Questa volta Woody Allen ha
cercato ispirazione nella cultura letteraria più propriamente americana.
Infatti, Wonder Wheel è un film
estremamente teatrale che riprende in pieno la produzione drammaturgica di
Tennessee Williams. Come non pensare a Blanche (interpretata da Vivien Leigh)
nella scena finale della trasposizione cinematografica di A Streetcar named Desire del 1951?
Del resto a Blanche Woody Allen si era già ispirato per il personaggio
femminile di Blu Jasmine nel 2013.
Kate Winslett comunque è molto brava a impersonare Ginny, chiusa nel suo sogno
perduto di attrice teatrale. Alcuni critici hanno riscontrato nel film di Allen
molte analogie anche con i film melodrammatici di quegli anni come Lo specchio della vita di Douglas Sirk
del 1959 o Mildred Pierce di Michael
Curtiz del 1945 (la cui serie televisiva del 2011 è interpretata proprio da
Kate Winslet).
Siamo appunto negli anni
Cinquanta a Coney Island, dove Ginny (la già citata Kate Winslett) lavora come
cameriera in una tavola calda. In seconde nozze ha sposato Humpty (Jim Belushi
perfetto nella parte), un ex alcolista attualmente manovratore di giostre al
Luna Park. Ginny, inoltre, ha un figlio di dieci anni, cinefilo e piromane,
nato dal primo matrimonio. Un giorno sulla spiaggia conosce Mickey Rubin (un
insignificante Justin Timberlake), uno studente aspirante scrittore che per
sbarcare il lunario fa il bagnino stagionale proprio lì, a Brighton Beach. Ne
nasce una storia di passione e lei spera che questo ragazzo, più giovane di
lei, possa comprenderla e aiutarla a fuggire da quel matrimonio privo di amore,
basato su di un reciproco bisogno di protezione e che oggi la soffoca. Anche
Humpty è al suo secondo matrimonio e, un giorno, appare Caroline (impersonata
dall’attrice britannica Juno Temple), la figlia ventiseienne scappata da casa
dopo la morte della madre cinque anni prima, per sposare un malavitoso di
origine italiana. Essendosi lasciati e, avendo lei “spifferato” un po’ di cose
alla polizia, l'ex marito le sta dando la caccia per vendicarsi.
La storia è piuttosto prevedibile
e ogni tanto sembrerebbe scivolare nel grottesco con alcune figure alquanto
stereotipate come i sicari del gangster. Il film è molto statico, la maggior
parte delle scene sono girate nell’appartamento/palcoscenico della coppia sopra
la ruota delle meraviglie, ed è un po’ troppo parlato - anzi strillato specie
nel doppiaggio di Francesco Pannofino - risultando qua e là un po’ noioso. Nel
finale però si riprende, anche grazie alla bravura della Winslet che evoca così
quel mondo di follia e di sogni che in fondo c’è un po’ in tutte quelle donne
che sono state, e sono a tutt’oggi, costrette a lavorare e a vivere senza gioia
nel ruolo di mogli e madri, senza amore, e senza la soddisfazione di una
propria realizzazione.
La fotografia molto bella è di
Vittorio Storaro, alla seconda collaborazione con Allen dopo Café Society del 2016. Intense sono le
scene della spiaggia brumose, grigie e spesso con la pioggia, mentre le
immagini serali controluce arrossate dal tramonto o illuminate da luce
artificiale sono più affascinanti del reale. Questo fatto è forse da
considerare simbolicamente rilevante. Nelle ricostruzioni d’epoca, Allen e il
suo staff sono imbattibili, nei costumi, nelle acconciature, nelle scene - lo
scenografo Santo Loquasto lavora con Allen fin dal 1980 - e lo hanno dimostrato
specialmente nelle ambientazioni newyorchesi dell’epoca, basti citare Radio Days del 1987 o il recente Café Society.
Ghisi Grütter
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