive ed organizzative di molte aziende “non a caso Atac e soprattutto pubbliche”, sono diventate patologiche, con livelli di indebitamento che (Roma docet) mettono a rischio la stessa tenuta patrimoniale in conto capitale  dei bilanci degli enti. Per questo in queste ore, nel Paese è in corso, lo smottamento del servizio pubblico locale del trasporto.


Dopo i buoni intenti del Testo Unico dei Servizi pubblici locali, altre 65 leggi di riforma, il percorso di messa sul mercato dei beni pubblici, ci consegna:

la efficientissima Atv di Padova a rischio spezzatino; le eredità gestionali di Fassino e Chiamparino a Torino affossano GTT; le ex gestioni uliviste locali, Iervolino e Bassolino metrtonoin crisi De Magistris a Napoli con Atan e Circumvesuviana; nella rossa Reggio Emilia l’Atc in affanno;  nella regione di Burlando (il legislatore della 422) e Paita a Genova con la crisi dell’Amt; la Firenze di Renzi e Bardella con Ataf-BusItalia-FS che spremono come limoni i lavoratori;Umbria Mobilità che se forse si risana lo farà con interventi discrezionali e scarsamente deontologici di Delrio ; o la Palermo di Crocietta con l’Amtab in default. Governi inadempienti e Regioni svincolate da obblighi “inderogabili” verso i servizi pubblici, hanno causato tagli sui contratti di servizio, sui salari, sulle clausole sociali, pessima qualità del trasporto sulla pelle di cittadini e lavoratori. Appalti e subappalti al 48% di ribasso, che tagliano occupazione e salari a danno dei profili più malpagati e sfruttati nell’indotto dei servizi.


Di questi effetti gli  opinionisti non ne parlano mai. Giusto denunciare, e noi siamo sempre stati in direzione ostinata e contraria, rispetto alla corruzione e ai disservizi,  ma non é che i persistenti tagli dei governi e regioni non abbiano avuto impatti devastanti sui bilanci traballanti delle aziende,  aggravati da gestioni corrotte volute dalle lobbies politici locali e regionali che oggi PD in testa, vogliono privatizzare il servizio.


Le aziende fino ad oggi hanno affrontato delle “mission impossible”: Tappare le falle date da mancate risorse, senza pianificazione pubblica; il mancato rinnovo del parco rotabile, la mancanza di forniture, la cannibalizzazione dei mezzi in disuso. Tutto per far coincidere i conti con quel 30% da introiti da traffico e quel il 17% da ricavi di servizi collaterali e commerciali che in verità, sono stati sempre esternalizzati a quel privato che oggi si invoca come panacea di tutti i mali.


Tuttavia, il settore rappresenta una torta di mercato “sicuro” e sussidiato da risorse pubbliche che fà gola alle multinazionali, perchè con abbonamenti e biglietti incassa 2,6 mld di € anno; copre il 26% dei costi di esercizio rispetto al quel 35% imposto dal 1998 con le controriforme Bassanini-Burlando. La stessa Atac oggi incassa 1 mld e 86 mln anno, e stornando i crediti inesigibili del Comune e della Regione il suo deficit si attestava sui 325 mln euro. I cavalieri serventi del PD per il privato, che fin dal primo minuto della consigliatura M5S, manovrando dal Senato, mirano al commissariamento e allo spezzatino di Atac, sanno che, soltanto adeguati interventi di programmazione e pianificazione antitraffico in capo agli enti locali, possono avviare una reale crescita del trasportato, una politica di parcheggi di scambio, con una congestion charge che non privilegi i ricchi e  convinca tutti a lasciare l'auto in garage. Investimenti in ITC,  infrastrutture e corsie preferenziali, una strategia seria contro l’evasione tariffaria.

Sarà un caso che queste politiche, come il PGTU, e i Pums, sono tutte in mano agli enti locali?


L’efficienza  si ottiene con la puntualità e il rispetto dell’entità delle risorse. Non si capisce perché misure logiche e civili in un qualsiasi altro paese europeo, dove raramente pensano di mettere tutto in mano al privato e che potenzialmente possono consentire di raggiungere i 3 miliardi, di fatturato entro il 2019, non passano. E’ chiaro che se si vogliono realmente raggiungere questi obiettivi, bisogna avere il coraggio politico di attuare scelte “scomode” che rispondano alla qualità alta della domanda e non riducendo l’offerta. Quindi con una offerta diversificata, si può guadagnare e reinvestire per la collettività.


Con i giusti interventi infrastrutturali  e senza stressare il lavoro, é possibile recuperare i kmv persi con più  ferro, filobus ed elettrico, per  offrire un modello di mobilità ecologicamente sostenibile.

Un Tpl di qualità a tutela della salute e del diritto alla mobilità. Cioé tutto ciò che non é stato fatto per questo settore, e a Roma Capitale in primis. Il tpl nazionale, anche al netto del trasversale depredamento, nel pieno della crisi del Paese, vale comunque tra i 9 e 10 miliardi di € anno, a tariffe invariate. Questo valore economico, sociale e ambientale non può essere svenduto. E' una risorsa "pubblica" che deve essere al servizio del Paese e sostenuta con una coerente fiscalità generale. Non un "bene rifugio" riserva del privato che si intreccia con la speculazione edilizia e finanziaria, avvantaggiandosi di cospicui sussidi pubblici, da trasformare in dividendi per gli azionisti, i cui benefici, come la recente crisi idrica ed energetica ci ha mostrato, non cadono mai a vantaggio del bene comune.

Il percorso di privatizzazione dei servizi pubblici ha prodotto diseguaglianze e scelte di classe specialmente al Sud e grazie alle politiche incontrastate delle FS. Questo è il piatto preparato dai governi Prodi, Berlusconi, Monti e Gentiloni. Il renzismo, era già in fase embrionale, dopo lo scippo della vittoria del referendum del 2011 a tutela dei beni comuni, ha stretto un patto con i Potentati economici del settore e ha voluto blindare il progetto liberista di dismissioni delle partecipate, con i decreti anticostituzionali Madia.

Il cui intento coercitivo di impedire l’affidamento in-house penalizzando l’ente locale con un meno 15% di trasferimenti dal FNT, va rigettatto proprio sul profilo costituzionale a cui tutti noi teniamo.Il sistema Madia utilizza un metodo coercitivo e anticostituzionale per favorire l’operatore privato


Stiamo scontando il mancato riconoscimento della volontà popolare nell’esito referendario sull’acqua pubblica del 2011, che ha aperto le porte alla deregulation contro il pubblico e contro il lavoro. La non rispettata volontà di milioni di italiani, che come al solito prima della classe politica, comprese i rischi, si espresse solennemente bocciando le logiche del solo profitto. Perché il nostro Paese deve considerare il TPL  un “bene inferiore e costoso” da passare ai privati.. Nei paesi industrializzati, con un modello di sviluppo urbano centrico a fronte di una maggiore coscienza ambientale, il tpl è  “valore sociale ed ecologico” in quanto la sua attuazione per la collettività riduce congestione e inquinamento. Invece, nel nostro Paese, da sempre, il tema del tpl, è gestito con intolleranza o come ha disvelato la magistratura, una occasione di occupazione partitica. Non a caso, la magistratura ha accertato che incapacità e boicottaggio spesso  coincidono con la bulimia politica che ha sfociato come a Roma in Mafia Capitale.

Una miope lente economicista e da partitocrazia, che oggi mostra i suoi limiti.


La difficoltà principale delle aziende è quella di garantire la qualità del servizio a fronte della scelta per l’80% degli spostamenti locali con auto. Un trend inalterato e devastante per l’ambiente, l’economia, la salute pubblica. Negli ultimi 10 anni i tempi di percorrenza nei maggiori centri urbani sono aumentati del 20-30%, con velocità di spostamento nelle ore di punta di 7/8 km orari. Nell’arco temporale della crisi, i fondi pubblici destinati sono stati ridotti di €1.4 miliardi. Il Fondo nazionale trasporti, sabotato dalla spending review di montiana memoria, mise a disposizione soltanto €4.9 mld. Il gap è strutturale ma non lo si vuole riconoscere. I fondi coprono il 75% della gestione del servizio (dati Conferenza delle Regioni e Province), e soltanto ¼ del finanziamento è trasferito agli enti locali, che,  in base ai propri deficit e a improbabili fondi addizionali “valutano” se è come utilizzarli per il trasporto pubblico locale o meno. A tutto ciò si aggiunge una incompetente “furbizia” della politica nelle regioni, nel  privilegiare province amiche o le emergenze invece degli “assetti di sistema”. Non si rinnova il  parco rotabile tant’è che la vita rotabile media italiana rispetto all’UE è 7 anno contro 12. Ergo, Atac: 12 anni per i bus, 25 per i tram, 15 per le metro.


Conseguentemente (e pericolosamente) si riduce la sicurezza di esercizio, la qualità e lievitano i costi di manutenzione. Il  trasporto rapido di massa, ha un sicuro ritorno economico, qualitativo, ambientale con ferrovie locali che funzionano, con i tram, metro e le linee ferroviarie e flotte elettriche, ma sono i numeri degli acquisti sul materiale rotabile, che ci danno la misura di strategie di corto respiro.


Dunque, gli unici soggetti, che possono dichiararsi esenti da responsabilità, sono i cittadini romani e i lavoratori autoferrotranvieri e invece rischiano ancora una volta di essere le vittime predestinate di politiche sbagliate.

Per questo si é costituito il 7 settembre il comitato a difesa dei servizi pubblici locali partecipato da tutta la Sinistra romana, sindacati confederali e di base, associazioni di utenti e dei pendolari.

Il paradigma economico e sociale attuale sul valore dei servizi pubblici deve essere ribaltato e recuperato a beneficio della collettività, della mobilità, del ruolo del lavoro. Questa battaglia politica deve essere posta alla base dei principi e valori per la costruzione di un nuovo soggetto politico dentro la Sinistra e dentro tutte le parti sociali.


Stefano Caroselli

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