2 febbraio 2017

AL CINEMA CON L'ARCHITETTO:Recensione tavola rotonda del 24 gennaio


 
Come già avevamo annunciato , la nostra amica , Ghisi Grütter, di cui Tre Righe pubblica ogni sabato la  recensione di un film in programmazione nelle sale cinematografiche di Roma , ha presentato il 24 gennaio u.s. presso l'Aula Magna di Architettura di Roma 3, al Mattatoio, il suo libro "AL CINEMA CON L'ARCHITETTO" in cui sono state raccolte 150   sue recensioni di film.
Questa è un breve resoconto della tavola rotonda  tratto da https://tecnichedirappresentazione.wordpress.com/notizie/


Recensione Tavola Rotonda


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Il 24 gennaio alle ore 17.30 al Dipartimento di Architettura dell’Università Roma Tre si è tenuta una Tavola rotonda sui rapporti tra “CITTÀ, CINEMA E SOCIETÀ”. L’occasione è stata fornita dalla presentazione del libro “AL CINEMA CON L’ARCHITETTO. FILM VISTI E COMMENTATI DA GHISI GRÜTTER”, Timìa editrice, Roma 2017.
Sono intervenuti, oltre all’autrice del libro Enrico Menduni – autore radiofonico e televisivo, documentarista e Professore Ordinario di Cinema, fotografia e televisione all’Università Roma Tre – Franco Purini – Professore Emerito di Progettazione Architettonica presso l’Università della Sapienza di Roma – la sociologa Donatella Barazzetti – artefice della postfazione del libro e docente di Politiche per le pari opportunità presso l’Università della Calabria – Giorgio Piccinato – Professore Emerito di Urbanistica già direttore del Dipartimento di Studi Urbani dell’Università Roma Tre.
Ha introdotto i lavori Ghisi Grütter che, dopo un caloroso ringraziamento agli intervenuti, ha spiegato le motivazioni che l’hanno spinta a scrivere questo libro. Così ha affermato: «Negli anni’60 e ‘70 i mezzi d’informazione visiva erano scarsi e la conoscenza delle città e della cultura statunitense era filtrata dal cinema diventando una prerogativa, quasi esclusiva, dei cinéphiles. Solo alcuni storici dell’architettura erano stati negli Stati Uniti, dove avevano conosciuto la scuola di Chicago, Frank Lloyd Wright e più tardi, Paolo Soleri come fecero Bruno Zevi, Mario Manieri Elia e altri. All’epoca mi resi conto che più si vedeva la città e più il film mi sembrava interessante. Solo recentemente, grazie all’interattività della rete, ho cominciato a scrivere le prime recensioni. La possibilità di intervenire come “pubblico” ha fatto sì che cominciassi a condividere riflessioni, pensieri, impressioni sui film man mano che li vedevo. In questa pubblicazione ho voluto raccogliere le mie recensioni dei vari film visti al cinema in questi ultimi tre anni. La scelta dei titoli, lungi dall’essere esaustiva, rispecchia quindi principalmente i miei gusti».
È intervenuto per primo Enrico Menduni che, dopo aver apprezzato la costanza e la continuità del lavoro (sono 150 recensioni in soli tre anni) ha sottolineato come la sacralità della sala buia e il rito di andare al cinema sia proprio di una certa generazione; oggi i ragazzi ci vanno raramente, così come non comprano più giornali. Tutto passa attraverso internet e molti optano per la lettura dei giornali al monitor, peraltro gratuita. Molte persone da anni preferiscono la televisione al cinema e così vengono prodotte molte serie televisione anche di ottima qualità.
Il secondo intervento è stato di Franco Purini che ha molto apprezzato la visione del cinema dell’autrice definendola di tipo “strutturalista” orientata quindi a cogliere le relazioni fondamentali tra i vari livelli della scrittura filmica: «Un orientamento entro il quale rientra come invariante il rapporto tra lo spazio dell’immagine filmica e quello dell’architettura o, meglio, del paesaggio urbano e dell’architettura». È seguita un’interessante analisi sul rapporto tra spazio reale (tridimensionale) e spazio cinematografico (bidimensionale) analoghi ma non identificabili. Secondo Purini nel cinema, lo spazio è nello stesso tempo reale e irreale, oltre che caratterizzato da una profondità artificiale. Ha terminato il suo intervento con una riflessione sui tre livelli di significato del “cinema come scrittura artistica”: il significato referenziale diretto (la trama), il piano metaforico e la forma del film (il suo valore estetico).
Particolare successo ha riscontrato l’intervento di Donatella Barazzetti che, dopo aver motivato il suo interesse per i cinema con una notazione autobiografica (la laurea in Architettura al Politecnico di Torino e una vita in comune con il documentarista Antonello Branca), ha tracciato una sintesi delle tematiche sociali che si evincono dall’insieme delle recensioni pubblicate. In tal modo il cinema può essere considerato un testimone delle trasformazioni sociali perché ne presenta “indizi e sintomi”. Tra i vari aspetti Barazzetti ha riscontrato l’importanza delle trasformazioni nelle rappresentazioni di genere e cioè nelle modalità con cui sono rappresentati il femminile e il maschile, il cambiamento di sguardo sulle differenti inclinazioni sessuali, la paternità, la genitorialità, la famiglia e così via. «E ancora le rappresentazioni dei luoghi – ridotti a straniazione, disgregazione, perdita – che riflettono, nella forma dello spazio costruito, il senso dei processi di individualizzazione e atomizzazione del sociale. E l’importanza delle possibilità di resistenza contro lo sfruttamento, contro il degrado, contro il razzismo, e l’emergere dei grandi temi che stravolgono oggi il mondo e pongono interrogativi (senza risposta) sui confini tra bene e male».
Ha chiuso i lavori Giorgio Piccinato menzionando l’importanza della multidisciplinarità nella formazione culturale e sostenendo che la visione del mondo è narrata attraverso tutte le espressioni artistiche (cinema, architettura, letteratura, musica). Ha ricordato che quando era giovane cinema e libri erano i suoi strumenti di conoscenza del mondo: il grattacielo è strettamente legato alla narrativa di John Dos Passos, l’espressionismo ai componimenti di Bertold Brecht e così via. A sostegno della tesi che il cinema sia una fonte di conoscenza Piccinato ha citato il film Germania anno Zero del 1948 (terzo film della trilogia di Rossellini dopo Roma città aperta del 1945 e Paisà del 1946) che rappresenta le macerie di Berlino e la situazione del dopoguerra. Ha concluso, in leggero disaccordo con Franco Purini, ricordando che lo “schermo non è solo schermo” perché con i film procura emozioni superando, in tal modo, la fredda bidimensionalità.

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