9 giugno 2018

Recensione film: THE CHRONICLES OF MELANIE, regia di Viestur Kairish


Con Sabine Timoteo, Edvins Mekss, Ivars Krasts, Guna Zarina, Baiba Broka, Lettonia, Repubblica Ceca, Finlandia del 2016. Musica di Arturs Maskats.






Angoscia siberiana

Il film è una sorta di melodramma espressionista, in bianco e nero, che narra i sedici anni di reclusione in Siberia di Melanija Vanaga, a partire dall’inizio degli anni ’40. Del 1939 è il patto Molotov-Ribbentropp – tra Germania nazista e URSS - che poneva la Lettonia nella sfera d’influenza sovietica e nel 1940 fu occupata dall’Armata Russa e divenne la Repubblica Socialista Sovietica Lettone. Il film è basato sulle lettere, che poi sono diventate un libro (“Sulla riva del Velupe” 1991), che Melanija ha realmente scritto durante quegli anni di deportazione, testimonianze preziose di un’inutile e ingiusta sofferenza. I Lettoni nel Novecento sono passati da un’occupazione all’altra, e in questo film è mostrata l’epoca in cui i sovietici hanno portato via 40.000 persone dei paesi Baltici, così come ha raccontato la giovane Ambasciatrice della Lettonia, nel presentare la proiezione all’interno del ACDMAE Film Festival, presso il cinema Tiziano di Roma.

Il 14 giugno del 1941 i soldati entrarono nella casa di Melanija e suo marito Aleksandrs, editore di un giornale, e intimarono di lasciare tutto e di seguirli insieme al figlioletto di otto anni, Andrejs. Con altri 15.000 Lettoni furono deportati in Siberia; furono subito separate le donne dagli uomini e stipate in vagoni ferroviari, al posto del bestiame. Solo dopo due settimane di viaggio raggiunsero la destinazione. Sistemate alla meglio in baracche, le donne venivano trattate come schiave: lavoravano nei campi mangiando molto poco. Ciò che ha tenuto in vita Melanija, oltre alla presenza del figlio, è stata la speranza di rincontrare il marito e, prima o poi, di far ritorno in patria. A tale scopo ha scritto centinaia di lettere (chissà dove trovava la carta per scrivere?) al marito, mai spedite perché non ne aveva l’indirizzo.

Il film presenta alcune scene di grande impatto come quella in cui i maiali mangiano le patate raccolte dalle donne affamate o, subito all’inizio, l’omicidio-suicido in treno di una madre disperata. Purtroppo se ne conoscono molte di queste storie, anche più raccapriccianti, specialmente se si pensa ai campi di sterminio nazisti.

Tutto il film trascorre lento nei suoi 120 minuti in cui non accade praticamente nulla di particolare se non che riesce a far rimpatriare il figlio privandosi ancora di un altro affetto. Melanija ritornerà a Riga solo nel 1957 per scoprire che il marito era morto nei campi nel 1942. Il regista, noto più per essere un regista teatrale che uno cinematografico, ha accentuato l’espressività di molte scene evitando appositamente l’uso dei colori. Il film trasmette una grande angoscia dovuta al freddo, alla fame, all’impotenza, al non sapere. Il film costituisce, pertanto, un possente “j’accuse” nei confronti dei Sovietici e fa trasparire tutto il rancore della popolazione lettone per i Russi.

La protagonista è interpretata dalla bravissima attrice svizzera Sabine Timoteo – tra l’altro l’interprete anche di Cocò in “Le Meraviglie” di Alice Rorwacher - che, dato l’alto senso drammatico del copione, ha voluto recitare nella lingua originale, deliberatamente studiata. “The Chronicles of Melanie” ha ricevuto il premio per il miglior film al Tallinn Black Nights Film Festival del 2016. Così ha scritto del film Wendy Ide, la critica cinematografica del giornale “The Guardian”: «Una potente rappresentazione del risvolto umano, durante la pulizia etnica dei Sovietici nelle regioni Baltiche».



Ghisi Grütter



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