di Fabrizio Casari
Freedom House, assai nota ma poco conosciuta organizzazione statunitense, ha diramato nei giorni scorsi un rapporto sul Nicaragua che lascia esterrefatti. Disegnato sulla base di uno schema politico precostituito, aggressivo ed antigovernativo, il rapporto si limita a copiare quanto l’ultra destra nicaraguense afferma da tempo: ovvero che in Nicaragua la democrazia starebbe indietreggiando e che il recente risultato elettorale sarebbe stato falsato dal Frente Sandinista.
Il fatto che gli organismi internazionali indipendenti di controllo e valutazione del voto abbiano certificato il regolare svolgimento delle operazioni di voto, che l’astensione certificata sia stata del 37 per cento e che lo spoglio abbia indicato la vittoria sandinista con il 72,5 per cento dei voti, risulta indifferente per Freedom House. Lo stesso riconoscimento di legittimità fornito dall’Organizzazione degli Stati Americani (OEA), della quale gli stessi USA sono parte, non sembra inculcare il seme del dubbio nell’organizzazione diretta dalla destra statunitense che ama travestirsi da ONG.
Destra che, del resto, si guarda bene anche dal riconoscere quello che è palese a tutti gli osservatori nicaraguensi e internazionali: la mancata presentazione della lista del MRS non è una protesta contro il sandinismo, si spiega con le proiezioni che gli istituti demoscopici gli assegnavano, ovvero una poco gloriosa percentuale tra il 2 e il 3 per cento dei voti.
Che Freedom House corra in aiuto al MRS non deve stupire: con le vergognose processioni a Washington e Miami per ottenere il voto sul Nica Act, provvedimento di natura tardo-coloniale con il quale si vorrebbe imporre al Nicaragua l’obbedienza alla destra statunitense, l’MRS si è guadagnato sul campo l’iscrizione al club di William Walker. Contano ora sul nuovo staff del Dipartimento di Stato che si occuperà di America Latina; i nomi indicano un combinato disposto di ex terroristi (come Otto Reich) ed agenti CIA direttamente impegnati nelle strategie golpiste statunitensi nel continente.
Il fatto che gli organismi internazionali indipendenti di controllo e valutazione del voto abbiano certificato il regolare svolgimento delle operazioni di voto, che l’astensione certificata sia stata del 37 per cento e che lo spoglio abbia indicato la vittoria sandinista con il 72,5 per cento dei voti, risulta indifferente per Freedom House. Lo stesso riconoscimento di legittimità fornito dall’Organizzazione degli Stati Americani (OEA), della quale gli stessi USA sono parte, non sembra inculcare il seme del dubbio nell’organizzazione diretta dalla destra statunitense che ama travestirsi da ONG.
Destra che, del resto, si guarda bene anche dal riconoscere quello che è palese a tutti gli osservatori nicaraguensi e internazionali: la mancata presentazione della lista del MRS non è una protesta contro il sandinismo, si spiega con le proiezioni che gli istituti demoscopici gli assegnavano, ovvero una poco gloriosa percentuale tra il 2 e il 3 per cento dei voti.
Che Freedom House corra in aiuto al MRS non deve stupire: con le vergognose processioni a Washington e Miami per ottenere il voto sul Nica Act, provvedimento di natura tardo-coloniale con il quale si vorrebbe imporre al Nicaragua l’obbedienza alla destra statunitense, l’MRS si è guadagnato sul campo l’iscrizione al club di William Walker. Contano ora sul nuovo staff del Dipartimento di Stato che si occuperà di America Latina; i nomi indicano un combinato disposto di ex terroristi (come Otto Reich) ed agenti CIA direttamente impegnati nelle strategie golpiste statunitensi nel continente.
La speranza della destra nicaraguense è che un simile staff possa spingere Trump ad una posizione bellicista contro Managua e a questo fine è destinata la strategia politica e mediatica contro il governo Ortega, della quale Feedom House è parte diligente.
Freedom House, che si spaccia come ONG a difesa della democrazia, è in realtà una branca del sistema propagandistico degli Stati Uniti. L’idea dalla quale nacque Freedom House venne a F.D. Roosevelt, nel 1941, quando vennero create diverse associazioni negli Stati Uniti il cui scopo era quello di preparare ideologicamente il Paese alla guerra. Si riunificarono poco prima dell’attacco a Pearl Harbor e trovarono una casa comune a New York: la Casa della Libertà, Freedom House, per l’appunto. Ma la casa vera era, ed è tuttora, la Casa Bianca.
Furono numerosissime le associazioni ed i premi che, grazie a Freedom House, videro la luce, ma le campagne più significative furono a sostegno del Piano Marshall, della Nato e della guerra in Viet-nam. Lo slogan preferito? “Stati Uniti, paese della libertà”.
Nel 1982, quando Reagan decise di aprire la Fondazione Nazionale per la Democrazia (FED), con lo scopo di rendere presentabili le covert action della CIA, Freedom House smise di brillare di luce propria per divenire un settore del ben più ampio dispositivo di propaganda della Casa Bianca. Da quel momento la NED (National Endowment for Democracy) assorbì e sovvenzionò Freedom House, che a sua volta cofinanziò e realizzò alcuni progetti della NED, ampliando così la sfera dell’intervento politico-mediatico a sostegno delle amministrazioni USA.
Oltre 70 anni di attività lo dimostrano: Freedom House sta alla CIA come la pelle alle ossa. Per averne conferma basta leggere i nomi di alcuni che sono stati tra i suoi esponenti più importanti, vero e proprio mix di intelligence e diplomazia, spesso parallela, statunitense.
Freedom House, che si spaccia come ONG a difesa della democrazia, è in realtà una branca del sistema propagandistico degli Stati Uniti. L’idea dalla quale nacque Freedom House venne a F.D. Roosevelt, nel 1941, quando vennero create diverse associazioni negli Stati Uniti il cui scopo era quello di preparare ideologicamente il Paese alla guerra. Si riunificarono poco prima dell’attacco a Pearl Harbor e trovarono una casa comune a New York: la Casa della Libertà, Freedom House, per l’appunto. Ma la casa vera era, ed è tuttora, la Casa Bianca.
Furono numerosissime le associazioni ed i premi che, grazie a Freedom House, videro la luce, ma le campagne più significative furono a sostegno del Piano Marshall, della Nato e della guerra in Viet-nam. Lo slogan preferito? “Stati Uniti, paese della libertà”.
Nel 1982, quando Reagan decise di aprire la Fondazione Nazionale per la Democrazia (FED), con lo scopo di rendere presentabili le covert action della CIA, Freedom House smise di brillare di luce propria per divenire un settore del ben più ampio dispositivo di propaganda della Casa Bianca. Da quel momento la NED (National Endowment for Democracy) assorbì e sovvenzionò Freedom House, che a sua volta cofinanziò e realizzò alcuni progetti della NED, ampliando così la sfera dell’intervento politico-mediatico a sostegno delle amministrazioni USA.
Oltre 70 anni di attività lo dimostrano: Freedom House sta alla CIA come la pelle alle ossa. Per averne conferma basta leggere i nomi di alcuni che sono stati tra i suoi esponenti più importanti, vero e proprio mix di intelligence e diplomazia, spesso parallela, statunitense.
Alcuni esempi? Presidente di Freedom House è stato per lungo tempo James Woolsey, ex capo della CIA. Il suo Consiglio d’amministrazione, nel corso della sua storia, vide tra gli altri la presenza di uomini di punta dell’intelligence a stelle e strisce: tra questi l’ex ambasciatore Thomas Foley, (che fu presidente della Commissione Trilateral ed ex presidente del Consiglio d’intelligence); Malcom Forbes (Forbes magazine); Samuel Huntington (teorico dello scontro di civiltà); Jeane Kilkpatrick (ex ambasciatrice di Reagan all’Onu) e, ciliegina sulla torta, Diana Villiers (moglie di John Negroponte, ex coordinatore di tutta l’intelligence USA).
Già solo la presenza di queste ed altre figure nel board dell’organizzazione può indicare il ruolo di Freedom House. Lungi dall’essere una ONG, è una organizzazione politica incaricata di redigere analisi e rapporti importanti per gli orientamenti di politica estera dell’amministrazione statunitense.
Fu il Presidente George W. Bush a incaricare Freedom House di presentare un rapporto annuale sulle libertà pubbliche ed i diritti politici nel mondo. A seguito di questo, gli Stati Uniti decidono se dare o negare aiuti allo sviluppo nel quadro della Millenium Challenge Corporation. Freedom House prepara insomma il terreno; è il retroterra, l’essenza di quella “ingerenza democratica” che precede le guerre preventive.
Associazioni per la libertà di stampa e per la libertà religiosa, arruolamento di dissidenti dei paesi dell’Est e di intellettuali europei a prezzi di saldo, invio di articoli già confezionati per i principali giornali in lingua inglese, uffici in mezzo mondo; Freedom House partecipò in prima linea alla nuova guerra fredda patrocinata da Reagan e da Bush padre.
In relazione al Nicaragua la storia di Freedom House trova conferma di modalità e finalità del suo agire come copertura d’immagine al lavoro della CIA. Nel 1988, infatti, Freedom House creò un gruppo di lavoro sull’America Centrale il cui obbiettivo principale era quello di diffondere la disinformazione sul governo sandinista. Per l’occasione, vennero coinvolti anche sindacalisti della Afl-Cio.
Nel 1983, di fronte all’esplodere dello scandalo Iran-Contras, Reagan decise di ristrutturare l’apparato di propaganda, definito “diplomazia pubblica”. Walter Raymond, Direttore del Consiglio Nazionale di Sicurezza, organizzò un comitato di supervisione dove inserì, per conto di Freedom House, Leonard R. Sussman e Leo Cherma, quest’ultimo specialista della guerra psicologica. A capo della segreteria delle operazioni arrivò Otto Reich. Il curriculum di quest’ultimo parla chiaro: agente CIA, legatissimo ai cubani di Miami e ispiratore del fallito colpo di stato confindustriale del 2000 in Venezuela, ai vertici del dipartimento per l’America latina dell’amministrazione Bush (ed ora, appunto, ripescato da quella Trump).
Negli anni ’90 l’attività dell’associazione si ampliò all’est europeo e ad alcuni paesi del Maghreb, tra i quali Giordania e Algeria. Nel 1999 creò il Comitato statunitense per la pace in Cecenia, diretto dall’ex Consigliere della Sicurezza Nazionale Brzezinski e da Alexander Haig, il primo segretario di Stato di Reagan. Ottenne l’appoggio dell’influente Istituto democratico per gli Affari Internazionali di Madeleine Albright, vera e propria enclave democratica nella Ned e nella CIA. Sono innumerevoli le organizzazioni e le associazioni statunitensi che Freedom House coinvolse nei suoi progetti.
Lo scopo era quello di contattare ogni possibile organizzazione dalle stesse finalità presenti nel campo socialista e di farlo attraverso sigle che apparentemente non destassero particolari sospetti. Contatti, accordi, nomi e analisi arrivavano sulle scrivanie di Langley e nei rapporti alle varie agenzie dalle quali Freedom House dipendeva e dipende e che, a loro volta, dal lavoro di Freedom House traggono enormi vantaggi per le loro operazioni.
É dagli uffici di Freedom House che nacque l’idea della jihad afghana ed è sempre la stessa associazione che chiese a Osama bin Laden, allora fervente agente CIA e capo dei Talebani, di aiutare l’esercito musulmano in Bosnia.
Nel 2002, Freedom House creò in Ungheria, con l’appoggio della Usaid, un servizio web per le Ong dell’Europa centrale. Nello stesso periodo condusse la campagna di riabilitazione del partito Arena in El Salvador, eredità politica degli squadroni della morte del maggiore Roberto D’Abuisson, assassino tra gli altri di Monsignor Romero. Arena entrò a far parte della Lega Anticomunista Mondiale con uno dei suoi uomini più fidati, Antonio Saca, Presidente di El Salvador dal 2004 al 2009 grazie ai brogli ai danni del Comandante Shafick Handal, candidato del FLMN. Un approccio stravagante alla difesa dei diritti umani.
Pur se negli ultimi anni i suoi sforzi si sono concentrati nell’organizzare proteste in Serbia e Kirzighistan e colpi si stato in Georgia e Ucraina, l’attività di Freedom House in America latina è rimasta intensa. Oltre al Nicaragua, per alcuni periodi Cuba è stata il più importante obbiettivo della sua iniziativa. Il coinvolgimento di Freedom House nel “Programma Cuba”, in ottemperanza alla sezione 109 della legge Helms-Burton del 1996, era nato con l’elargizione di un milione e mezzo di dollari provenienti dai fondi della NED.
Il lavoro di Freedom House aveva nei suoi punti fondamentali localizzare e reclutare giornalisti, esponenti politici e Ong dell’est europeo da inviare a Cuba a sostegno dei cosiddetti dissidenti. Lo riconobbe pubblicamente nel giugno del 2000 la stessa Freedom House, quando ammise di aver organizzato e finanziato il viaggio a Cuba di quattro giornalisti, due economisti e un accademico dell’est Europa con il fine di redigere articoli, relazioni ed analisi destinate a formare opinione internazionale contro l’isola caraìbica.
Già solo la presenza di queste ed altre figure nel board dell’organizzazione può indicare il ruolo di Freedom House. Lungi dall’essere una ONG, è una organizzazione politica incaricata di redigere analisi e rapporti importanti per gli orientamenti di politica estera dell’amministrazione statunitense.
Fu il Presidente George W. Bush a incaricare Freedom House di presentare un rapporto annuale sulle libertà pubbliche ed i diritti politici nel mondo. A seguito di questo, gli Stati Uniti decidono se dare o negare aiuti allo sviluppo nel quadro della Millenium Challenge Corporation. Freedom House prepara insomma il terreno; è il retroterra, l’essenza di quella “ingerenza democratica” che precede le guerre preventive.
Associazioni per la libertà di stampa e per la libertà religiosa, arruolamento di dissidenti dei paesi dell’Est e di intellettuali europei a prezzi di saldo, invio di articoli già confezionati per i principali giornali in lingua inglese, uffici in mezzo mondo; Freedom House partecipò in prima linea alla nuova guerra fredda patrocinata da Reagan e da Bush padre.
In relazione al Nicaragua la storia di Freedom House trova conferma di modalità e finalità del suo agire come copertura d’immagine al lavoro della CIA. Nel 1988, infatti, Freedom House creò un gruppo di lavoro sull’America Centrale il cui obbiettivo principale era quello di diffondere la disinformazione sul governo sandinista. Per l’occasione, vennero coinvolti anche sindacalisti della Afl-Cio.
Nel 1983, di fronte all’esplodere dello scandalo Iran-Contras, Reagan decise di ristrutturare l’apparato di propaganda, definito “diplomazia pubblica”. Walter Raymond, Direttore del Consiglio Nazionale di Sicurezza, organizzò un comitato di supervisione dove inserì, per conto di Freedom House, Leonard R. Sussman e Leo Cherma, quest’ultimo specialista della guerra psicologica. A capo della segreteria delle operazioni arrivò Otto Reich. Il curriculum di quest’ultimo parla chiaro: agente CIA, legatissimo ai cubani di Miami e ispiratore del fallito colpo di stato confindustriale del 2000 in Venezuela, ai vertici del dipartimento per l’America latina dell’amministrazione Bush (ed ora, appunto, ripescato da quella Trump).
Negli anni ’90 l’attività dell’associazione si ampliò all’est europeo e ad alcuni paesi del Maghreb, tra i quali Giordania e Algeria. Nel 1999 creò il Comitato statunitense per la pace in Cecenia, diretto dall’ex Consigliere della Sicurezza Nazionale Brzezinski e da Alexander Haig, il primo segretario di Stato di Reagan. Ottenne l’appoggio dell’influente Istituto democratico per gli Affari Internazionali di Madeleine Albright, vera e propria enclave democratica nella Ned e nella CIA. Sono innumerevoli le organizzazioni e le associazioni statunitensi che Freedom House coinvolse nei suoi progetti.
Lo scopo era quello di contattare ogni possibile organizzazione dalle stesse finalità presenti nel campo socialista e di farlo attraverso sigle che apparentemente non destassero particolari sospetti. Contatti, accordi, nomi e analisi arrivavano sulle scrivanie di Langley e nei rapporti alle varie agenzie dalle quali Freedom House dipendeva e dipende e che, a loro volta, dal lavoro di Freedom House traggono enormi vantaggi per le loro operazioni.
É dagli uffici di Freedom House che nacque l’idea della jihad afghana ed è sempre la stessa associazione che chiese a Osama bin Laden, allora fervente agente CIA e capo dei Talebani, di aiutare l’esercito musulmano in Bosnia.
Nel 2002, Freedom House creò in Ungheria, con l’appoggio della Usaid, un servizio web per le Ong dell’Europa centrale. Nello stesso periodo condusse la campagna di riabilitazione del partito Arena in El Salvador, eredità politica degli squadroni della morte del maggiore Roberto D’Abuisson, assassino tra gli altri di Monsignor Romero. Arena entrò a far parte della Lega Anticomunista Mondiale con uno dei suoi uomini più fidati, Antonio Saca, Presidente di El Salvador dal 2004 al 2009 grazie ai brogli ai danni del Comandante Shafick Handal, candidato del FLMN. Un approccio stravagante alla difesa dei diritti umani.
Pur se negli ultimi anni i suoi sforzi si sono concentrati nell’organizzare proteste in Serbia e Kirzighistan e colpi si stato in Georgia e Ucraina, l’attività di Freedom House in America latina è rimasta intensa. Oltre al Nicaragua, per alcuni periodi Cuba è stata il più importante obbiettivo della sua iniziativa. Il coinvolgimento di Freedom House nel “Programma Cuba”, in ottemperanza alla sezione 109 della legge Helms-Burton del 1996, era nato con l’elargizione di un milione e mezzo di dollari provenienti dai fondi della NED.
Il lavoro di Freedom House aveva nei suoi punti fondamentali localizzare e reclutare giornalisti, esponenti politici e Ong dell’est europeo da inviare a Cuba a sostegno dei cosiddetti dissidenti. Lo riconobbe pubblicamente nel giugno del 2000 la stessa Freedom House, quando ammise di aver organizzato e finanziato il viaggio a Cuba di quattro giornalisti, due economisti e un accademico dell’est Europa con il fine di redigere articoli, relazioni ed analisi destinate a formare opinione internazionale contro l’isola caraìbica.
A capo dell’operazione, tanto per non smentirsi, fu insediato Frank Calzon, terrorista di origine cubana, ufficiale CIA legatissimo alla FNCA di Miami (la Fondazione Nazionale Cubano Americana, epicentro del terrorismo contro l’isola).
Le regole, di Freedom House come della NED, alla fine, sembrano essere due: il primo amore non si scorda mai, i vecchi amici non si dimenticano. E l’inedita sintonia con l’ultradestra degli ex-sandinisti indica che gli antichi nemici, se convertitisi alla religione annessionista, anche solo per frustrazione o per guadagno, possono diventare i nuovi amici. L’odio e i dollari, quando corrono insieme, possono far rileggere il passato e falsare il presente, allo scopo di darsi un futuro.
Le regole, di Freedom House come della NED, alla fine, sembrano essere due: il primo amore non si scorda mai, i vecchi amici non si dimenticano. E l’inedita sintonia con l’ultradestra degli ex-sandinisti indica che gli antichi nemici, se convertitisi alla religione annessionista, anche solo per frustrazione o per guadagno, possono diventare i nuovi amici. L’odio e i dollari, quando corrono insieme, possono far rileggere il passato e falsare il presente, allo scopo di darsi un futuro.
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