La storia dell’Italicum
Doveva rappresentare l’era del maggioritario a tutti i costi, con il nome del presidente del consiglio conosciuto già la sera stessa delle elezioni, alla faccia dei poteri del presidente della Repubblica che deve nominare lui il presidente del Consiglio. Doveva essere la legge elettorale per la sola Camera dei deputati, visto che si dava per spacciato il Senato. Due anni fa, nel renzismo imperante, non si pensava minimamente che la revisione costituzionale che pure era soggetta al referendum popolare, potesse essere bocciata dal popolo italiano. No, un’ipotesi assolutamente da scartare, prova di un atteggiamento “onnipotente” che ha caratterizzato il governo Renzi. Per questo motivo nell’Italicum non si è scritto nemmeno un articolo, una “postilla”, che tenesse conto anche di un eventuale No alla revisione costituzionale. Un piano B non è mai stato preso in considerazione.
Il comitato anti Italikum
Così ovviamente è scattata la reazione e si è messo subito al lavoro il comitato anti Italikum, chiamato così con la k per indicarne l’eccezionale incostituzionalità. L’ha sempre sostenuto l’avvocato Felice Besostri, il legale che era stato uno dei promotori, insieme ai colleghi Bozzi e Tani del ricorso contro il Porcellum, la legge elettorale voluta dal centrodestra e spazzata via dalla sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale. L’attività del Comitato anti Italikum ha mobilitato una ventina di Tribunali e alla fine alla Corte sono arrivati i ricorsi di cinque sedi : Messina, Trieste, Genova, Torino, Perugia e Genova. Ognuno ha sollevato eccezioni diverse.
I punti contestati
Messina contesta il premio di maggioranza e la sua soglia calcolata sui votati e non su aventi diritto. Il premio ricordiamo, per chi raggiunge al primo turno il 40% dei voti è di 340 seggi su 618. Torino chiede di cancellare il ballottaggio che non prevede soglie di accesso, né apparentamenti tra le liste. Quasi tutti bocciano le pluricandidature dei capilista che così possono scegliere, senza alcun vincolo, dove risultare eletti, alla faccia del diritto degli elettori di essere rappresentati. Secondo Besostri il fatto stesso che l’Italicum sia stato approvato con voto di fiducia dimostra la sua incostituzionalità. «Secondo l’art. 72 della nostra costituzione le leggi elettorali devono essere approvate con un procedimento normale. Invece in questo caso si è ricorso alla fiducia per approvare alcuni articoli della legge elettorale. Di fatto quindi per approvarla si è ricorso ad un escamotage che non è previsto dalla costituzione», aveva detto in una intervista a Left. Tra l’altro da ricordare che una legge elettorale approvata con voto di fiducia è stata approvata solo due volte in Italia: nel 1923, la legge Acerbo, e nel 1953, la cosiddetta “legge truffa”.
E adesso cosa accadrà?
Oggi il presidente del Senato Pietro Grasso ha auspicato che «Il Parlamento sappia riaffermare il proprio ruolo nei prossimi mesi». E tra le scadenze importanti che attendono le Camere c’è appunto la legge elettorale. Una legge “armonica” come ha sempre detto il presidente della Repubblica e anche lo stesso premier Gentiloni. A questo punto, dopo la sentenza della Corte Costituzionale, si potrebbe andare a votare anche con l’Italicum ridotto per la Camera e il Consultellum – il Porcellum ridotto – per il Senato. Certo, sarebbero due leggi basate su un sistema proporzionale. Ai Cinque stelle per esempio l’idea piace, visto che anche loro avevano presentato qualche anno fa il Democratellum. Chissà cosa accadrà alle“ voglie maggioritarie” di Renzi. Sabato prossimo ci sarà l’assemblea del Pd. Ma di sicuro già domani sapremo qualcosa.
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