7 ottobre 2017

Recensione film : BARRIERE regia di Denzel Washington


Con Denzel Washington, Viola Davis, Jovan Adepo, Stephen Henderson, Saniyya Sidney, Russell Hornsby, Mykelti Williamson, del 2016. Fotografia Charlotte Bruus Christense.

 



 

Come un blues

Barriere è un film intenso, molto parlato, ben recitato ma irrimediabilmente teatrale. Infatti, il film è tratto dall’opera teatrale Fences di August Wilson, uno dei maggiori autori del teatro afroamericano e vincitore, per quest’opera, del premio Pulitzer del 1983. Denzel Washington è l’interprete maschile principale e, per la terza volta, anche alla regia e Viola Davis è sua moglie Rose che vince l’Oscar del 2017 come migliore attrice non protagonista.

Tutto si svolge negli anni ’50 nel giardino della modesta casa Maxson nell’Hill District - il quartiere nero dove è cresciuto anche August Wilson - di Pittsburgh, la famosa “Smoky ol’ Town” cantata da Pete Seeger, città simbolo delle acciaierie e delle fabbriche del secolo scorso. Lì Troy ha appeso una palla di baseball a un albero. Era stato un ottimo giocatore ma per questioni razziali aveva dovuto giocare in una squadra secondaria nella Negro League. Ha lavorato e lavora ancora come netturbino per il Comune insieme a Jim Bono che è il suo unico amico e con cui ogni tanto si fa qualche bevuta (forse di troppo). Troy Maxson è un uomo onesto che tutti i venerdì consegna la sua paga alla moglie. Il fratello Gabe, a causa della guerra, non ci sta più con la testa e Troy si prende cura di lui cercando di tenere in piedi tutta la sua famiglia, anche se in modo un po’ troppo autoritario. Troy e Rose sono, infatti, i genitori di Cory e Gabriel, mentre suo figlio Lyons è nato da una relazione precedente. I figli hanno fatto scelte diverse da ciò che lui avrebbe voluto: Lyons suona ed ha una sua band mentre Cory vorrebbe giocare professionalmente a football. A entrambi Troy cerca di imporre il lavoro fisso come modello dell’unico modo di guadagnare onestamente e star lontano dai guai.

Dopo diciotto anni di duro lavoro e matrimonio felice, Troy comunica alla moglie di aspettare un figlio da Alberta, una trentenne con cui da un po’ di tempo ha un rapporto. Ciò fa scatenare un’inequivocabile ribellione nei componenti della famiglia a cominciare, ovviamente dalla moglie tradita, e perderà pertanto il rispetto dei figli. Cory se ne andrà di casa dopo un litigio furibondo con il padre e si arruolerà nella Marina. L’Alberta successivamente morirà dando alla luce una bambina che Troy chiederà a Rose di crescere. Lei lo farà con grande amore e generosità, ma contemporaneamente allontanando per sempre dal suo cuore Troy.

Questa in sintesi tutta la storia narrata: splendidi sono i monologhi di Rose sul senso dell’amore e del matrimonio e degni di nota gli animati scambi di opinione tra il padre e i suoi figli. Il film Barriere nel mostrare lo scontro generazionale riesce a evidenziare sia il cambiamento sostanziale, in quegli anni, del rapporto tra genitori e figli e il lento ma progressivo inserimento dei neri nella vita sociale. D’altro canto Troy e Rose, al di là del colore della pelle, rappresentano simbolicamente tutte quelle persone che, per trovare una seppur modesta sicurezza sociale, rinunciano alle proprie personali aspirazioni. Denzel Washington propone una regia minimalista a servizio del testo come fosse un blues, infatti al posto di Viola Davis sembra di vedere Billie Holiday con la sua immancabile gardenia bianca tra i capelli.  

 


Ghisi Grütter

 

 

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