6 ottobre 2017

Ocse: In Italia donne “assistenti familiari” e laureati “bistrattati”


 

Secondo l’Ocse, che ha presentato nella sede del ministero dell’Economia un rapporto sulle competenze dei lavoratori italiani, l’Italia resta al quartultimo posto tra i 35 Paesi sviluppati per percentuale di donne occupate in quanto percepite come “assistenti familiari”. Le donne italiane svolgono la maggior parte del lavoro domestico non retribuito. Il tasso di occupazione non arriva neanche al 50% a causa dell’accesso limitato a posti di lavoro flessibili che potrebbero aiutarle a gestire anche la famiglia, agli asili nido a prezzi accessibili e ad un sistema che favorisce le madri a prendere il concedo familiare e non i padri. L’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, sollecita ad “Incoraggiare i padri a richiedere più permessi retribuiti per i figli attraverso l’estensione della durata dei concedi di paternità”.

Nel rapporto “Skills Strategy Diagnostic Report- Italy 2017” emerge che “il dato preoccupante: molte donne non sono neanche alla ricerca di un posto di lavoro. Questo fa sì che l’Italia faccia registrare il terzo tasso di inattività più alto tra i Paesi membri dell’Ocse”. Oltre al lavoro domestico non retribuito e alla carenza di servizi pubblici, parte del problema dipende anche dal fatto che “il sistema fiscale fornisce deboli incentivi finanziari per l’occupazione a chi, come le donne, costituisce la seconda fonte di reddito familiare”.

Il segretario generale Ocse Angel Gurria ha commentato che “l’Italia è bloccata in un equilibrio di basse competenze”. Infatti nel rapporto si legge che il nostro è l’unico Paese del G7 in cui la quota di lavoratori laureati in posti con mansioni di routine è più alta di quella che fa capo ad attività non di routine. Quindi non soltanto” i laureati italiani hanno, in media, un più basso tasso di competenze”, ma quelli che ci sono non vengono utilizzati al meglio e “bistrattati”.

Tuttavia malgrado i bassi livelli di competenze che caratterizzano il nostro Paese, si osservano numerosi casi in cui i lavoratori hanno competenze superiori rispetto a quelle richieste dalla loro mansione ed è proprio questa la causa della scarsa domanda di competenze. Infatti “Il fenomeno dello skills mismatch, che si verifica quando le competenze di un lavoratore non sono allineate con quelle richieste per compiere uno specifico lavoro, è molto alto in Italia” e per “Riequilibrare la domanda e l’offerta delle competenze richiede che le istituzioni nel settore dell’istruzione e della formazione siano più reattive ai cambiamenti, che ci siano politiche per il mercato del lavoro più efficaci, ed un uso migliore di strumenti di valutazione e analisi dei fabbisogni di competenze attuali ed emergenti. Infine, sono anche necessari più sforzi da parte del settore privato e la disponibilità a collaborare con queste istituzioni pubbliche”.

Maura Pisciarelli

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