Con Sverrir Gudnason, Shia Labeouf, Stellan Skårsgard,
Tuva Novotny, Claes Ljungmark, Robert Emms, Svezia/Danimarca/Finlandia 2017.
Sceneggiatura di Ronnie Sandhal.
Match
points
Per diventare
un campione di tennis, oltre alla preparazione atletica e tecnica, è
fondamentale avere una cosa: la “testa”. Ciò significa che bisogna possedere
una straordinaria capacità di concentrazione e coniugarla a una spaventosa
determinazione. Personalmente sono stata in passato una più che mediocre
giocatrice di tennis e mi sono sempre meravigliata nel vedere quali potessero
essere gli effetti devastanti di un attimo di deconcentrazione: la pallina, immediatamente,
schizza via lontano.
Nel
film Borg McEnroe, del regista Janus Metz Pederson, siamo
a Wimbledon nel 1980, cuore del tennis, unico Grande Slam su erba, meta e sogno
di ogni giocatore. Björn Rune Borg
(interpretato dall’affascinante Sverrir Gudnason, attore poco conosciuto fuori
la Svezia), all’epoca numero uno del mondo, a ventiquattro anni aveva già vinto
il titolo in quattro annate consecutive e si accingeva a conquistarlo una quinta
volta per entrare nella storia del tennis. Si affacciava alla gloria un giovane
mancino newyorkese, John Patrick Mc Enroe (un bravissimo e stizzoso Shia
Labeouf), un tennista di origine irlandese che possedeva un gran servizio, ma
anche un carattere piuttosto vivace e irriverente.
Borg
è sotto pressione, la sua maschera di ghiaccio comincia a vacillare, la sua
sete di vittoria lo porta a sentirsi male, a sviluppare pratiche di
autocontrollo metodiche e punitive e di subire perfino attacchi di panico (o
almeno così il film racconta). John Mc Enroe, invece è dipinto come un
nevrotico (si, si lo è) che litiga con tutti, insulta i giornalisti, i giudici,
e perfino il pubblico che, infatti, lo fischia. Meno si sente amato e più si
indispettisce. Ciononostante è dotato di un grandissimo talento e il suo serve and volley è molto rapido ed
efficace.
Tra
il 1978 e il 1981, i due tennisti rivali si sono incontrati per ben quattordici
volte vincendo esattamente sette partite ciascuno. Inoltre, tra il 1980 e l’81,
i due si sono alternati al primo posto della classifica anche nello stesso
mese, fino al ritiro di Björn Borg dal tennis a soli ventisei anni. La finale
di Wimbledon disputata tra Borg e Mc Enroe quell’anno, è considerata da molti
una tra le più belle ed emozionanti di tutta la storia del tennis, in
particolare il tie-break del quarto
set dove John Patrick ha annullato cinque match
point a Björn Borg. In sintesi, il film mostra l’inizio del passaggio di
consegne tra un sofferente Borg che sente il declino psicofisico della sua
stella, e un super-promettente Mc Enroe.
Nel
film sono mostrati attorno ai due protagonisti anche altri famosi giocatori
della fine degli anni ’70 come Jimmy Connors (altro rivale) e i più gaudenti
Vitas Gerulatis e Ilie Nastase e Peter Fleming suo compagno di doppio.
All’epoca si giocava ancora con le racchette di legno, non vigevano ancora le
rigide regole nutrizioniste e il coach
era uno solo, non un team di
specialisti. In originale il film è intitolato solo Borg dedicato appunto a questa sorta di eroe nazionale svedese che
ha contribuito a dare un nuovo slancio al tennis scandinavo. L’occhio di bue,
infatti, è incentrato su Björn, visto dal suo affezionato allenatore Lennart
Bergelin (il bravissimo Stellan Skårsgard), inframezzato da vari flash back che raccontano la sua
infanzia, i suoi tormenti adolescenziali e le sue difficoltà nell’applicazione
di una ferrea disciplina mentale per forgiare il carattere. Mc Enroe è
rappresentato prevalentemente come simbolo del nuovo, del futuro, e della
giovinezza, anche se solo tre anni separano i due giocatori.
Presentato
all’ultimo Festival di Roma, il film presenta uno strepitoso montaggio, non
indugia sulle prestazioni tecniche dell’incontro, ma indaga sulle psicologie
dei due tennisti che, nonostante le abissali differenze caratteriali, hanno
molti punti in comune. In tal modo il film può essere seguito anche da un
pubblico generalista.
Ghisi
Grütter
Nessun commento:
Posta un commento