Sulla nuova Repubblica di venerdì 24 novembre , c’è un articolo, a firma di Marco Ruffolo, dal titolo:
“giovani o anziani. Il dilemma che divide l’Europa”
Sottotitolo
“le scadenze elettorali in tutto il continente impongono scelte su chi salvaguardare”
La sostanza di questo articoloè la seguente:
la “sinistra” nel mondo, sia quella che si è svincolata dal Blairismo europeo o dalla visione “liberal” americana ( cioè Corbin in Inghilterra, Melenchon in Francia, Sanders in USA, syriza in Grecia, Podemos in Spagna, Linke in Germania e la sinistra di Speranza, Fratoianni e Bersani in Italia, ma farei prima a dire la CGIL ), sia quella parte che dall’interno del PD critica Renzi, o la social democrazia tedesca di Schultz, che cerca di non lasciarsi appiattire al seguito della Merkel, ha, da sempre, innalzato la bandiera della “causa giovanile”, ma con l’approfondirsi della erosione dello stato sociale in Europa e con la visione “europea” di Sanders, ha aggiunto al lavoro per i giovani, la necessità di vita adeguata per i pensionati;, nel presente immediato ha aggiunto, la salvaguardia per chi vede la pensione allontanarsi e, in prospettiva, la preoccupazione per il futuro pensionistico delle generazioni di giovani precari.
(Cioè, aggiungo io, ha messo sul tavolo la salvaguardia di tutti i non salvaguardati del mondo occidentale)
All’avvicinarsi degli appuntamenti elettorali, o quando, dalle rivendicazioni astratte si debba passare a mettere le scelte programmatiche nero su bianco, questo afflato omnicomprensivo si scontra con il problema insormontabile delle risorse e delle priorità.
L’articolo cita Cacciari che dice che l’unica cosa da fare è una grande redistribuzione dei redditi, per cui, le forze della sinistra, invece di promettere tutto a tutti, devono dire chi vogliono rappresentare e contro chi vogliono andare.
Non so se Cacciari abbia davvero usato questi termini, ma la sostanza rimane: poichè la sinistra radicale, nei suoi proclami, non ha mai dichiarato l’intenzione di accogliere in quel “tutti” anche i garantiti della rendita e del potere, il “contro chi vogliono andare” vuol dire scegliere quali “poveri” aiutare e quali abbandonare.
Tutti, non si può.
I metodi per sciegliere chi aiutare possono poi essere diversissimi, fino al testa o croce.
Gli unici che non soffrono per questo dilemma sono quelli che poveri non sono, non hanno di questi problemi e dicono che non c’è verso: tutti i poveri non possono essere aiutati e Cacciari ha ragione.
L’allocazione di risorse finite non è un’ invenzione del sistema.
Il sistema gerarchico delle priorità è invece un’ invenzione del sistema
Chi lo ha inventato pensa che questa gerarchia sia immutabile
Purtroppo chi (al di là delle demagogie e dei populismi interessati e in genere grossolanamente ignoranti) riconosce che scegliere chi sacrificare è iniquo, continua però a pretendere di cambiare, rimanendo all’interno del sistema e quindi nell’ambito della gerarchia imposta come legge immutabile.
Continuo ad essere convinto che il sistema non sia in grado di autoemendarsi e il futuro: la questione ambientale ormai vicina al punto di non ritorno, l’avidità del profitto che pretende di abbattere ogni ostacolo, la tecnologia che ridurrà al lumicino la necessità di lavoro umano, l’esigenza di trovare fonti di reddito per la stragrande maggioranza, accomunano tutti in una sorta di impotenza che rende ogni prospettiva fondata sul presente e circoscritta nell’orizzonte asfittico dei politici in voga, incapace di indicare soluzioni.
Non lo sa fare la frazione dei garantiti ma nemmeno quella dei riformisti radicali nè tanto meno quella dei populisti.
Così, tutti insieme, felicemente, andremo a sbattere, e noi, ancora garantiti, lo faremo cantando che viviamo nel migliore dei mondi possibili.
Umberto Pradella
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