Care e cari,
inviamo per la prima volta una Newsletter dei Comitati per la Democrazia Costituzionale, strumento che abbiamo deciso di inaugurare per dare notizie e mantenere contatti. Senza scadenze obbligate, arriverà quando ci saranno notizie e materiali utili da diffondere. Buon Lavoro!
Bia Sarasini (Responsabile Comunicazione dei Comitati) |
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27 aprile, consegna delle firme raccolte per la Petizione Popolare per una legge elettorale Costituzionale proporzionale
Prosegue la raccolta delle firme online e militante, con l’impegno dei comitati. Qui trovate il testo della petizione Restituire la sovranità agli elettori Per firmare online il link è questo: Change.org. Firmate e fate firmare
Il 27 aprile le firme, che sono circa 26.000, verranno consegnate al presidente del Senato Pietro Grasso e alla presidente della Camera Laura Bordini. All’incontro parteciperà una delegazione dei Comitati composta da Alfiero Grandi, vice presidente vicario del Comitato per il No e del Comitato contro l’Italicum, Pietro Adami, esecutivo del Comitato per il No, Mauro Beschi, esecutivo del Comitato per il No e Comitato contro l’Italicum, Massimo Villone, presidente del Comitato contro l’Italicum, Alfonso Gianni, direttivo del Comitato contro l’Italicum, Anna Falcone, vice presidente del Comitato per il No, Felice Besostri, esecutivo del Comitato contro l'Italicum e capofila degli avvocati per i ricorsi alla Corte Costituzionale, Antonio Esposito Presidente onorario della Cassazione. Mentre il Parlamento assiste quasi immobile al succedersi di vicende politiche, e l’unico interesse è l’altalenarsi di date per le scadenze elettorali, in una grande indifferenza al come si vota, – questo nonostante il referendum del 4 dicembre, la sentenza della Corte costituzionale e perfino le circa 30 proposte di legge elettorale depositate – i comitati intendono rappresentare le ragioni di chi vuole esercitare il diritto di voto nella più chiare e costituzionali condizioni possibili. In una logica proporzionale, senza premio di maggioranza, e senza capilista bloccati.
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Appello per la pace. Per un 25 aprile di pace
L’attività dei Comitati non si esaurisce con la battaglia per la riforma della legge elettorale. Quale miglior modo di difendere la Costituzione, per esempio, che difendere la pace? In questo spirito i Comitati hanno aderito all’appello promosso dell’Anpi con altre associazioni Basta con questo gioco della guerra dove si scrive: «Per questo i Comitati invitano a fare del 25 aprila una grande opportunità non solo per ricordare con orgoglio la resistenza e la riconquista della democrazia (sempre da proteggere visto l'esito drammatico del referendum costituzionale che ha sancito la trasformazione della Turchia in un ordinamento autoritario), ma anche il referendum del 4 dicembre con il quale la grande maggioranza degli italiani ha respinto, grazie anche al ruolo svolto dall'Anpi, il tentativo di stravolgimento della Costituzione italiana e, ancora di più, ha chiesto di valorizzare la nostra carta fondamentale che detta regole nette e chiare contro l'uso della guerra, anche convenzionale, e per regolare i conflitti tra i Paesi (art. 11: l'Italia ripudia la guerra), imponendo che l'azione internazionale della Repubblica sia orientata a costruire la pace e la giustizia fra le Nazioni".
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Dopo le elezioni in Turchia
I risultati elettorali in Turchia sono di una gravità inaudita. Vi proponiamo qui il testo di un appello di cui i comitati si fanno promotori
“Il 16 aprile si è svolto in Turchia il referendum sulla approvazione della “riforma” costituzionale approvata a gennaio dal Parlamento che modifica 18 articoli della Costituzione instaurando un regime personalistico e autoritario. Stando ai dati diffusi, avrebbe vinto il Si con il 51,2% dei voti, ma già le opposizioni hanno denunciato brogli che hanno coinvolto fra il 3 e il 4% dei votanti. Va inoltre sottolineato che il No ha vinto in tutte le maggiori città del Paese e ha comunque dimostrato che metà del popolo turco si oppone al tentativo autoritario in atto. Il referendum si è svolto in condizioni non democratiche, contrassegnate dal prolungamento dello stato di emergenza instaurato dopo il fallito colpo di stato del 15 luglio 2016, che ha portato al licenziamento di circa 150.000 dipendenti pubblici, fra i quali quasi la metà dei giudici e dei pubblici ministeri e un alto numero di docenti universitari, alla chiusura di giornali, di radio e televisioni, di scuole e di associazioni, all’arresto di migliaia di persone con l’accusa di complicità con il terrorismo. Fra questi più di 80 giornalisti e molti esponenti – tra cui parlamentari compresi due co-presidenti della seconda forza di opposizione del Paese, il Partito democratico dei popoli. Il nuovo testo della Costituzione vuole trasformare la forma di governo in un regime iperpresidenziale, nel quale il Capo dello Stato, già eletto dal popolo in base alla revisione costituzionale del 2007, diventerebbe il Capo del potere esecutivo, potrebbe essere rieletto per altri due mandati, nominerebbe i ministri, avrebbe il potere di sciogliere il Parlamento e di fare ricorso a decreti con forza di legge non sottoposti al controllo parlamentare, designerebbe 6 dei 13 membri del Consiglio dei giudici e dei procuratori (gli altri 7 sarebbero eletti dai 3/5 del Parlamento e quindi sarebbero tutti o in parte espressione della maggioranza), e 12 dei 15 componenti della Corte costituzionale. In pratica si tratta di un testo fatto su misura per il Presidente Erdogan, che potrebbe rimanere al potere fino al 2029, e del Partito islamista che è al governo dal 2002. La vicenda turca si inserisce nel quadro della trasformazione in senso antidemocratico delle Costituzioni o della loro violazione aperta con leggi che limitano i diritti fondamentali e annullano i poteri degli organi di garanzia, come la magistratura e la Corte costituzionale, che si sta verificando in vari Paesi europei (come l’Ungheria e la Polonia). Ma non è estranea al tentativo in atto anche all’interno di democrazie mature di ridurre gli spazi di libertà e di ridimensionare la democrazia rappresentativa e partecipativa a vantaggio del predominio del potere esecutivo e del suo “capo”. Per questa ragione il Comitato per il No nel referendum costituzionale e il Comitato contro l’Italicum denunciano l’involuzione in atto in Turchia e si schierano al fianco di quanti si oppongono alla deriva autoritaria in atto e a difesa delle persone sottoposte a odiose misure di repressione in spregio dei più elementari diritti sanciti a livello europeo e internazionale.
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