Riceviamo e convintamente pubblichiamo
C O M U N I C A T O
L'invenzione del «nemico» — Un censimento nel 1938
L'invenzione del «nemico» è l'espediente a cui, da sempre, ricorrono i governi autoritari e repressivi quando sanno di essere impotenti a risolvere i problemi reali di un paese, applicandone le leggi.
Ottanta anni fa, proprio in questo periodo, Mussolini dopo aver mandato in carcere e al confino gli oppositori del regime — e il confino non era una villeggiatura come oggi vorrebbe far credere qualcuno! — promosse un censimento degli ebrei: l'iniziativa produsse nella popolazione un certo sconcerto e il «duce» si affrettò a inviare una velina ai giornali perché tranquillizzassero l'opinione pubblica dicendo che censendo gli ebrei non si voleva perseguitarli, ma semplicemente sapere quanti erano e dove vivevano.
In apparenza tutto bene, se non che il «duce» fece un passo successivo: riunì scienziati compiacenti che elaborarono il manifesto della razza: gli italiani non dovevano essere contaminati da individui di «razza inferiore». Il terreno era preparato per procedere all'espulsione dal Regno degli ebrei di altra nazionalità, immigrati in Italia anche per sottrarsi alle persecuzioni; gli ebrei italiani «bisognava tenerseli» — e a ciò si provvide escludendoli per legge dalla vita sociale.
Cinque anni dopo, l'invenzione del «nemico» doveva produrre i suoi effetti più tragici: se gli ebrei erano nemici, ora che si era in guerra a fianco di Hitler, bisognava arrestarli, farli prigionieri e costringerli nei campi di concentramento, disseminati in tutta Italia. Dai campi di concentramento si passò a quelli di sterminio e la pratica trascinò con sé anche gli Zingari Rom e Sinti, gli omosessuali, i Testimoni di Geova, gli «asociali», nonché evidentemente tutti gli oppositori del nazifascismo. Il tutto nel silenzio dell'opinione pubblica, vuoi per convinzione indotta dalla propaganda, vuoi per servilismo, vuoi per paura di parlare.
E tutto questo era cominciato con un «innocuo» censimento di una componente della società italiana che rappresentava l'1 per mille dell'intera popolazione.
Oggi, di fronte agli immigrati che fuggono dalla guerra, dalla fame e dalle persecuzioni, si vorrebbe ricorrere alla loro espulsione, degradandoli da uomini, donne e bambini disperati a clandestini, se non a delinquenti.
I loro viaggi della disperazione e della speranza, nelle mani di volgari trafficanti sono definiti crociere, e si dice che è finita la pacchia per quelli che li accolgono perché inizi per loro una nuova vita.
Parole indegne di qualsiasi persona, ancor più di un ministro degli Interni che guarda con simpatia ai governi autoritari e xenofobi al di qua e al di là del Mediterraneo e dell'Atlantico.
La storia non si ripete mai in forme eguali, ma alcuni segnali debbono essere colti, oggi, se non si vogliono ripetere gli errori e gli orrori del passato. La gente oggi sa, può contrastare la propaganda di regime, sa di dover proteggere la democrazia e l'unità dell'Europa: deve quindi attuare e difendere i principi della Costituzione a cui i ministri giurano di essere fedeli, salvo poi ignorarla nei fatti. Se non hanno tempo e voglia di leggerla tutta, imparino almeno a memoria e rispettino l'incipit dell'articolo 3: « Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali ». E sarà un bene che riflettano sulla disposizione che reca il numero XII: «È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista». «Sotto qualsiasi forma!».
Questo vale per ciascuno di noi e a maggior ragione per chi ci governa.
César DUJANY
Paolo MOMIGLIANO LEVI
Aosta, 19 Giugno 2018
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