1 aprile 2017

IL DISSENSO AL DECRETO MINNITI-ORLANDO

Luigi Manconi, al quale riconosco sempre una solida e inflessibile coerenza di principi persino qualora capiti di essere in disaccordo come su Minzolini, e Walter Tocci non hanno votato la fiducia (e sottolineo la fiiducia) sulla conversione del decreto Minniti-Orlando l' altro ieri in Senato. Due voci in dissenso nel Partito Democratico, le uniche e non da oggi. Un dissenso profondo e motivato nei confronti del cuore di quel provvedimento che, a loro giudizio, introduce nel nostro ordinamento una "variante etnica" del diritto. Al punto che, su una fattispecie giuridica fondamentale come la protezione internazionale, il legislatore scelga consapevolmente di ridurre da tre a due gradi di giudizio la procedura per il riconoscimento del diritto all'asilo per coloro che ne risultano legittimi richiedenti. Si tratta di un colpo duro e lesivo al sistema dei diritti fondamentali della persona contro il quale salta agli occhi il silenzio complice dei tanti "garantisti à la carte", quelli che amano impartire lezioni antidemagogiche senza neppure crederci. Ci si aspetterebbe una massiccia indignazione per la timida, quasi inconsistente, reazione di quell'opinione pubblica che ama definirsi formalmente "progressista e democratica". E invece, fuori dal coro solo poche voci, quelle di Pisapia e di pochi altri parlamentari delle forze di sinistra. Per arginare la crescita della destra, di Salvini, si tenta una disperata rincorsa e ci si scinde. Dai propri valori e dalla parte migliore di quello che un tempo era un popolo orgoglioso e mobilitato.
 
Mattia Ciampicacigli

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