Miguel Gotor
Il 3 ottobre in Commissione cultura ho votato contro il parere presentato dalla maggioranza sul Def per quanto riguarda la SCUOLA, L'UNIVERSITÀ' E I BENI CULTURALI. A nome di Articolo uno-Mdp ho illustrato questo parere alternativo nel quale ci riconosciamo. Buona lettura
PARERE ALTERNATIVO
presentato dal Gruppo ARTICOLO 1-MDP
La 7a Commissione,
esaminata la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2017 (Doc. LVII, n. 5-bis), in particolare per le parti e le materie di competenza;
considerato che:
• la Nota di aggiornamento al DEF 2017 in esame, rivede le previsioni economiche contenute nel DEF presentato al Parlamento nell’aprile scorso;
• alla luce di una lieve ripresa della crescita, la Nota di aggiornamento sottolinea come la manovra di bilancio 2018 che sarà a breve presentata alle Camere, avrà caratteri espansivi rispetto a quelli previsti nel DEF di aprile, rivedendo al rialzo le previsioni formulate dal medesimo DEF. Si stima per il 2017 una crescita del PIL dell'1,5 per cento, rispetto alla crescita all’1,1 per cento precedentemente indicata dal DEF 2017;
• un miglioramento di PIL trascinato dalla crescita, ben maggiore, che si sta registrando a livello internazionale e in ambito UE. La stessa Nota riporta come il nostro ritmo di crescita rimane al di sotto dei principali partner europei;
• una maggiore disponibilità complessiva di risorse conseguente alla crescita del PIL, che il Governo, alla luce della Nota di aggiornamento, non sceglie di finalizzare almeno in quota parte al settore della scuola e dell’Università;
• le proiezioni delle risorse per la scuola dal 2020 al 2070 riportate nella Nota di aggiornamento, mostrano come dette risorse in rapporto al PIL, si mantengono sostanzialmente inalterate negli anni futuri, oscillando tra il 3,1 e il 3,4 per cento. Non si prevede quindi alcun reale investimento nel settore;
• la Nota si colloca in perfetta continuità con le politiche finora seguite dall’Esecutivo in materia di scuola, università, ricerca e cultura;
• la realtà è che ben poco si è fatto, e si promette di fare, per affrontare con maggiore determinazione il superamento definitivo della precarietà̀ in ambito scolastico sin dalla prossima legge di bilancio, attraverso la stabilizzazione di tutti i posti di lavoro, anche del personale ATA, di cui la scuola ha assolutamente bisogno per poter svolgere efficacemente il suo servizio;
• è indispensabile procedere al rinnovo dei contratti della scuola e del pubblico impiego tutto, con lo stanziamento di adeguate risorse finanziarie che consentano un aumento sensibile delle retribuzioni, così come è necessario superare definitivamente il sistema delle reggenze;
• il documento in esame, non va oltre una generica disamina dei principali provvedimenti e iniziative adottate dal Governo in materia di scuola, università e beni culturali;
• esso dà conto dell’attuazione di provvedimenti negativi per il mondo della scuola, a partire dalla legge n. 107 del 2015, emanata contro il parere della gran parte del mondo della scuola e, comunque, senza dare riscontro alle numerose voci che reclamano il rinnovo del contratto collettivo nazionale degli insegnanti;
• la Nota pone in luce positiva i decreti legislativi di attuazione della legge n. 107/2015, i quali viceversa costituiscono un pesante arretramento del finanziamento della scuola pubblica nei riguardi dei quali a suo tempo ho già espresso in questa sede parere prevalentemente contrario;
• a luglio sono stati firmati due decreti per la realizzazione di edifici scolastici innovativi e il riparto di 150 milioni per la realizzazione di Poli per l’infanzia previsti dal decreto legislativo relativo all’introduzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai sei anni. Un decreto legislativo, quest’ultimo, che in realtà stanzia risorse irrisorie, e nel quale manca un obiettivo temporale definito entro il quale completare il Sistema integrato di educazione e di istruzione 0-6 anni. La realizzazione del Sistema integrato viene di fatto subordinato a una progressività delle risorse finanziarie e umane disponibili. L’inadeguatezza di questo decreto attuativo emerge ancora di più alla luce della situazione del nostro Paese, che mostra come sia sempre più indispensabile rafforzare il ruolo pubblico per quello che riguarda i servizi educativi e scolastici per l'infanzia, e questo è ancora di più necessario in una perdurante fase di crisi economica e sociale. Uno dei problemi strutturali dell’Italia è infatti l’evidente carenza di strutture per l’infanzia e di asili nido comunali, e un quadro avvilente in fatto di welfare, con alti costi e forti disparità nell’offerta tra le diverse aree del Paese;
• ulteriori criticità sono rinvenibili anche nel decreto legislativo attuativo della legge 107/2015, relativo alla “promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità”. Un decreto che non definisce i "livelli essenziali delle prestazioni scolastiche, sanitarie e sociali", che sono invece necessari per garantire uniformi prestazioni sul territorio nazionale. L’obiettivo dell'”inclusione”, e il ruolo centrale svolto dalle scuole statali nei processi di inclusione, rischia sempre più di essere messo in discussione, e l’impoverimento che ha subito la scuola pubblica, con anni di tagli al personale ATA e alle risorse, vede in questo decreto legislativo una sua sostanziale conferma. Non è previsto alcuno stanziamento di risorse;
• la Nota di aggiornamento inoltre, non solo esalta l’istituto dell’alternanza scuola-lavoro, ma presenta come fiore all’occhiello persino la sperimentazione della scuola superiore a quattro anni, ipotesi giustamente criticata da numerosi e autorevoli docenti e intellettuali;
• riguardo all’edilizia scolastica, la Nota di aggiornamento, ricorda come con il D.L. n. 50/2017 (cd. “manovrina”) sono stati, tra l’altro, assegnati al MIUR 64 milioni nel 2017, 118 milioni nel 2018, 80 milioni nel 2019 e 44,1 milioni nel 2020, da attribuire alle Province e alle Città metropolitane per il finanziamento degli interventi in materia di edilizia scolastica;
• anche in questo caso, siamo di fronte a cifre esigue messe a disposizione per tutte le province e città metropolitane;
• anche per il comparto dell’Università, non si intravede nella Nota di aggiornamento al DEF, alcun cambio di passo, indispensabile laddove le politiche di austerità poste in essere per far fronte alla crisi economica, hanno determinato in questi anni tagli ingenti che hanno finito per soffocare il settore della Cultura, motore di sviluppo di ogni Paese, e il campo dell’Università, della ricerca e dell’innovazione. Non c’è alcun incremento significativo delle risorse finalizzate a finanziare il sistema di Istruzione e Ricerca e consentire il rilancio dell’Università pubblica, gravemente penalizzati da troppi anni di tagli;
• nulla si dice della crisi delle università del Meridione d’Italia. Come peraltro ben evidenziato dal professor Gianfranco Viesti, il finanziamento basato su esasperati meccanismi competitivi ha avviato un circolo vizioso, tale per cui poche grandi università del Nord conservano finanziamenti stabili, mentre quelle del Meridione dal 2008 a oggi hanno perso un quarto del loro finanziamento ordinario, dando così luogo a un esodo di studenti da Sud a Nord (si consideri, per esempio, che il 25 per cento degli studenti residenti in Sicilia che si immatricolano all’università lo fanno in atenei fuori regione);
• L’ultimo report dell’OCSE, “Uno sguardo sull’istruzione 2017”, ha evidenziato come il nostro Paese registra appena il 18% di laureati, contro il 37% della media nella zona OCSE. Peggio di noi solo il Messico. Nel 2016 solamente il 64% dei laureati compresi tra i 25 e i 34 anni ha trovato un lavoro. Le iscrizioni all’Università sono calate in questi ultimi anni, e secondo il Rapporto Anvur (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca) sullo stato del sistema universitario del 2016, circa il 42% degli studenti abbandona, il 12% in più della media UE. Queste criticità, inevitabilmente, si acuiscono fortemente nelle regioni del Mezzogiorno;
• a questo si aggiunga la legittima rivendicazione di questi mesi dei professori universitari e dei ricercatori volte ad ottenere che le classi e gli scatti stipendiali bloccati nel quinquennio 2011-2015, vengano sbloccati dal 1 gennaio 2015, anziché, come è attualmente dal 1 gennaio 2016. Una rivendicazione che in questa Nota di aggiornamento al DEF non trova spazio. Non viene previsto alcuno stanziamento di risorse, anche se è stato lo stesso sottosegretario per l'Istruzione l'università e la ricerca che, il 22 settembre scorso, in risposta all’interpellanza Laforgia ed altri, n. 2-01934, ha dichiarato che <<si tratta di importi che necessitano di una copertura che determinerà comunque riflessi sui saldi di bilancio e per la quale è necessario individuare i margini che possono essere prospettati in vista della prossima legge di bilancio per il 2018. Si può assicurare sin d'ora che in sede di legge di bilancio verrà effettuato ogni sforzo da parte di questa amministrazione volto ad incrementare i finanziamenti alle università e alla ricerca.>>;
• la Nota di aggiornamento al DEF infine, non indica risorse espressamente programmate per la cultura, nella parte relativa sia alla tutela, sia alla valorizzazione e che, per esempio, non si prevedono risorse per la promozione della lettura, laddove invece nel disegno di legge, poi approvato, sulla concorrenza sono presenti disposizioni chiaramente dannose per il patrimonio culturale italiano, come quella sull’autocertificazione del valore dei beni culturali mobili ai fini dell’esportazione, come ho denunciato in aula a suo tempo;
• alla luce di una lieve ripresa della crescita, la Nota di aggiornamento sottolinea come la manovra di bilancio 2018 che sarà a breve presentata alle Camere, avrà caratteri espansivi rispetto a quelli previsti nel DEF di aprile, rivedendo al rialzo le previsioni formulate dal medesimo DEF. Si stima per il 2017 una crescita del PIL dell'1,5 per cento, rispetto alla crescita all’1,1 per cento precedentemente indicata dal DEF 2017;
• un miglioramento di PIL trascinato dalla crescita, ben maggiore, che si sta registrando a livello internazionale e in ambito UE. La stessa Nota riporta come il nostro ritmo di crescita rimane al di sotto dei principali partner europei;
• una maggiore disponibilità complessiva di risorse conseguente alla crescita del PIL, che il Governo, alla luce della Nota di aggiornamento, non sceglie di finalizzare almeno in quota parte al settore della scuola e dell’Università;
• le proiezioni delle risorse per la scuola dal 2020 al 2070 riportate nella Nota di aggiornamento, mostrano come dette risorse in rapporto al PIL, si mantengono sostanzialmente inalterate negli anni futuri, oscillando tra il 3,1 e il 3,4 per cento. Non si prevede quindi alcun reale investimento nel settore;
• la Nota si colloca in perfetta continuità con le politiche finora seguite dall’Esecutivo in materia di scuola, università, ricerca e cultura;
• la realtà è che ben poco si è fatto, e si promette di fare, per affrontare con maggiore determinazione il superamento definitivo della precarietà̀ in ambito scolastico sin dalla prossima legge di bilancio, attraverso la stabilizzazione di tutti i posti di lavoro, anche del personale ATA, di cui la scuola ha assolutamente bisogno per poter svolgere efficacemente il suo servizio;
• è indispensabile procedere al rinnovo dei contratti della scuola e del pubblico impiego tutto, con lo stanziamento di adeguate risorse finanziarie che consentano un aumento sensibile delle retribuzioni, così come è necessario superare definitivamente il sistema delle reggenze;
• il documento in esame, non va oltre una generica disamina dei principali provvedimenti e iniziative adottate dal Governo in materia di scuola, università e beni culturali;
• esso dà conto dell’attuazione di provvedimenti negativi per il mondo della scuola, a partire dalla legge n. 107 del 2015, emanata contro il parere della gran parte del mondo della scuola e, comunque, senza dare riscontro alle numerose voci che reclamano il rinnovo del contratto collettivo nazionale degli insegnanti;
• la Nota pone in luce positiva i decreti legislativi di attuazione della legge n. 107/2015, i quali viceversa costituiscono un pesante arretramento del finanziamento della scuola pubblica nei riguardi dei quali a suo tempo ho già espresso in questa sede parere prevalentemente contrario;
• a luglio sono stati firmati due decreti per la realizzazione di edifici scolastici innovativi e il riparto di 150 milioni per la realizzazione di Poli per l’infanzia previsti dal decreto legislativo relativo all’introduzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai sei anni. Un decreto legislativo, quest’ultimo, che in realtà stanzia risorse irrisorie, e nel quale manca un obiettivo temporale definito entro il quale completare il Sistema integrato di educazione e di istruzione 0-6 anni. La realizzazione del Sistema integrato viene di fatto subordinato a una progressività delle risorse finanziarie e umane disponibili. L’inadeguatezza di questo decreto attuativo emerge ancora di più alla luce della situazione del nostro Paese, che mostra come sia sempre più indispensabile rafforzare il ruolo pubblico per quello che riguarda i servizi educativi e scolastici per l'infanzia, e questo è ancora di più necessario in una perdurante fase di crisi economica e sociale. Uno dei problemi strutturali dell’Italia è infatti l’evidente carenza di strutture per l’infanzia e di asili nido comunali, e un quadro avvilente in fatto di welfare, con alti costi e forti disparità nell’offerta tra le diverse aree del Paese;
• ulteriori criticità sono rinvenibili anche nel decreto legislativo attuativo della legge 107/2015, relativo alla “promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità”. Un decreto che non definisce i "livelli essenziali delle prestazioni scolastiche, sanitarie e sociali", che sono invece necessari per garantire uniformi prestazioni sul territorio nazionale. L’obiettivo dell'”inclusione”, e il ruolo centrale svolto dalle scuole statali nei processi di inclusione, rischia sempre più di essere messo in discussione, e l’impoverimento che ha subito la scuola pubblica, con anni di tagli al personale ATA e alle risorse, vede in questo decreto legislativo una sua sostanziale conferma. Non è previsto alcuno stanziamento di risorse;
• la Nota di aggiornamento inoltre, non solo esalta l’istituto dell’alternanza scuola-lavoro, ma presenta come fiore all’occhiello persino la sperimentazione della scuola superiore a quattro anni, ipotesi giustamente criticata da numerosi e autorevoli docenti e intellettuali;
• riguardo all’edilizia scolastica, la Nota di aggiornamento, ricorda come con il D.L. n. 50/2017 (cd. “manovrina”) sono stati, tra l’altro, assegnati al MIUR 64 milioni nel 2017, 118 milioni nel 2018, 80 milioni nel 2019 e 44,1 milioni nel 2020, da attribuire alle Province e alle Città metropolitane per il finanziamento degli interventi in materia di edilizia scolastica;
• anche in questo caso, siamo di fronte a cifre esigue messe a disposizione per tutte le province e città metropolitane;
• anche per il comparto dell’Università, non si intravede nella Nota di aggiornamento al DEF, alcun cambio di passo, indispensabile laddove le politiche di austerità poste in essere per far fronte alla crisi economica, hanno determinato in questi anni tagli ingenti che hanno finito per soffocare il settore della Cultura, motore di sviluppo di ogni Paese, e il campo dell’Università, della ricerca e dell’innovazione. Non c’è alcun incremento significativo delle risorse finalizzate a finanziare il sistema di Istruzione e Ricerca e consentire il rilancio dell’Università pubblica, gravemente penalizzati da troppi anni di tagli;
• nulla si dice della crisi delle università del Meridione d’Italia. Come peraltro ben evidenziato dal professor Gianfranco Viesti, il finanziamento basato su esasperati meccanismi competitivi ha avviato un circolo vizioso, tale per cui poche grandi università del Nord conservano finanziamenti stabili, mentre quelle del Meridione dal 2008 a oggi hanno perso un quarto del loro finanziamento ordinario, dando così luogo a un esodo di studenti da Sud a Nord (si consideri, per esempio, che il 25 per cento degli studenti residenti in Sicilia che si immatricolano all’università lo fanno in atenei fuori regione);
• L’ultimo report dell’OCSE, “Uno sguardo sull’istruzione 2017”, ha evidenziato come il nostro Paese registra appena il 18% di laureati, contro il 37% della media nella zona OCSE. Peggio di noi solo il Messico. Nel 2016 solamente il 64% dei laureati compresi tra i 25 e i 34 anni ha trovato un lavoro. Le iscrizioni all’Università sono calate in questi ultimi anni, e secondo il Rapporto Anvur (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca) sullo stato del sistema universitario del 2016, circa il 42% degli studenti abbandona, il 12% in più della media UE. Queste criticità, inevitabilmente, si acuiscono fortemente nelle regioni del Mezzogiorno;
• a questo si aggiunga la legittima rivendicazione di questi mesi dei professori universitari e dei ricercatori volte ad ottenere che le classi e gli scatti stipendiali bloccati nel quinquennio 2011-2015, vengano sbloccati dal 1 gennaio 2015, anziché, come è attualmente dal 1 gennaio 2016. Una rivendicazione che in questa Nota di aggiornamento al DEF non trova spazio. Non viene previsto alcuno stanziamento di risorse, anche se è stato lo stesso sottosegretario per l'Istruzione l'università e la ricerca che, il 22 settembre scorso, in risposta all’interpellanza Laforgia ed altri, n. 2-01934, ha dichiarato che <<si tratta di importi che necessitano di una copertura che determinerà comunque riflessi sui saldi di bilancio e per la quale è necessario individuare i margini che possono essere prospettati in vista della prossima legge di bilancio per il 2018. Si può assicurare sin d'ora che in sede di legge di bilancio verrà effettuato ogni sforzo da parte di questa amministrazione volto ad incrementare i finanziamenti alle università e alla ricerca.>>;
• la Nota di aggiornamento al DEF infine, non indica risorse espressamente programmate per la cultura, nella parte relativa sia alla tutela, sia alla valorizzazione e che, per esempio, non si prevedono risorse per la promozione della lettura, laddove invece nel disegno di legge, poi approvato, sulla concorrenza sono presenti disposizioni chiaramente dannose per il patrimonio culturale italiano, come quella sull’autocertificazione del valore dei beni culturali mobili ai fini dell’esportazione, come ho denunciato in aula a suo tempo;
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