12 ottobre 2017

Resoconto assemblea regionale presentazione LIP scuola e art. 81


 Riceviamo dal Coordinamento Democrazia Costituzionale di Roma Riceviamo   e pubblichiamo il resoconto dell'importante assemblea tenutasi a Roma il 7 ottobre, redatto da Marina Boscaino. Per chi non è potuto esserci fornisce importanti spiegazioni delle due leggi di iniziativa popolare.
 



 

Resoconto dell’incontro di sabato 7 ottobre 2017 ore 10, presso sala della comunità di base di S. Paolo, via Ostiense 152/b

 

Presiede e introduce Tina Stumpo, che illustra le ragioni dell’incontro e rammenta le prossime scadenze; in particolare, si sofferma sulla necessità di definire un orientamento di massima in merito alla possibile raccolta unitaria di firme sulle leggi di iniziativa popolare per la modifica dell’articolo 81 e degli art. 97, 117 e 119 della Costituzione e sulla LIP per la Scuola della Costituzione, prevedibilmente a partire da gennaio 2018 per i successivi 6 mesi, come prevede la normativa, allo scopo di raccogliere 50.000 sottoscrizioni certificate per ciascuna proposta di legge, obiettivo complicato ma non impossibile.

Dà poi la parola a Franco Russo e Marina Boscaino, che rappresentano e illustrano le due istanze.

 

Franco Russo espone quanto qui di seguito riassumiamo; in calce all’intervento il testo della relativa proposta di legge di iniziativa popolare.

La legge di revisione costituzionale 1/2012, introducendo il pareggio di bilancio in Costituzione, ha ucciso l’articolo 3, vero architrave della Carta. Con il ‘pareggio di bilancio’ si cancella il ruolo attivo della ‘Repubblica’ nella gestione del sistema economico, togliendole gli strumenti di politica fiscale dopo che l’introduzione dell’euro le aveva tolto quelli della politica monetaria. Peraltro il Fiscal Compact, pur chiedendo l’introduzione nelle legislazioni nazionali del vincolo del pareggio di bilancio non imponeva la revisione del testo costituzionale potendosi anche utilizzare la legge ordinaria o una legge rafforzata. Il governo Monti scelse la strada della revisione costituzionale per rendere più rigide le norme e più vincolate le scelte del legislatore.

La legge di iniziativa popolare che il Comitato romano ha predisposto e sottoposto alla discussione del gruppo di lavoro nazionale, riunitosi il 20 giugno, e poi dell’Assemblea nazionale del 24 giugno, riprende il testo originario scritto da Azzariti, estendendo però l’intervento all’articolo 97, che tratta peraltro dell’organizzazione della Pubblica Amministrazione e non di norme finanziarie,  apportando una modifica all’articolo 117 prima comma, e riformulando l’articolo 119 (come già nel testo Azzariti).

Lo scopo degli interventi di soppressione, di emendamenti o di riscrittura sono finalizzati a riportare il testo costituzionale a quello originario del 1948, lasciando così spazio al legislatore di decidere le politiche economico-finanziarie che ritiene più opportune a secondo delle diverse e contingenti situazioni economico-sociali. Per questo si propone di riportare in vigore il testo dell’art. 81 del 1948, esplicitando nell’ultimo comma, aggiuntivo, che ‘la legge generale sulla contabilità e sulla finanza pubblica definisce i vincoli di bilancio nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone’, in modo che le politiche di austerità non possano ledere il livello delle prestazioni pubbliche necessarie per la fruizione universale dei diritti sociali. Così la riorganizzazione dell’art. 119 è preceduta da un comma in cui si impone anche ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni il rispetto dei diritti fondamentali nei loro programmi di spesa (che ormai sono solo di tagli!).

Un cenno merita l’emendamento all’art. 117 primo comma. Nel 2001, con legge di revisione costituzionale n. 3, si introdusse, in relazione all’esercizio della potestà legislativa dello Stato e delle Regioni, oltre al rispetto della Costituzione anche i ‘vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali’. L’intervento emendativo mira a porre un ‘controlimite’ prescrivendo che i ‘vincoli’ posti dall’UE o da trattati internazionali non possono ledere la tutela dei diritti fondamentali. In questo modo il legislatore e gli organi giurisdizionali sono chiamati a garantire che la normativa UE o di origine internazionale non siano in contrasto con i diritti fondamentali.

Infine, occorre ricordare che viene proposta la soppressione dell’art. 5 della legge 1/2012 che istituisce l’Ufficio parlamentare di Bilancio, un organo chiamato a valutare le leggi economico-finanziarie così da mettere il parlamento sotto una tutela ‘tecnica’, così da neutralizzare le scelte politiche, con il risultato di sostituire la ‘politica’ con la ‘tecnocrazia’. Inoltre l’art. 5 detta i contenuti delle leggi sulla disciplina della contabilità e finanza pubblica (recepite con le leggi 243/2012 e 163/2016).

L’Assemblea nazionale del 24 giugno ha approvato l’iniziativa della raccolta delle firme per la legge di iniziativa popolare sull’art. 81, che si vuole accompagnare con quelle sulla scuola predisposta dalla LIP- scuola, sulla partecipazione e sulle e sui migrante/i.

La decisione dell’Assemblea non comporta automaticamente che la raccolta delle firme possa ‘partire’, perché ciò possa avvenire è necessaria una verifica in relazione sia al consenso sia alle possibilità organizzative dei Comitati a livello territoriale; inoltre, se la verifica risultasse positiva (ed è questo l’auspicio), sarà necessario costruire una ‘coalizione’ di comitati e organismi territoriali, sindacati, e movimenti e partiti politici per coinvolgere un ampio arco di forze in grado di sostenere l’iniziativa facendola vivere in una molteplicità di ambiti sociali e culturali. Ciò al fine di raggiungere le firme necessarie perché la legge giunga in Parlamento, ma anche perché le tematiche del pareggio di bilancio e più in generale della sovranità degli organi rappresentativi sulle politiche fiscali e di spesa vengano portate a conoscenza di decine di migliaia di persone divenendo oggetto di informazione, discussione e mobilitazione.

Importante è raggiungere le 50 mila firme, ma lo è anche il modo in cui si farà la ‘campagna’ che ha lo scopo di informare ampi settori di popolazione affinché prendano coscienza degli effetti deleteri del pareggio di bilancio sulla fruizione dei diritti sociali e della gravità della ‘costituzionalizzazione’ delle politiche di austerità.

Infine, come è ben noto dopo 1 gennaio 2018, l’UE è chiamata a decidere se trasporre il Fiscal Compact nella sua normativa, facendolo divenire parte dell’acquis communautaire (come avvenne con il Trattato di Schengen). Dunque la raccolta delle firma potrebbe essere un’occasione anche per informare sul, e discutere del, Fiscal Compact, ampliando la campagna di opinione.

 

Proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare

Modifiche agli articoli 81, 97, 117 e 119 della Costituzione, concernenti il principio del “pareggio di bilancio”, al fine di salvaguardare i diritti fondamentali

Art. 1

L’articolo 81 della Costituzione è sostituito dal seguente:

“art. 81 - Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.

L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.

Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese.

Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte.

La legge generale sulla contabilità e sulla finanza pubblica definisce i vincoli di bilancio nel rispetto dei diritti fondamentali delle persone.”

art. 2

All’articolo 97 della Costituzione, il primo comma è abrogato.

     Art. 3

All’articolo 117, primo comma, della Costituzione sono aggiunte, in fine, le parole: “assicurando la tutela dei diritti fondamentali delle persone”.

 

 

 Art. 4

 

L’articolo 119 della Costituzione è sostituito dal seguente:

art. 119 - Ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni sono attribuiti con legge dello Stato risorse pubbliche adeguate a garantire i diritti fondamentali delle persone.

Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.

La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante.

Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa.

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato.

Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento. È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti.”

Art. 5

 

L’articolo 5 della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, è abrogato.

 

 

Marina Boscaino espone quanto qui di seguito riassumiamo; il testo della relativa proposta di legge di iniziativa popolare è disponibile in lipscuola.it

La Legge di iniziativa popolare “Per la scuola della Costituzione” rappresenta l’evoluzione e l’aggiornamento della Lip “Per una Buona scuola per la Repubblica” redatta nel 2006, come esito di un dibattito e di un percorso che coinvolsero in modo democratico migliaia di genitori, docenti e studenti di varie parti d’Italia, fino a condividere un’idea di scuola composita e complessa, con la convinzione che questo fosse allora e sia adesso il metodo da seguire per avviare un cambiamento, partecipato e condiviso; metodo che è sempre mancato nell’intervenire sulla scuola. Quella proposta raccolse 100.000 firme, ma non entrò mai nelle aule parlamentari.

Quando alla fine del 2013 la ministra Carrozza dichiarò: “Non ho una mia idea di riforma, consulterò il Paese per una grande riforma condivisa”, ad alcuni di coloro che parteciparono alla stesura della Lip del 2006 venne in mente di riproporre quel testo di legge e lanciarono un appello a deputati e senatori perché lo facessero proprio. Così, tra il giugno e luglio del 2014, la LIP fu ripresentata sia alla Camera sia al Senato. Quando nel settembre del 2014 il governo Renzi diede vita alla sua (finta) “Campagna di ascolto La Buona Scuola”, rinacquero in varie città italiane i “Comitati Lip”, con il duplice scopo di sostenere una visione di scuola esattamente contraria a quella renziana e di aggiornarne il testo. La Lip diventò la bandiera dell’opposizione alla “Buona scuola” ed entrò istituzionalmente nelle Commissioni Istruzione di Camera e Senato insieme alla proposta di legge governativa, per esserne però subito cassata (a ulteriore dimostrazione della “sincerità” dell’ascolto…).

Dopo l’approvazione della legge 107 i Comitati hanno continuato a lavorare sul testo originario della LIP originaria per migliorarlo ed attualizzarlo, concludendo i loro lavori il 22 gennaio 2017, con la stesura della nuova proposta di legge di iniziativa popolare “Per la scuola della Costituzione”.

Il Linguaggio

La proposta di legge presenta un accurato sforzo linguistico, caratterizzato in particolare da due scelte: il linguaggio di genere, con la convinzione che anche attraverso le parole passino i concetti; l’accurata eliminazione di termini e riferimenti di tipo aziendalista, che debbono rimanere estranei al mondo della scuola.

I Principi

Il Sistema della Pubblica Istruzione delineato nella proposta di legge trova le sue ragioni di essere nella Costituzione e nella Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia; si ispira a principi di pluralismo, laicità, democrazia e inclusione e cura l’acquisizione consapevole di saperi con un’attenzione costante all’interazione e all’educazione interculturale.

Nella proposta di legge si sottolineano il valore di alcune scelte metodologiche di qualità: le attività laboratoriali, i momenti ludici e soprattutto il lavoro di gruppo, particolarmente importante in una società sempre più avviata sulla strada della competizione selvaggia, in cui, quindi, il valore della collaborazione e del lavoro cooperativo va recuperato e rivalutato.

L’apertura al territorio e in generale al mondo esterno, rappresenta per le scuole un arricchimento e una spinta in più per la loro vita; può far diventare ciascuna scuola un luogo di produzione e fruizione culturale, di crescita, di socializzazione, di cittadinanza consapevole

 

 

Le Risorse

Una buona scuola ha bisogno di risorse economiche adeguate per garantire al meglio le sue finalità, con un investimento che veda un notevole incremento rispetto a quanto oggi il nostro paese destina a questo scopo: elevare il tetto di spesa almeno al 6% del PIL, come indicato nella LIP, vuol dire investire nel futuro del paese.

Questo nella prospettiva che tutte le risorse pubbliche debbano essere destinate dalla comunità nazionale alle scuole pubbliche: “Ai sensi dell’art. 33 della Costituzione, l’attivazione e il funzionamento delle scuole private di ogni ordine e grado non comportano oneri a carico dello Stato, delle Regioni e dei Comuni”

Diritto all’istruzione

Viene affermato il diritto alla gratuità dei libri di testo e del trasporto scolastico per gli alunni e le alunne delle Scuole Statali dell’obbligo di ogni ordine e grado e viene negata la possibilità da parte delle scuole di richiedere alle famiglie contributi o oneri di qualsiasi natura, fatti salvi i casi previsti dalla legge.

Obbligo, formazione delle classi, dotazioni organiche

Per una piena formazione di ciascuna/o occorre estendere l’obbligo/diritto scolastico dal compimento del 5° anno d’età, fino al 18° anno.

Perché nessuna/o possa andare “disperso”, la scuola dovrà porre grande attenzione per offrire a ciascuno una risposta alle proprie esigenze di crescita e a tutti la possibilità di superare le eventuali difficoltà incontrate.

Sono necessari con urgenza investimenti e sinergie professionali per combattere la dispersione e il disagio in tutte le sue forme, così come per valorizzare le diversità e sostenere l’alfabetizzazione e l’integrazione degli alunni/e migranti.

La prima condizione perché ciò possa essere realizzato è rappresentata dalla formazione di classi meno numerose delle attuali, in cui sia rispettato il tetto massimo di 22 alunni, da abbassare ulteriormente nei casi in cui siano inserite bambini/e e ragazzi/e con disabilità. In secondo luogo occorre prevedere adeguate dotazioni organiche aggiuntive, sia per la lotta alla dispersione, sia per il sostegno, sia per l’alfabetizzazione/inclusione degli alunni/e migranti.

Occorre poter contare su organici adeguati e stabili,che consentano il rispetto della continuità didattica, occorre assegnare incarichi a tempo indeterminato su tutti i posti vacanti.

Valorizzazione delle diversità.

Il Sistema Educativo della Pubblica Istruzione concepito dalla LIP valorizza tutte le diversità e affronta il disagio scolastico in tutte le sue espressioni. L’inclusione delle persone con disabilità si realizza a norma delle leggi n. 104/92, n. 517/77 e del D. Lgs. 297/94.

Su richiesta di ogni singolo istituto, il Ministero della Pubblica Istruzione assicura, prima dell’inizio dell’anno scolastico, l’assegnazione di tutti gli insegnanti/le insegnanti di sostegno necessari/e a garantire il progetto didattico costruito in base alla diagnosi funzionale. Questi insegnanti dovranno essere in possesso di titolo di specializzazione.

Acquisizione linguistica ed inclusione degli alunni e delle alunne di lingua madre non italiana.

Allo scopo di promuovere una proficua educazione interculturale e la piena acquisizione della lingua italiana lo Stato assicura a ciascuna scuola una dotazione aggiuntiva di docenti opportunamente formati: un/una docente ogni 5 alunni/e di prima alfabetizzazione ed un/una ogni 20 alunni/e di recente immigrazione (da meno di tre anni in Italia).

Laicità del Sistema Educativo della Pubblica Istruzione.

L’insegnamento della religione cattolica, garantito a chi ne faccia richiesta (Nuovo Concordato 1984, art.9), è collocato in orario extracurricolare. Cerimonie religiose non possono aver luogo nei locali scolastici, né in orario scolastico.

Percorsi didattici

Anche i curricoli devono essere rivisti, per rispondere alle esigenze di una società che muta molto rapidamente. La definizione dei Percorsi Didattici è affidata a gruppi di lavoro – costituiti sia da docenti di provata esperienza sia da esperti dei vari settori della cultura e della società – dopo una fase d’ascolto nelle scuole, con il coinvolgimento diretto e attivo di tutti i soggetti interessati.

Per favorire la formazione completa e consapevole dei futuri cittadini e cittadine sono previsti obbligatoriamente l’insegnamento della Costituzione italiana e la riflessione sul suo valore civile e morale.

Valutazione di sistema

Per monitorare l’efficacia del sistema nazionale scolastico, con lo scopo di individuare le aree di maggiore criticità per poter intervenire nei modi più opportuni, è istituito l’Istituto Nazionale di Ricerca sul Sistema Scolastico, come ente autonomo, indipendente dal Ministero della Pubblica Istruzione. Tale Istituto procede ad indagini, sia campionarie sia attraverso casi di studio. L’Istituto assume le funzioni precedentemente assegnate, nell’ambito del Sistema Nazionale di Valutazione, a Indire e Invalsi.

Autovalutazione

Per il raggiungimento di un alto livello qualitativo ogni scuola realizza annualmente un percorso di autovalutazione mirato a migliorarsi: identificare eventuali punti deboli su cui intervenire; individuare esperienze didattiche-educative efficaci e da diffondere; verificare se la dotazione ed il livello delle risorse disponibili sono adeguati; valorizzare e coinvolgere tutto il personale scolastico in merito al raggiungimento degli obiettivi posti in sede di progettazione didattica ed educativa.

L’autovalutazione avviene attraverso incontri collegiali e di gruppo, questionari, colloqui e con la compartecipazione dei genitori (e degli studenti/studentesse nella scuola Secondaria di secondo grado) e aiuta la singola istituzione scolastica a ripensare al suo operato ed alla ricaduta della sua azione educativa, didattica e progettuale.

Allo scopo di facilitare l’azione autovalutativa e didattica e di contribuire alla risoluzione di ogni eventuale problema, ogni scuola si avvale anche del contributo di figure professionali esterne (docenti di altre scuole e di dipartimenti universitari, specialisti/e in discipline attinenti alle problematiche della didattica).

Valutazione degli apprendimenti

Gli apprendimenti degli alunni/e sono verificati periodicamente, nel rispetto di tempi distesi, per monitorare i risultati raggiunti. La valutazione sarà di tipo formativo e verrà comunicata periodicamente sotto forma di valutazione ”narrativa” in merito ad acquisizioni e progressi conseguiti. Questa valutazione sarà affiancata da un giudizio sintetico nella Scuola di Base e da un voto nella scuola secondaria di secondo grado.

Dimensionamento scolastico

Gli istituti comprensivi possono essere costituiti con un minimo di 400 alunni (250 per piccole isole e comuni montani) ed un massimo di 1300 alunni. È da sottolineare che oggi i minimi sono 600 e 400 e non c’è alcun limite massimo.

Autonomia e Piano didattico dell’istituzione scolastica

L’autonomia delle istituzioni scolastiche si realizza attraverso la partecipazione democratica di tutti i soggetti che operano nella scuola e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione adeguati ai diversi contesti.

Il Piano didattico è il documento fondamentale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito della loro autonomia.

Il Piano didattico è elaborato dal collegio dei/delle docenti sulla base della preventiva definizione collegiale degli indirizzi generali per le attività della scuola e, per le scuole secondarie di secondo grado, anche delle proposte formulate dagli studenti. Esso comprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari, e valorizza le corrispondenti professionalità. Il Piano è adottato dal consiglio di circolo o di istituto, che ne verifica la compatibilità e la coerenza con il contesto socio-culturale e con le risorse disponibili.

Governo del sistema scolastico e partecipazione

Un’attenzione particolare viene dedicata alla partecipazione, supportata dalla valorizzazione degli Organi Collegiali esistenti (cui vengono restituite le funzioni previste dal Dlgs 297/94) e dall’istituzione di nuovi organi che rendano più ampia la partecipazione: il Consiglio dei Genitori, il Collegio del Personale Ausiliario-Tecnico-Amministrativo e, nella secondaria di secondo grado, il Consiglio degli/delle Studenti/esse (nonché il consiglio di classe allargato, formato da tutti/e i/le docenti e da tutti gli/le studentesse, che discute del progetto educativo e formativo della classe).

Si prevede l’istituzione della figura del Presidente del Collegio dei/delle Docenti – eletto dal Collegio stesso – quale garante della libertà d’insegnamento, del coordinamento delle proposte didattico-educative e dell’attuazione del Piano didattico dell’istituzione scolastica. Questa prospettiva modifica decisamente l’ottica con cui ci si è mossi finora e restituisce ai/lle docenti una funzione di autogoverno delle proprie scelte professionali, salvaguardandone la sovranità.

Al Capo d’Istituto spetta il compito di gestire in termini organizzativo-funzionali l’Istituzione Scolastica e valorizzare le scelte professionali del Collegio dei/delle Docenti, attuandole al meglio.

La LIP prevede inoltre il riordino degli Organi Collegiali centrale e periferici: i Consigli scolastici regionali e locali, previsti dal Dlgs 233/99, hanno un ampliamento delle loro competenze viene istituito il Consiglio Nazionale dell’Istruzione, quale organo di garanzia dell’autonomia del Sistema Educativo della Pubblica Istruzione, della libertà di insegnamento, della laicità della scuola e dell’autonomia degli Organi Collegiali di Istituto e territoriali.

Informazione e trasparenza

Tutti gli atti sono pubblici, ad eccezione delle parti contenenti dati che ledono il diritto alla riservatezza dell’individuo. Tutti i genitori, gli/le insegnanti, il personale ausiliario tecnico amministrativo, gli studenti e le studentesse possono prenderne visione.

Edilizia scolastica

Una buona scuola ha bisogno anche di luoghi adeguati. Dal punto di vista edilizio, questi devono rispondere a criteri di sicurezza, salubrità, vivibilità, accoglienza, qualità estetica, sostenibilità ecologica ed essere realizzati in modo da consentire al meglio lo svolgimento delle attività qualificanti dei percorsi didattici. Per questo si chiede un piano straordinario di edilizia scolastica che intervenga a sanare le situazioni di sofferenza e a fornire nuove strutture attraverso una progettazione partecipata.

Articolazione del sistema

Nello specifico, il Sistema Educativo di Istruzione si articola nei Nidi d’Infanzia, nella Scuola di Base (Scuola dell’Infanzia della durata di 3 anni, Scuola Primaria della durata di 5 anni e Scuola secondaria di primo grado della durata di 3 anni) e nella Scuola secondaria di secondo grado (biennio unitario e triennio d’indirizzo).

Nidi d’Infanzia

I Nidi d’Infanzia vanno intesi come un servizio rivolto alla collettività e non come servizi pubblici a domanda individuale.

Lo Stato è impegnato a varare un piano nazionale straordinario di edilizia per i Nidi d’Infanzia, che preveda l’erogazione di fondi vincolati, per il tramite delle Regioni.

Le Regioni, con proprie leggi, fissano i criteri per la costruzione, la gestione ed il controllo dei Nidi e dei loro standard qualitativi e organizzativi.

Il Ministero della Pubblica Istruzione definisce i livelli essenziali che gli Enti Locali devono assicurare

I Comuni sono tenuti all’apertura dei Nidi secondo i bisogni espressi dal territorio, alla loro gestione ed al controllo di quelli non comunali, nel rispetto degli standard fissati.

La dotazione organica è definita con i seguenti parametri: almeno 1 educatore/trice ogni 5 lattanti iscritti; almeno 1 educatore/trice ogni 6 piccoli iscritti; almeno 1 educatore/trice ogni 8 grandi iscritti.

La spesa per la gestione dei Nidi d’Infanzia è ripartita tra il Ministero della Pubblica Istruzione ed i Comuni, con il contributo delle famiglie. Se la famiglia non sia in grado di pagare in parte o totalmente la retta, interviene il fondo sociale, erogato ai Comuni, attingendo ai fondi regionali vincolati per tale finalità.

Scuola dell’Infanzia

La Scuola dell’Infanzia Statale e quella Comunale costituiscono il livello di Istruzione cui hanno diritto tutti/e i bambini e le bambine di età compresa tra i 3 e i 6 anni presenti sul territorio nazionale. Nel caso in cui si verifichinio le condizioni per il passaggio allo Stato delle sezioni di Scuola dell’infanzia comunale, vengono trasferite allo Stato le relative spese di funzionamento nonché il personale. L’inquadramento del personale nei ruoli statali sarà disciplinato da una specifica sessione negoziale tra l’ARAN e i sindacati di categoria del comparto scuola, sulla base del principio del mantenimento delle mansioni e dei livelli stipendiali in godimento, salva la possibilità di trattamenti di maggior favore.

Il terzo anno della Scuola dell’Infanzia rientra nell’obbligo scolastico.

Gli organici della scuola dell’infanzia prevedono due docenti contitolari e corresponsabili per ogni classe, con almeno 10 ore di compresenza sulle 40 settimanali di frequenza previste (elevabili fino a 50 per esigenze familiari certificate). Una delle 24 ore di servizio di ogni docente viene destinata alla progettazione didattica collegiale.

Scuola Primaria

Prevede due modalità organizzative, una modulare di 30 ore e l’altra a tempo pieno di 40 ore, con tre docenti ogni due classi a modulo e due docenti per ogni classe a tempo pieno. Essi/e operano collegialmente ed utilizzano le compresenze (almeno tre ore settimanali per ogni classe a modulo ed almeno quattro ore settimanali per ogni classe a tempo pieno) per favorire l’arricchimento del percorso formativo ed il recupero delle situazioni di svantaggio.

Scuola secondaria di primo grado

La Scuola secondaria di primo grado offre due modelli didattici, uno a 30 e uno a 36 ore, fatte salve le sperimentazioni a 40 ore. Nella proposta di legge, considerate le difficoltà di questo segmento di scuola, è prevista l’opportunità di sperimentazioni che permettano, in prospettiva, l’unificazione tra Scuola Primaria e Scuola secondaria di primo grado.

Scuola secondaria di secondo grado

La Scuola secondaria di secondo grado è articolata in un Biennio Unitario ed in un Triennio di Indirizzo.

Il biennio unitario, caratterizzato da una forte impostazione laboratoriale, è costituito da un curricolo di base di 26 ore uguale in tutti gli Istituti Superiori, a cui si aggiungono 6 ore di orientamento, che offrono agli allievi/e un primo approccio alle discipline e ai saperi che caratterizzano gli indirizzi presenti nell’istituto prescelto.

Il Triennio di Indirizzo prevede 7 macro-aree (ognuna con un proprio numero di ore curricolari settimanale, fino ad un massimo di 32): Artistica, Classica, Linguistica, Musicale, Scientifica, Tecnico-Professionale e Umanistica. Il diploma conseguito ha valore legale e dà accesso a tutti i livelli successivi di Istruzione e Formazione ed al mondo del lavoro.

 

Percorsi Studio-Lavoro

Nel corso del triennio di indirizzo al fine di agevolare le scelte professionali future mediante la conoscenza diretta dell’impresa, degli enti amministrativi, dell’università e della ricerca, le Scuole Secondarie di secondo grado di tutte le macro-aree possono organizzare percorsi studio-lavoro con finalità formative e di orientamento. Tali percorsi possono prevedere sia l’intervento di esperti in aula (in orario curricolare e in compresenza con i/le docenti), sia l’inserimento del singolo allievo/a nella realtà di lavoro e di ricerca convenzionata. Hanno una durata compresa tra le due e le tre settimane e si effettuano nel corso dell’anno scolastico.

L’organizzazione o meno dei percorsi studio-lavoro è a discrezione collegiale delle scuole; la frequenza da parte dello studente è obbligatoria solo per le attività che svolgono nell’ambito scolastico.

 

Alle esposizioni seguono alcuni interventi da pubblico, che esprimono in linea generale e secondo prospettive diverse consenso e suggerimenti nei confronti delle due iniziative; i presenti si esprimono per alzata di mano il proprio assenso a che la raccolta unitaria abbia luogo.

 

Roma, ottobre 2017

 

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