Sceneggiatura
di Agnès Jaoui e Jean Pierre Bacri. Con Agnès Jaoui, Thibault de Montalemert,
Pascal Arbillot, Sarah Suco, Lou Roy-Lecollinet. Francia 2017.
Invecchiare in provincia
Il tema della crisi di una donna cinquantenne
non è nuovo. Pochi anni fa il film Gloria,
del regista cileno Sebastian Lelio del 2013, aveva affrontato questo argomento
con intensità e pathos. In 50 primavere la regista-attrice Blandine
Lenoir, al suo secondo lungometraggio, sembra non aver ben deciso se optare per
un registro ironico o uno drammatico.
Siamo nel sud-ovest della
Francia, in qualche piccola cittadina probabilmente dell’Aquitaine, dove vive Aurore
Tabort (la brava Agnès Jaoui), una donna di mezza età insoddisfatta. Ha due figlie
educate in modo permissivo e un po’ distratto, ed è separata dal marito che,
nel frattempo, ha avute altre due figlie dalla attuale compagna. Si capisce
durante il film che Aurore da ragazza ha fatto scelte un po’ sbadate, come ad
esempio quella di lasciare il suo primo grande amore – che era partito militare
- per mettersi con il suo migliore amico (che poi sposerà). Ha lavorato dando
una mano al marito nel settore della ristorazione, ma poi si trova a fare la
cameriera in un bar dove il giovane proprietario ha fissazioni un po’ strane
come, tra le altre, quella di cambiare il nome alle sue lavoranti. Le figlie
sono ormai cresciute, hanno i loro flirt
e, in amore, sembrano ripercorrere gli stessi errori dei genitori: Sara rimane
incinta giovanissima, come la madre, e Lucie smette di studiare per seguire il
ragazzo musicista all’estero. Aurore ha un'unica amica, Mano, che è femminista
e orgogliosamente single – o almeno
così la vede lei. Nel film hanno una parte rilevante le “vampate di calore”
causate dalla meno pausa, tema questo considerato come la fine funzionale della
vita femminile. Aurore è stufa di una vita senza senso e, al primo battibecco
con il datore di lavoro, si licenzia per poi non riuscire a trovare nulla –
mancanza di qualifica, età, lavori pregressi al nero - se non una misera
occupazione come donna delle pulizie insieme alle donne nere e/o
extra-comunitarie. Ma nonostante ciò e una decina di chili di troppo e un’aria trascurata,
piace ancora a vari uomini. Trova un appassionato corteggiatore, di cui però
non è innamorata, e invece rincontra casualmente Christophe Tochard, il suo
primo grande amore dei diciotto anni.
Il film 50 primavere non mi sembra
del tutto riuscito per la discontinuità del ritmo, per gli eccessi di primi
piani su volti che li temono, nonostante Agnès Jaoui (che ha anche scritto con
Jean Pierre Bacri la sceneggiatura) sia piuttosto brava. Del resto non è
affatto accattivante neanche il milieu
piccolo-borghese descritto, con gli interni delle abitazioni arredate in modo
sciatto e senza gusto, e tra tutti i personaggi non c’è n’è nessuno particolarmente
affascinante. Persino le giovani figlie di Aurore sono poco attraenti. Inoltre,
sono tutti vestiti talmente male che non si riesce neanche a datare
precisamente la vicenda. Le poche immagini della cittadina contribuiscono a
trasmettere un senso di ibrido; i vecchi edifici in centro storico sono mal
tenuti mentre la piatta campagna sembra un po’ arida: tutti elementi che
costituiscono il degno scenario a questa storia.
In alcuni punti il film è un po’ sopra
le righe e sembrerebbe essere più un film spagnolo che francese. La regista è
abbastanza giovane – prima ha solo recitato e girato alcuni cortometraggi - e
ancora deve maturare un suo linguaggio.
Ghisi Grütter
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