Finalmente monta la protesta nel PD romano.
Dopo la sconfitta del referendum, ma soprattutto dopo le innumerevoli prove di inadeguatezza e di scarsa visione politica dimostrata dalla direzione del partito a S.Andrea delle Fratte con a capo il "giovane turco" Orfini il quale, evidentemente per il fatto di essere turco, non capisce la realtà di Roma. Dopo avere sbagliato tutto, mandando a casa l'incolpevole Marino reo di non essersi consegnato al malaffare imperante del PD romano, e aver letteralmente regalato il Campidoglio e tutti i Municipi, meno due, al M5S , questo piccolo funzionario di partito , servitore fedele del rampante toscano, temporaneamente a riposo, continua a non capire Roma e i mali che l'affliggono. E allora finalmente c'è qualcuno che dice basta .E non è un qualcuno qualsiasi: sono militanti ,ex presidenti di municipio, consiglieri , ex iscritti che hanno sottoscritto il documento che pubblichiamo di seguito e che si sono auto-convocati per un incontro pubblico (e una conta aggiungiamo noi maliziosamente) che si è svolto ieri a Piazza di Santa Chiara.
Era ora E siamo solo agli inizi.
D.F.
Che ora è? È l’ora del nuovo Partito Democratico di Roma.
Documento / Roma, Piazza di Santa Chiara, 13 dicembre 2016
Documento / Roma, Piazza di Santa Chiara, 13 dicembre 2016
- #Roma, ecco chi siamo.
Siamo donne e uomini che hanno vissuto in prima persona l’esperienza di governo della città, a partire dai consigli municipali, un’esperienza breve e sofferta, ma comunque piena di passione civile e politica che abbiamo il timore oggi si voglia disperdere e cancellare.
Siamo quei cittadini che hanno fondato con entusiasmo il Partito Democratico a Roma, nel proprio quartiere, e che oggi, a distanza di quasi dieci anni, pensano che quel progetto a Roma si sia appannato e rischi di andare perduto. Siamo iscritti, militanti, segretari di circolo, consiglieri municipali, ma anche ex iscritti che hanno smarrito quell’entusiasmo a causa di un partito che si è fatto via via più chiuso e asfittico.
Siamo quelli che provano ancora a tenere aperto e vivo un circolo o a organizzare iniziative politiche, nell’indifferenza, se non anche con l’ostilità, dei notabili del Pd o delle regole non scritte di un commissariamento romano che è diventato nei mesi, umiliante.
Siamo donne e uomini impegnati nella società, nel mondo del lavoro, delle professioni, del volontariato, della promozione sociale e delle reti civiche romane che hanno creduto nel rinnovamento della classe dirigente cittadina del Pd quando governava Alemanno e che oggi, dopo due anni di commissariamento del Partito, tornato nuovamente all’opposizione in città, si sentono esangui e pensano che l’unico antidoto allo stato attuale sia una riscossa dei territori e della partecipazione della città attiva alla politica.
Siamo elettori attenti e impazienti, che sentono il bisogno di una nuova motivazione per ritrovare le ragioni a una partecipazione collettiva per contribuire a realizzare le condizioni di una nuova stagione di governo del centrosinistra a Roma.
- E’ #ora. Perché?
Perché oggi ci vuole coraggio a dichiararsi del Partito Democratico.
Veniamo costantemente umiliati, e ci sentiamo, per il punto a cui è giunto il Pd romano e Roma, in mano a una Giunta che alterna l’immobilismo alla restaurazione della nomenclatura della peggiore destra italiana e romana.
Ci chiediamo quanta pazienza dovremo avere ancora noi e i cittadini romani.
E’ una domanda franca e sincera che ci sentiamo di rivolgere a ciascuno, pensando che sia passato già abbastanza tempo dalla sconfitta che abbiamo subito a Roma e che è ora di organizzare la nostra passione e le nostre idee.
Riteniamo che sia ormai maturo il tempo per intraprendere un confronto aperto e costruttivo, che possa guardare al futuro di Roma e del nostro impegno politico.
Un confronto aperto: a tutto il nostro elettorato, a chi ci ha sostenuto anche nell’ultima campagna elettorale, con entusiasmo e abnegazione, a quanti ci hanno votato riconoscendo il nostro impegno per la città, ma anche a quanti hanno deciso di non votarci per dare un segnale ancora più forte: la necessità di una rigenerazione del Partito Democratico a Roma.
Non possiamo più abusare della pazienza degli uni e degli altri. Di chi si ritrova in un circolo del Pd ma è sempre più smarrito, dei nostri elettori più affezionati, che dopo la disfatta attendono una nuova chiamata, una nuova speranza.
Ma la nostra missione è anche non lasciare al loro destino la maggioranza dei romani, che dopo la proclamazione della nuova sindaca ha sperato in un cambiamento, ma già guarda con disincanto ai primi mesi di governo della città da parte del Movimento Cinque Stelle.
E poi un confronto costruttivo: perché occorre ripensare il centrosinistra a Roma.
Troppo a lungo abbiamo vissuto nel solco delle migliori esperienze di governo di centrosinistra avviate dal 1993. Si pensava che non si potesse perdere mai, così nel 2008 abbiamo consegnato la città alla peggiore destra italiana. Poi abbiamo creduto che riconquistato il governo della città avremmo amministrato senza intoppi.
Invece è stato un calvario, continuo.
Smarrendo la coerenza, si perdono in un solo colpo credibilità ed elezioni.
Il Pd a Roma è passato in poche settimane dalla difesa ad oltranza della Giunta Marino alla sua defenestrazione. La fibrillazione continua nei due anni di governo capitolino e la sconfitta di Roma hanno di certo più di una ragione. Per questo dovremmo indagare meglio, riflettere di più e impedire che si glissi sulle ragioni delle difficoltà di governo e di una sconfitta annunciata, ampiamente prevedibile.
Le elezioni primarie di marzo per la scelta del candidato Sindaco erano già state un campanello d’allarme evidente, cui il Partito Democratico ha risposto pasticciando sui dati della partecipazione e insultando quanti avevano deciso di non partecipare.
L’esatto opposto dello spirito con cui abbiamo fondato nel 2007 il nostro Partito.
Non è sano rimanere di fronte a una sconfitta che si vuole lasciare senza padri né ragioni.
L’assoluta assenza di un dibattito cittadino sulle ragioni della sconfitta di giugno 2016, confermata nel referendum costituzionale del 4 dicembre, è sintomatica della situazione di insostenibile abulia in cui si trova il Pd di Roma.
- É l’ora di un congresso, #ri-costituente.
Sappiamo che il commissariamento del Pd Roma è già finito. Eppure nessuno lo dice.
Chi lo cela volutamente per protrarlo il più a lungo possibile per tornaconti di bottega, come chi sembra in preda all’afasia in attesa che gli eventi facciamo fatalmente il loro corso. Raramente un problema si risolve da sé. Dopo quello che è accaduto solo negli ultimi due anni di vita pubblica della città il conformismo o le piccole furbizie non ci porteranno fuori dalla situazione che viviamo.
É dunque urgente riorganizzare il PD di Roma.
Non ci sfugge la complessa situazione nazionale, ma crediamo che la riorganizzazione del Partito a Roma non possa essere ancora una volta accantonata, subordinata a dinamiche nazionali. Viceversa, per la drammaticità della situazione romana, per l’importanza che riveste il rilancio della città e del PD della Capitale per lo stesso Paese, la questione romana è una priorità nazionale, che non può più essere sottovalutata.
Crediamo dunque che occorra convocare un congresso ri-costituente del Partito nella città. In modo trasparente, con regole condivise che possano incoraggiare la partecipazione aperta e genuina e che coinvolga davvero la città.
Queste regole possono essere fatte solo da una commissione per il congresso originale e rappresentativa dei territori. Stiamo vivendo invece il paradosso dove il notabilato del Partito, additato agli albori dell’inchiesta di Mafia Capitale come il male da estirpare, oggi è rimasto l’unico interlocutore del Commissario Orfini nel deserto che egli stesso ha creato.
Le correnti sono divenute il sinonimo di meri interessi personali o peggio di malaffare. Certo, se sono solo congreghe di fedelissimi o affiliati a un nome e cognome, senza alcun carattere ideale e alternativo tra loro. Senza alcun significato se non quello della ricerca del potere. Allora, mentre qualche capocorrente il giorno annuncia di voler sciogliere la sua corrente, mentre la sera ne riannoda i fili, in una sorta di tela di Penelope al contrario, fuori da ogni ipocrisia noi invece riconosciamo che in un grande partito plurale è legittimo e forse fisiologico che vi siano correnti. ma queste devono caratterizzarsi per diversità di pensiero, sensibilità, strategie politiche. Ecco vorremmo che nel congresso di Roma le correnti ci fossero ma per confrontarsi su idee diverse per la città, strategie anche alternative su come evitare il declino di Roma e prospettarne un rilancio come avvenne dopo tangentopoli nel 1992.
Un congresso per tesi e programmi per costruire la base del governo e dell’opposizione nei Municipi e al Campidoglio, in cui si discuta delle idee, in cui si possa parlare alla città, esprimendosi e costruendo rapporti interni al Pd diversi da quelli di potere e di sola convenienza. In cui si adottino votazioni palesi, perché in politica ci si divide sulle opinioni, con il coraggio di difendere apertamente le proprie in una discussione pubblica e cercare punti d’incontro e mediazioni.
Per essere più forti.
Non ne possiamo più di quelle file di cittadini chiamati a raccolta per votare il segretario della federazione, in assemblee senza dibattito in cui l’unico interesse è per gli esiti della conta a scrutinio segreto.
- É ora di ricostruire un Partito #autonomo, una nuova alleanza e una nuova di classe dirigente.
Il vuoto di iniziativa politica del Pd romano sta facendo arretrare la convivenza democratica e civile nella nostra città dove invece nascono, nonostante tutto, ancora esperienze sociali di rilievo nazionale, dove sono sempre in fermento passioni civili, dove c’è bisogno di rappresentare una stagione nuova.
E’ sconvolgente che il centrosinistra tutto non abbia più un popolo e che riesca ad affermarsi solo nei quartieri centrali della città.
Ovunque in periferia la nostra bandiera è lacera o ammainata, dunque alla mercè di qualsiasi notabile di quartiere.
Vogliamo da subito mettere in campo azioni su cui far convergere il nostro impegno, mobilitare i nostri circoli e i cittadini, per evitare di dover fare l’opposizione in modo banale, difendere d’ufficio quanto abbiamo fatto durante il mandato anzitempo concluso od ostentare una presunta superiorità, tutta da dimostrare.
Fuori da ogni retorica, ora è il momento di ridare al Pd di Roma la normalità dopo un commissariamento che ha fatto deperire la risorsa vitale della nostra formazione politica: l’attivismo degli iscritti e il coinvolgimento della città.
Partecipazione che può restituire la “giusta” autonomia al Pd di Roma.
Giusta per riconquistare due fattori necessari alla nostra riscossa: riguadagnare l’autorevolezza persa verso la città, ovvero saper costruire e organizzare un’alternativa di governo originale e efficace a partire dal fronte dei democratici e progressisti, e poi tramutare una moltitudine in una capacità di governo credibile mutuando e valorizzando le migliori esperienze di governo locale, dai municipi in cui il centrosinistra governa all’esempio della Regione Lazio.
Un’autonomia che sia capace di unire le esperienze sociali e la passione civile che richiede, come vogliamo, un radicale cambiamento di Roma.
Dobbiamo essere in grado di offrire ai romani l’occasione di un luogo per elaborare un ambizioso progetto di città e di selezionare una classe dirigente in grado di attuarlo.
Ridare autonomia al Pd di Roma è anche l’unica possibilità che abbiamo per poter essere i portatori degli interessi legittimi dei romani verso il Paese, verso il Parlamento e il Governo. A partire dalla riforma dell’amministrazione della nostra città. Rischiamo di ritrovarci, presto o tardi, a discettare su quale sia il miglior candidato a sindaco di Roma. Prima del nome, questa volta, vogliamo ricostruire quella forza politica popolare che permette, anche al governo e non solo all’opposizione, di mantenere un rapporto autentico e diretto con la società e il territorio.
- #Roma, è ora.
Dobbiamo promuovere una riforma profonda dell’assetto istituzionale della Capitale e della sua struttura amministrativa, allo stato attuale obsoleta e inefficace, a prescindere da chi può rappresentarla per conto dei romani, con maggiore o minore capacità.
Ad oggi il problema è che i sindaci della città devono, per sopravvivere, con ogni loro forza adoperarsi a politiche simboliche, a scapito delle politiche reali. Lo streaming, i video messaggi, le auto blu, non hanno nessuna ricaduta sulla qualità della vita dei cittadini. I Municipi della città, al contrario, si scontrano ogni giorno con problemi che dipendono da strutture centrali dell’amministrazione, che raramente interessano l’agenda del sindaco o della Giunta. Con la sindaca Raggi questo tema mostra e mostrerà ancora di più in seguito, il suo apice. Mentre si riducono le corse degli autobus, in Campidoglio la Giunta discute di nomine; mentre gli alunni con disabilità non hanno il sostegno per il proprio diritto allo studio, l’Assemblea Capitolina si priva delle auto di servizio; mentre le strade si riempiono di spazzatura, si fanno finti blitz a beneficio dei social network negli impianti Ama.
Temi e azioni che, al di fuori di ogni polemica, segnano l’inadeguatezza di chi governa la città, ma anche la necessità di dover innovare profondamente gli strumenti a disposizione degli amministratori per far fronte ai bisogni della città.
Occorre una nuova legge per Roma, smettendo di pietire risorse da Parlamento e Governo, rivendicando invece la necessità di definire con certezza funzioni e competenze, chiare, non sovrapposte, misurabili, ripartite in modo intelligente tra Città Metropolitana, Comune, Municipi e Regione con un Comune che sempre più si identifichi con la Città Metropolitana ed i Municipi che diventino Comuni Metropolitani, semplificando l’assetto istituzionale e scommettendo sul decentramento amministrativo per far prendere gli impegni e le responsabilità al cospicuo numero di eletti della città di Roma e superare l’illogicità di un sindaco metropolitano eletto solo dai cittadini di Roma.
Rafforzare il decentramento vuol dire rafforzare la democrazia, per misurare proposte elettorali prima ed effettive responsabilità poi.
Rafforzare il decentramento significa dare un nuovo carisma e maggiore dinamicità alla Capitale d’Italia.
Chi se non il Pd di Roma deve porre una rinnovata “questione romana” nell’agenda politica del Paese?
E poi Roma è una città da riannodare e tenere insieme.
Dobbiamo stringere legami più forti tra il centro e le periferie della città, tra i giovani e gli anziani, tra i servizi e la richiesta di nuovi diritti che caratterizzano questa epoca, tra la vita di tutti i giorni e la speranza per il domani.
E perché riannodare Roma significa tenere insieme il Partito romano: la base, gli elettori e i gruppi dirigenti.
Non è possibile immaginare di nuovo la nostra città, senza ricostruire una grande rete di capacità e di passioni diffusa in tutti i territori. Una rete interessata a quello che gli succede attorno, non isolata o frammentata.
Questa è la missione del Pd di Roma: investire davvero nel capitale umano della città, farlo essere, e non solo sentire, attore protagonista di una sfida collettiva.
In una città che sembra allontanarsi sempre di più dalla sua comunità, le democratiche e i democratici di Roma dovranno scegliere di stare dalla parte della sostenibilità ambientale, della conoscenza, del welfare di comunità, della rigenerazione della città come bene pubblico e nella difesa dei beni comuni.
Il nuovo Partito Democratico di Roma sarà tale se saprà mettere in rete tutta la città possibile per vincere questa sfida.
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