18 febbraio 2017

scheda di sintesi del Rapporto OCSE sull'immigrazione in Italia


Immigrazione e globalizzazione nelle riflessioni dell’OCSE e di IDOS

Roma, 17 febbraio 2017

 

La presentazione a Roma, presso l’Associazione Stampa Estera, del rapporto che l’OCSE ha curato sulle prospettive delle migrazioni internazionali, ha offerto al Centro Studi e Ricerche IDOS di collocare i risultati delle sue ricerche nazionali nel contesto internazionale.

            Jonathan Chaloff dell’OCSE, nel riassumere gli aspetti più rilevanti del volume pubblicato a Parigi in inglese e francese sull’andamento riscontrato nei Paesi aderenti a questa Organizzazione,  ha posto in evidenza che nel 2016 sono emigrati in questi Paesi, per risiedervi stabilmente, 4 milioni e 800 mila persone, un livello superiore a quello rilevato negli anni precedenti la grande  crisi del 2008. Se mai ve ne fosse ancora bisogno, questo aumento sottolinea come le migrazioni costituiscano uno dei segni più caratteristici del mondo globalizzato, secondo le previsioni destinato a perdurare.

            In uno scenario così delineato Ugo Melchionda, presidente di IDOS, ha inserito le riflessioni sull’Italia, da considerare uno degli esempi più significativi del rapporto tra globalizzazione e migrazioni per diversi motivi.

            Il deficit demografico italiano è così elevato, per cui la popolazione residente, pur nella continua diminuzione degli italiani (nel 2015, tra gli italiani, le morti sono prevalse sulle nascite di 228.000 unità), sono gli stranieri ad aumentare per nascite sul posto (72.000) e arrivo dall’estero (250.000). I nuovi arrivi sono avvenuti  in prevalenza per motivi familiari e umanitari e meno per motivi di lavoro. Dall’inizio del secolo i cittadini stranieri sono cresciuti di oltre 3,5 milioni e lo faranno ancora: l’Istat ha previsto, tra il 2011 e il 2065, 18 milioni di ingressi dall’estero per mantenere inalterato il livello della popolazione a fronte del declino degli italiani, stranieri che arriveranno a incidere per un terzo sulla popolazione totale (attualmente l’incidenza è dell’8,3%).

            Le ragioni demografiche si intrecciano con quelle lavorative, anche se il dinamismo risulta rallentato. I lavoratori stranieri occupati sono diventati 2.350.000, aumentati di 65.000 unità nel corso di un anno ma non in misura tale da ridimensionare sostanzialmente la massa dei disoccupati stranieri (450.000).

            Anche i cittadini non comunitari sono diventati per lo più lungo soggiornanti (62,5), senza essere più costretti a lasciare l’Italia in caso di perdita del posto di lavoro. Ma non si tratta di una  massa di assistiti, tenuto conto che è maggiore l’apporto che essi assicurano al sistema fiscale italiano rispetto alle spese pubbliche sostenute a loro favore: il bilancio è di 2,2 miliardi a favore dell’Italia.

            Peraltro, diventa sempre più difficile una rigida suddivisione tra italiani e stranieri e sarebbe più corretto parlare di residenti di origine straniera. Si stima, infatti, che i cittadini italiani di origine straniera siano già oltre 1 milione e 150mila, dei quali 178.000 diventati tali nel 2015.

            Un altro aspetto fortemente legato alla globalizzazione è la provenienza dai più diversi Paesi del mondo (più di quanto avvenga in altri Paesi europei), con un protagonismo differenziato sia nel mercato occupazionale (dove i romeni sono la prima collettività) sia nell’ambito delle 550.000 imprese a gestione immigrata, dove la prima collettività è quella marocchina e la seconda è quella cinese, mentre i romeni sono solo terzi.

            Nel 2015, in ambito OCSE, sono stati 1 milione e 650mila i richiedenti asilo. Anche l’Italia è stata fortemente caratterizzata da questi flussi. Tra i 153.000 sbarcati sulle sue coste, spesso salvati dall’intervento delle navi italiane e di quelle comunitarie dell’Agenzia  del Frontex, sono stati in 83.540 a presentare domanda d’asilo. Tra i cittadini  presenti in Italia in provenienza da Mali, Gambia, Somalia, Nigeria, Costa d’Avorio, Ghana e Burkina Faso, la maggior parte lo è per ragioni di protezione umanitaria.

            Come riassumere i temi dell’incontro? Una presenza che non pone solo problemi, ma assicura dei vantaggi, una consistenza in aumento e destinata ancora a crescere, una realtà lavorativa (dipendente e autonoma) in grado di favorire i rapporti con i paesi di origine, una dimensione multiculturale e multireligiosa che di per sé avvalora le ragioni della convivenza.

             A presiedere l’incontro sono stati il giornalista tedesco Tobias Piller, presidente dell’Associazione Stampa Estera, e a coordinare i lavori il giornalista pakistano Ejaz Ahmad, quasi a rappresentare visivamente che la globalizzazione del fenomeno migratorio unisce l’Europa agli altri continenti.



Sette riflessioni tratte dal Rapporto realizzato dal Centro Studi e Ricerche Idos per l’Oecd Expert Group on Migration - Febbraio 2017

 

 

1) È IN ATTO UNA TRANSIZIONE DEMOGRAFICA SENZA PRECEDENTI PARTICOLARMENTE GRAVE IN ITALIA E  NEL VECCHIO CONTINENTE


  

 
 
Gli immigrati in Italia superano dal 2014 i 5 milioni ma, secondo le previsioni più accreditate, a metà secolo dovrebbero arrivare al doppio.

Nel periodo 2011-2065, nello scenario centrale ipotizzato dall’Istat nelle sue proiezioni demografiche (quello più realistico), la dinamica naturale della popolazione italiana sarà negativa per 11,5 milioni (28,5 milioni di nascite contro 40 milioni di decessi) e quella migratoria sarà positiva per 12 milioni (17,9 milioni di ingressi contro 5,9 milioni di uscite), con un margine d’incertezza finale (tutto sommato contenuto) che varia di 1,5 milioni. 

La popolazione residente straniera aumenterà di quasi 10 milioni, passando dai 4,6 milioni del 2011 a 14,1 milioni nel 2065.

L’età media della popolazione italiana passerà da 43,5 anni a 49,7 anni. 

L’incidenza degli ultra 65enni passerà dal 20,3% al 32-33%, toccando i 20 milioni; quella dei minori fino a 14 anni dal 14% al 12,7%.

La popolazione in età lavorativa (15-64 anni) passerà da un’incidenza del 65,7% a una del 54,5% e sarà pari a 33,5 milioni.

L’indice di dipendenza degli anziani di conseguenza  passerà dal 30,9% al 59,4%.

 

I nuovi cittadini 


I cittadini italiani per acquisizione, che erano solo 285.785 nel 2001, sono risultati  671.394 al Censimento del 2011, a questi si aggiungono i 

65.383 che hanno acquisito la cittadinanza nel 2012, 100.712 nel 2013, 129.887 nel 2014 e 178.035 nel 2015. 

Si può calcolare che già 1 milione e 150mila cittadini italiani siano di origine straniera. 

Se continuerà il trend riscontrato nel 2014 e nel 2015, a metà secolo almeno 6 milioni di cittadini italiani residenti nel Paese saranno di origine straniera e influiranno per oltre il 10% sul totale.

Le collettività maggiormente protagoniste sono, da un lato, quelle di più antico insediamento in Italia: l’albanese (20,4% del totale) e la marocchina (18,4%). I membri di queste collettività sono stati i maggiori protagonisti dei flussi d’ingresso e dell’inserimento nel mercato occupazionale già negli anni ’90.

 

Caratteristiche della popolazione immigrata


I nuovi ingressi regolari, le nuove nascite e i richiedenti asilo hanno portato la popolazione straniera residente sul territorio nazionale a 5.026.153 di cittadini. L’incremento complessivo sull’anno precedente è molto lieve, appena 12.100 unità in più, tuttavia è da tenere conto di due aspetti: innanzitutto Idos stima che il numero totale di presenze regolari sia più alto (includendo anche chi, già in possesso di titoli richiesti, non è ancora iscritto in anagrafe) e si ponga vicino a 5.500.000 unità; in secondo luogo l’aumento complessivo limitato nasconde movimenti demografici (saldi naturali e migratori) ben più ampi.

Infatti nel saldo finale sono considerati 72.000 nati, 6.500 morti, 245.000 trasferimenti di residenza dall’estero, 45.000 trasferimenti verso l’estero e quasi 180.000 acquisizioni di cittadinanza italiana.

Tra gli stranieri presenti in Italia, i cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti  al 1° gennaio 2016 sono 3.931.133, così ripartiti tra i continenti e le aree di provenienza: al primo posto c’è l’Europa con poco meno del 30% delle presenze, seguita dall’Africa settentrionale con il 20% delle presenze, dall’Asia meridionale (il subcontinente indiano) e orientale (Cina, area indocinese e Filippine) con quote vicine al 14% e poi da America centro- meridionale e Africa occidentale con valori poco più bassi del 10%.

Per quel che riguarda le singole nazionalità, e tenendo in considerazione non solo i cittadini di paesi terzi, ma anche i cittadini dell’Ue (entrambi conteggiati nelle liste anagrafiche), la nazionalità più numerosa è costituita dai rumeni, con 1.151.000 residenti (in crescita rispetto ai 1.133.000 dell’anno precedente), seguita da albanesi e marocchini in calo, a seguito dell’aumento delle acquisizioni di cittadinanza, con poco meno di 500.000 residenti ciascuno. Seguono cinesi e ucraini, attestati attorno ai 250.000 residenti (270.000 i primi e 230.000 i secondi) e infine, nell’ordine, indiani, moldavi, bangladesi e peruviani, con presenze variabili tra i 150.000 e i 100.000 residenti.

Un altro elemento caratteristico della presenza immigrata in Italia è l’età: si tratta infatti di una popolazione relativamente giovane, più della popolazione italiana, composta per oltre il 20% di minori e per il 40% di persone al di sotto dei 29 anni, mentre le classi mediane (30-44 anni) costituiscono oltre un terzo del totale. Soltanto poco più di un quarto, infine, si colloca tra le classi di età più anziane: il 23% tra i 45 e i 64 anni e appena il 3,3% oltre i 65 anni. Le donne sono meno presenti tra i minori e maggiormente presenti tra le classi di età più alta (4,1% contro il 2,5% dei maschi nel gruppo degli ultra 65enni e 26% contro 19,6% nel gruppo dei 45-64enni).

 

La nuova emigrazione italiana 


Il numero delle cancellazioni dall’anagrafe per l’estero, giunte nel 2015 a 145mila e all’8% in più rispetto al 2014, si lega innanzitutto all’emigrazione di cittadini italiani (da 89mila a 102mila unità, pari a +15%), mentre i trasferimenti dei cittadini stranieri si riducono dai 47mila del 2014 a 45mila (-6%). 

Per effetto di questa nuova emigrazione, gli italiani registrati come residenti all'estero ammontano a 5.200.000 secondo le anagrafi consolari.

Oltre il 50% degli italiani che espatriano negli ultimi anni sono laureati o diplomati. 

 

2) RISPETTO AI TRADIZIONALI FLUSSI PER LAVORO SONO ANDATI AUMENTANDO, FINO A PREVALERE, QUELLI DETTATI DA MOTIVI UMANITARI E AMBIENTALI


 

Nel 2015 i flussi di ingresso da Paesi terzi, valutati a partire dai nuovi permessi di soggiorno rilasciati, hanno coinvolto 238.936 persone, tra le quali, secondo i dati del Ministero dell’Interno, solo 21.728 sono stati i permessi concessi per motivi di lavoro, 107.096 quelli per motivi di famiglia e 64.515 quelli per motivi di protezione. Sono stati 153.842 i migranti salvati in mare e sbarcati in Italia e, tra di loro, 4.070 i minori stranieri non accompagnati. 

Tra i paesi terzi di origine dei nuovi arrivati si evidenziano ai primi posti Marocco, Nigeria, Albania, Repubblica Popolare Cinese, Pakistan, India, Bangladesh, Ucraina e Stati Uniti, ciascuno con oltre 10.000 ingressi.

I permessi per asilo e protezione hanno rappresentato il 27% dei permessi totali rilasciati, mentre erano appena il 3,7% nel 2007. Contemporaneamente si è fortemente ridotta l’incidenza dei permessi rilasciati per motivi di lavoro, passati nello stesso periodo dal 56,1% al 9,1%. 

I paesi da cui provengono i migranti che hanno dei permessi di soggiorno per motivi di protezione sono alcuni soltanto: il 94,8% dei maliani in Italia ha un permesso per tali motivi, come il 94,3% dei gambiani, l’88% di afgani e somali, il 78,9% di eritrei e il 69,3% di cittadini della Guinea. Un altro gruppo di paesi è costituito da Nigeria e Costa d’Avorio, tra i cui cittadini i titolari di un permesso per motivi di protezione sono uno su due e da Ghana e Burkina Fasu, rispettivamente con un cittadino su tre o uno su quattro.

3) L’EUROPA, E SPECIALMENTE L’ITALIA IN RAGIONE DELLA SUA COLLOCAZIONE GEOGRAFICA, TROVA DIFFICOLTÀ NELLA GESTIONE DEI NUOVI FLUSSI


 

Oltre agli sbarchi lungo le coste italiane, un importante indicatore dell’immigrazione irregolare è rappresentato dai respingimenti lungo le frontiere aeree e terrestri del Paese. Nel corso del 2015, secondo i dati Eurostat, 7.425 migranti sono stati respinti alla frontiera. Altri circa 3.500 sono stati respinti non già alla frontiera, ma dai questori una volta rintracciati sul territorio nazionale, secondo la deposizione dell’allora Capo della polizia al Parlamento. 

Nel 2015 sono state complessivamente 27.305 le persone intercettate dalle Forze dell'Ordine in condizioni di irregolarità, di queste, il 50,9% è stato allontanato (15.726), con un rimpatrio effettivo o attraverso l’intimazione a lasciare il Paese.

 

I permessi di soggiorno in vigore 


I soggiornanti non comunitari con permesso di soggiorno in corso di validità (archivio del Ministero dell’Interno rivisto dall’Istat al 31 dicembre 2015) sono risultati 3.931.133 (2.000 in meno rispetto all’anno precedente), con una sostanziale compensazione tra i flussi di entrata e i flussi di uscita (cancellazione dall’archivio dei residenti per l’acquisizione della cittadinanza italiana). Il 59,5% dei cittadini non comunitari (2.338.435, di cui 241.000 come familiari a carico) è titolare di un permesso Ue di lungo soggiorno, che fruisce quindi del diritto a rimanere in Italia a tempo indeterminato indipendentemente dalla titolarità di un rapporto di lavoro in atto. Sono, invece, 1.592.698 i titolari di un permesso a tempo (il 39,5% del totale). Va precisato che la quota più rilevante dei minori è iscritta sul permesso di soggiorno dei genitori, mentre dal 2016 è stata generalizzata la pratica di concedere loro un permesso personale al compimento dei 14 anni.

Esaminando il quadro dei permessi in vigore, emergono i seguenti punti.

Le principali nazionalità che compaiono tra i lungo soggiornanti sono quelle che costituiscono l’immigrazione tradizionale in Italia: Marocco, Albania e Tunisia. Ad essi si aggiungono Ucraina, Moldova e Perù da un lato, che rappresentano gruppi in cui prevale l’immigrazione femminile, e Senegal ed Egitto dall’altro, che mostrano percentuali di permessi per lungo soggiornanti superiori al 60%.  

Le nazionalità di più vecchia immigrazione vedono prevalere i permessi di soggiorno rilasciati per  motivi di famiglia: oltre il 62% tra gli albanesi, oltre il 55% tra i marocchini, il 48% tra gli ecuadoregni e il 45% tra gli srilankesi, contro il 26,7% degli ucraini, il 28,3% dei cittadini del Bangladesh e il 30% tra i cinesi. 

 

 

4) ATTUALMENTE LA SITUAZIONE ECONOMICA E OCCUPAZIONALE È CRITICA, MENTRE DAL PUNTO DI VISTA DEMOGRAFICO È INDUBBIA LA FUNZIONALITÀ DEI NUOVI VENUTI


 

La condizione occupazionale degli stranieri in Italia


Come nella media del contesto europeo, anche in Italia il mercato del lavoro mostra segnali di ripresa durante il 2015, che riguardano anche gli stranieri. 

La crescita della manodopera straniera è ascrivibile soprattutto alla componente maschile (+51mila gli uomini e +14mila le donne) e coinvolge tutte le aree geografiche.

Complessivamente, nel 2015, il numero di occupati stranieri raggiunge la cifra di 2.359.000 (1.289.000 uomini e 1.070.000 donne) con una crescita del 2,8% in un anno (65.000 unità). Il numero di disoccupati stranieri nel 2015 è pari a 456.000 unità (229.000 uomini e 227.000 donne), in calo di circa il 2% (10.000 unità) rispetto al 2014. 

 

Le caratteristiche e la qualità dell’occupazione straniera in Italia


Gli occupati stranieri nel 2015 rappresentano il 10,5% del totale, concentrati soprattutto nel terziario e nei lavori manuali dequalificati.  In alcuni comparti del terziario l’incidenza degli stranieri sul totale è inferiore al 2% (pubblica amministrazione, credito e assicurazioni, istruzione), mentre in altri settori supera anche di molto il valore medio del 10,5%: la loro incidenza sale al 16,1% nelle costruzioni, al 18,3% negli alberghi e ristorazione e tocca il picco del 74,7% nei servizi domestici.

Quanto al livello di qualifica professionale, più di un terzo degli occupati stranieri svolge professioni non qualificate, una quota quasi uguale quelle operaie, mentre solo 7 su 100 esercitano una professione qualificata. Tutti valori che non mutano di molto al variare degli anni di permanenza in Italia e dell’anzianità lavorativa. 

La prevalente collocazione in un mercato del lavoro secondario si rispecchia nella bassa qualità dell’impiego svolto. Nel 2015, gli stranieri risultano per il 40,9% sovraistruiti, una quota quasi doppia rispetto a quella degli italiani: sono, infatti, 965mila gli stranieri il cui livello d’istruzione è più elevato di quanto richiesto dal lavoro che svolgono. 

Elevati sono, ad esempio, i tassi di occupazione per alcuni gruppi come filippini (81,3%), cinesi (73,1%), moldavi (67,5%), ucraini (66,1%), così come elevati sono i tassi di disoccupazione per marocchini (25,4%), pakistani (24,5%), tunisini (23,5%) e albanesi (20,2%).

Per quel che riguarda i settori di inserimento,  agricoltura e costruzioni si rivelano quelli maggiormente attrattivi, con una forte presenza di immigrati provenienti da paesi terzi rispetto all’Ue, nei quali essi rappresentano quasi il 10% del totale degli occupati (rispettivamente 9,9% e 9,1%) e con valori assoluti pari rispettivamente a circa 84.000  e  poco meno di 134.000 lavoratori. Ma il settore in cui la presenza di immigrati non Ue è maggiore è quello dei servizi, che comprende i servizi domestici, dove sono presenti oltre 900.000 lavoratori.

 

 

5)  OPPORTUNITÀ DI CO-SVILUPPO  SI DANNO A PARTIRE DAL PESO CRESCENTE DI IMPRESE E IMPRENDITORI IMMIGRATI  


 

Si conferma la netta tendenza alla crescita delle imprese a gestione immigrata fotografata negli ultimi anni dai dati di Unioncamere/Infocamere. Dopo l’incremento di quasi 71mila unità del triennio 2011-2014 (+15,6%), anche il 2015 si è chiuso in positivo (+26mila, +5%), per un aumento complessivo che sfiora le 100mila unità (+21,3%).

Con oltre 20mila imprese in più in un anno (+6,5% sul 2014) e un aumento di oltre 77mila dal 2011 (+30,3%), il settore dei servizi conferma il proprio ruolo di traino, coprendo l’80% della crescita complessiva (e il 60,4% di tutte le imprese registrate alla fine dell’anno). Al suo interno, sono il commercio (+12mila sul 2014, +6,6%), le attività di alloggio e ristorazione (+3mila, +7,1%) e il comparto noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese (+2.500, +9,3%) – che si distingue anche per il maggiore incremento in termini relativi – ad evidenziarsi per gli aumenti più rilevanti. Più problematico l’andamento dell’industria (meno di 3mila unità in più, +1,5%), e dell’edilizia in particolare, che mantiene un trend appena positivo (+1.000, +1%).

Resta forte la spinta degli immigrati all’avvio di nuove attività: cresce, di anno in anno, il numero delle nuove imprese iscritte nei registri camerali (68mila nel 2015, +1,4% sul 2014 e +5% rispetto allo stesso dato del 2011), pari a quasi un quinto di tutte le iscrizioni registrate nell’anno (18,3%). Si attesta all’11,6%, invece, l’impatto delle aziende degli immigrati sulle cancellazioni, quasi lo stesso numero del 2014 (+0,3%). 

Il commercio (36,4%) consolida il proprio primato e, insieme all’edilizia (23,4%), che pure sconta le maggiori difficoltà degli anni più recenti, raccoglie 6 imprese ogni 10. Sono le attività di noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese, invece, a distinguersi per la più elevata incidenza delle imprese condotte da immigrati sul totale: 1 ogni 6 (16,1%). Lo stesso rapporto è di oltre 1 ogni

7 nell’edilizia (15,1%) e di oltre 1 ogni 8 nel commercio (12,9%), mentre resta ridotto l’impatto sulle start-up innovative (2,1%).

In un terzo dei casi si tratta di imprese artigiane (180mila, 32,7%), un valore più che raddoppiato nella manifattura (68,4%) e che supera i quattro quinti del totale nelle costruzioni (83,2%).

Guardando ai dati sui responsabili di imprese individuali, si conferma il protagonismo di marocchini (14,9%), cinesi (11,1%) e romeni (10,8%), i primi tradizionalmente concentrati nel commercio (73,3%), i secondi distribuiti soprattutto tra commercio (39,9%), manifattura (34,9%) e attività di alloggio e ristorazione (12,9%), gli ultimi dediti per quasi i due terzi all’edilizia (64,4%).

Sono i bangladesi, però, aumentati di quasi 3 volte dal 2001 (+280,2%), a far registrare la crescita più sostenuta anche in quest’ultimo anno (+10%).

 

6) L’ECONOMIA È IL FONDAMENTO DI CUI TENERE CONTO PER PERMETTERE FLUSSI MIGRATORI E SCAMBI CULTURALI  BENEFICI SIA AI  PAESI DI ORIGINE  CHE A QUELLI  DI ARRIVO


 

 Bilancio previdenziale e finanziario


Nel 2015 gli immigrati hanno versato 10,9 miliardi di euro alla previdenza pubblica italiana, di cui sono fruitori solo marginali.

I 39.340 beneficiari non comunitari di pensioni contributive sono aumentati, rispetto al 2014, di 3.600 unità (erano 35.740), passando dallo 0,2% allo 0,3% del totale. Incidono invece per appena lo 0,3% sulle 14.299.048 pensioni di invalidità, vecchiaia e superstiti (quasi 20 volte meno rispetto all’incidenza dei non comunitari sulla popolazione complessiva: 5,8%).

Gli immigrati non comunitari usufruiscono maggiormente di prestazioni di tipo assistenziale, 52.737 (incrementate di 1.376 rispetto all’anno precedente, quando costituivano l’1,4% del totale).

Confrontando le spese pubbliche sostenute per gli immigrati (14,7 miliardi) e gli introiti da loro assicurati all’erario (16,9 miliardi), risulta, secondo la Fondazione Moressa, un beneficio per l’Italia di 2,2 miliardi di euro così articolato: 6 miliardi di gettito fiscale e 10,9 miliardi di contributi previdenziali, contro 4 miliardi per sanità, 3,7 miliardi per scuola, 2,0 miliardi per giustizia e 3,1 miliardi per trasferimenti economici diretti.

 

7) LIMMIGRAZIONE È APPORTATRICE DI UNA DIMENSIONE INTERCULTURALE CHE STA CAMBIANDO IL VOLTO DEL NOSTRO PAESE  


 

 Scuola e Università 


Gli studenti stranieri iscritti nell’anno scolastico 2015/2016 sono 814.851, il 9,2% del totale degli iscritti, di cui il 54,7% nato in Italia. Gli studenti universitari stranieri in Italia nell’a.a. 2015/2016 sono stati, invece, 70.339 (il 4,3% di tutti gli iscritti).

Infine tra gli studenti universitari stranieri si segnalano alcune preferenze: raggruppando, come ha fatto il Ministero dell’Università, i corsi di laurea in gruppi omogenei, emerge che il ramo preferito è quello linguistico, che raccoglie il 7,7% degli iscritti, seguito da architettura (6,6%) e da quello delle materie economico-statistiche (5,9%), dal gruppo ingegneria (5,6%) e da quello medico (5,1%).

 

Il contesto multireligioso


Tra gli immigrati venuti a stabilirsi in Italia i cristiani sono stati il 44,6%, nel 1991, il 45,2% nei primi anni Duemila e il 48,6% nel 2006. È nel 2007 (anno dell’ingresso della Romania nell’Ue) che la loro incidenza è diventata maggioritaria (52,7%), per arrivare oggi a sfiorare il 54%.

Gli ortodossi attualmente incidono per quasi un terzo sul totale della presenza immigrata, una quota simile a quella dei musulmani, diminuiti nel 2015 di 14mila unità rispetto all’anno precedente; al contrario, gli induisti, i buddhisti, i seguaci di religioni tradizionali e gli agnostici sono aumentati. Queste variazioni, seppure di modesta entità, sono significative perché registrate nell’ambito di una popolazione straniera residente pressoché stabile a livello quantitativo (5 milioni e 14mila a fine 2014 e 5 milioni e 26mila a fine 2015).

 

Il rapporto completo è disponibile su: www.dossierimmigrazione.it


Centro Studi e Ricerche IDOS via Arrigo Davila, 16 - 00179 Roma

Tel. +39.06.66514.345

Fax +39.06. 66540087 e-mail: idos@dossierimmigrazione.it 

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