Cerco di non farmi trascinare nel gorgo del Renzi sì , Renzi no (intanto si sa come la penso).
Ci sono dati però che non si possono trascurare; sono quelli sul mercato del lavoro e sul suo trend.
・ I posti di lavoro dipendente sono aumentati anche dopo la fine degli incentivi pieni, molto meno di prima (≈ 250 mila, forse meno),ma più della metà è costituita da impieghi a termine (precari, secondo dimenticata definizione)
・ La % di disoccupazione è diminuita, ma corrispondentemente è aumentata quella degli inattivi. Sommandole, come sarebbe corretto, diventa spaventosa.
・ Dei posti di nuova occupazione di qualunque tipo, la maggioranza è di lavoratori sopra i 35 anni e se si approfondisce - se non sbaglio � all’interno di questa fetta, la maggioranza è dei più anziani, credo sopra i 50 anni.
Sono quasi patetici gli sforzi della comunicazione governativa, per indorare la pillola (il solito Flaiano!). I dati sugli inattivi e l’analisi per età dei nuovi occupati, sono sussurrati a mo’ di inciso.
Alcune considerazioni:
La prima riguarda il costo dell’operazione; nessuno ne conosce bene l’ammontare, ma qualunque esso sia, non ha prodotto un cambiamento “strutturale” nel mercato del lavoro, perchè non era possibile. Probabilmente ha ridotto enormemente il costo delle assunzioni che gli imprenditori interessati avrebbero fatto comunque, a prescindere dal tipo di contratto, visto che è subito stato chiaro che le tutele crescenti fossero (e sono) una espressione vuota, perchè il diritto pressochè totale di licenziare, toglie qualunque sostanza di garanzia al termine “tutela”.
(Sarebbe interessante capire se il risparmio sul costo del lavoro sia rimasto nelle aziende)
La seconda : Nessun governo al mondo, sotto l’imperio del liberismo finanziario, ha, nelle proprie mani, strumenti consoni a modificare il mercato del lavoro. L’unica possibilità per qualsiasi governo, da almeno 50 anni in qua, è sottostare alle regole del sistema.
La terza considerazione: le condizioni dell’evoluzione tecnologica, contribuiranno a ridurre strutturalmente il livello globale dell’occupazione.
La quarta considerazione, che sintetizza tutte le precedenti e che penso tagli la testa al toro: la tutela dei “diritti collettivi” dei lavoratori è incompatibile con il sistema egemone. Eliminata la società, è solo l’individuo che vende il proprio lavoro a chi lo acquista (oh, snobbato e vituperato Marx!). Vince chi ha più potere contrattuale. Nel confronto con i possessori del capitale,vincono pochi lavoratori in possesso di particolari e rare competenze. Vincono i pochi individui (cooptati o prepotentemente vincenti) che hanno naturali doti competitive, imprenditoriali e immaginative. Soccombono tutti gli altri, cioè, la stragrande maggioranza.
L’Italia, da questo punto di vista, sta nel mazzo.
Oramai sono tutti , chi più chi meno , “populisti”: tutti però nel sistema a cui si devono piegare.
Io la penso così, sulla base dei dati.
Umberto Pradella
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