23 gennaio 2017

IL REGALO INATTESO DI RENZI

Domani la sentenza Italicum, ma i Comitati vanno oltre: «Vogliamo una legge elettorale che garantisca la democrazia
 
di Donatella Coccoli
 



In attesa della sentenza della Corte Costituzionale di domani sull’Italicum, una risposta intanto è già arrivata. Non dai partiti né dal Governo visto che anche il premier Gentiloni auspica, dopo la sentenza della Consulta, una legge elettorale per Camera e Senato «che non sia troppo disarmonica», facendo capire che l’iter sarà alquanto complicato. No, la risposta è arrivata dai circa 750 comitati per il No al referendum che si sono incontrati sabato scorso a Roma in un’affollatissima assemblea con centinaia e centinaia di persone che sono arrivate da Nord a Sud della penisola, dalla Svizzera alla Sicilia. Uno dei dei punti su cui tutti sono stati d’accordo è stato proprio quello sulla legge elettorale.
Una rete permanente
La rete dei Comitati non si scioglie, anzi, rimane permanente e va avanti, appunto promuovendo una campagna sulla legge elettorale. «Subito dopo la sentenza, lanceremo una petizione popolare per chiedere una legge elettorale coerente con la Costituzione che per noi si basa su un modello proporzionale», dice Domenico Gallo, che fa parte del Comitato. Vada come vada la sentenza, sia nel caso fosse “riduttiva”, quindi con una parziale abrogazione (il ballottaggio al secondo turno) oppure invece “totalizzante” con la bocciatura integrale dell’Italicum sul quale, ricordiamo, pendono i ricorsi di 5 Tribunali (Messina, Torino, Genova, Trieste e Genova), la rete dei comitati si muoverà in modo autonomo dai partiti, cercando di influenzare in qualche modo le loro scelte.
Autonomia dalla politica
L’autonomia dalla politica ma allo stesso tempo un’azione fortemente politica. Ecco lo scenario in cui si muove il rinnovato coordinamento che ovviamente dovrà cambiare nome (forse si chiamerà “Per la democrazia costituzionale”). Dopo la legge elettorale al secondo punto della strategia futura c’è la partecipazione attiva alla campagna referendaria sui due quesiti promossi dalla Cgil sui voucher e la responsabilità negli appalti.
Chi sono, in carne e ossa, i cittadini dei comitati?
Molti sono cittadini delusi dalla politica, e che si sono riavvicinati a una mobilitazione collettiva grazie alla revisione costituzionale Renzi-Boschi. «Non votavo da dieci anni, ero deluso da tutti i partiti» ha detto qualcuno per spiegare il suo entusiasmo. Altri sono militanti delle forze di sinistra, dissidenti Pd, l’Altra Europa per Tsipras, Rifondazione comunista, Possibile. Poi ci sono sindacalisti, tanti insegnanti che hanno contestato duramente la Buona scuola, i soci di Libertà e Giustizia con il vicepresidente Tomaso Montanari che nel suo intervento ha ricordato come durante la campagna referendaria si sia ricostruito un «luogo di dibattito pubblico».


Poi ci sono loro, i costituzionalisti e i giuristi, che hanno dato via al Comitato “padre” a cui si sono rivolti gli altri locali, «nati spontaneamente», ci tiene a sottolineare Gallo, in tutta Italia. «Abbiamo fornito il logo, il materiale, ma sono indipendenti», dice. All’assemblea di sabato c’erano quasi tutti: il presidente Alessandro Pace con una coccarda tricolore sulla giacca, l’avvocato Felice Besostri che ha coordinato il pool di legali contro l’Italicum, i costituzionalisti Gaetano Azzariti, Massimo Villone, Andrea Pertici, l’avvocato Pietro Adami dei Giuristi democratici, Luigi Ferrajoli, grande filosofo del diritto. Qualche politico si vedeva qua e là ma la percezione era proprio quella che fosse un “ospite”: Nicola Fratoianni, Paolo Ferrero, Giovanni Russo Spena, Pancho Pardi, Francesco Campanella.
Rispetto della  Costituzione ma non solo
Lidia Menapace, infaticabile nei suoi 92 anni, ha lanciato l’idea di ripartire dalla festa del 2 giugno, facendo veramente festa, a cominciare dalla tradizione gastronomica, perché no? Sandra Bonsanti si è raccomandata di lasciarla stare per un po’ la Costituzione. Martina Carpani rappresentante degli Studenti per il No, ha scatenato l’entusiasmo dell’assemblea parlando con passione dell’urgenza di una lotta per il lavoro e per il diritto allo studio per i giovani. «La nostra non può essere solo una difesa della Costituzione in senso formale» ha detto tra gli applausi, incitando a una futura mobilitazione contro il pareggio in bilancio sancito dall’art.81, votato, ricordiamo, sotto il governo Monti. «Diamo poi centralità ai territori, non devono essere solo i professori il punto di riferimento», ha concluso Martina.
Un fenomeno nuovo
Nonostante le molte teste grigie di chi ha partecipato all’assemblea di sabato, si può dire che siamo di fronte a una partecipazione nuova, diffusa, senza etichette politiche,  mai vista prima. Sì, anche il Movimento per l’acqua aveva destato molto entusiasmo e partecipazione portando alla vittoria dei referendum del 2011, ma poi i comitati sorti, anche in questo caso spontaneamente, si sono a poco a poco spenti, diluiti nella “controffensiva” dei governi. In questo caso la posta in gioco è diversa, non si tratta di un problema specifico come quello dell’acqua pubblica. Si tratta di far rispettare la tutela della Costituzione, vale a dire, lottare a 360 gradi su un’ampia gamma di diritti, potremmo dire. Che ora possono essere quelli della reale partecipazione alla vita democratica mediante una legge elettorale che garantisca non solo la governabilità ma anche e soprattutto la rappresentanza oppure quelli del lavoro contro la precarietà e lo sfruttamento.
Un movimento di volontari senza alcun ombrello di partito, radicato nei territori, proteiforme, ora paladino di un tema ora di un altro. Sempre pronto a mobilitarsi. Una sentinella che non vuole tornare a casa dopo la vittoria, anzi, è più che mai determinata a rimanere sul campo a vigilare. Ecco il regalo involontario – e inatteso –  dell’ex presidente del Consiglio: l’aumento della partecipazione democratica

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