27 febbraio 2018
Dai giornali di oggi 27 febbraio
A destra è un caso l’offerta di aiuto del leader di Casa Pound Di Stefano a Salvini: “Se ci porta fuori dall’euro e dalla Ue e blocca l’immigrazione siamo pronti a sostenerlo. Dovrebbe essere un governo che non ha Tajani premier e Brunetta all’Economia, ma Salvini premier e un Bagnai all’economia” (Stampa e tutti). Salvini non chiude la porta: “Mi occupo di Lega e di centrodestra, tutto quello che accade fuori non mi interessa. Non vedo l’ora di essere messo alla prova, poi dal 5 marzo incontrerò tutti”. Ma intervistato dal Messaggero, Salvini dice: “La Ue brutta è quella di Juncker, Tajani è diverso. Il sostegno di Casa Pound? Siamo robusti, possiamo farne a meno. Con Berlusconi ci siamo parlati al telefono due giorni fa. Tema: la flat tax. Siamo d’accordo su questo. Se Fi vince io sarò leale, se vinco io sono sicuro che sarà leale Berlusconi”. Salvini bolla come “scenario impossibile” un’intesa Pd-Fi e Lega-M5S: “A noi la gente ci chiede chiarezza e ci vota perché siamo allergici ai giochetti”. E sull’Europa: “Con Berlusconi siamo d’accordo che deve cambiare tutto nella politica europea, sulle banche, sull’immigrazione, sul piano delle decisioni monetarie. Se alcuni poteri marci europei ci temono fanno benissimo. C’è modo e modo di stare in Europa. Noi ci staremo daliberi e non da schiavi”.
Intanto Berlusconi boccia la manifestazione unitaria del centrodestra. Per il Messaggero la cerchia azzurra più ristretta sconsiglia il Cav di essere a Roma il primo marzo con Salvini e Meloni: “Non ci porta nulla”.
“Berlusconi non ha eredi, non c’è nessuno che possa sostituirlo, né come leader né come federatore del centrodestra” dice Tajani, ma è pronto all’investitura a premier (Corriere). Il presidente dell’Europarlamento continua a negare ogni suo impegno su scala nazionale ma Berlusconi potrebbe lanciarlo per il ruolo di premier alla fine della campagna elettorale, per tentare la vittoria. Su Repubblica le trattative già in corso per il governo di centrodestra nel caso FI fosse primo partito della coalizione. La guida del governo dovrebbe andare a Tajani, la presidenza del Senato a Calderoli, quella della Camera alla Gelmini. Quanto ai ministeri A Salvini andrebbero gli Interni, a Giorgetti l’Economia, all’ex presidente Consob Vegas lo Sviluppo Economico, a Brunetta la Funzione Pubblica, alla Bongiorno la Giustizia, alla Meloni Salute e Famiglia, alla Carfagna la Pubblica Istruzione e allo Sport Galliani. Sul Messaggero le ipotesi-governo in caso di pareggio: è il piano B che tutti negano ma a cui molti lavorano. Tra potenziali ministri “tripartisan” il Messaggero fa i nomi di Bonino, Calenda, Cottarelli, Dassù, Giovannini, Gallitelli, Minniti, Massolo.
Il M5S punta alla presidenza della Camera – “la carica spetta al primo partito” – e Di Maio lavora alla lista del governo. “Ci saranno donne di grande competenza ed esperienza, allo Sviluppo Economico avremo un eccellenza italiana come il professor Lorenzo Fioramonti. E avere il generale Sergio Costa al Ministero dell’Ambiente dovrebbe essere un motivo di vanto non per polemiche sterili”. Di Maio nega irritazione con il Colle – “la mia scelta di comunicare la nostra proposta di squadra di governo è stata un atto di cortesia” – e sulle alleanze post voto dice: “La nostra squadra di governo la presentiamo ai cittadini giovedì, e prima ancora al Capo dello Stato. Con le altre forze politiche discutiamo di programmi, non di poltrone”. Idem Bonafede (M5S) a Repubblica: “Per noi c’è solo un governo a fuida 5Stelle.Pronti a ragionare di programma ma saremo noi a dsre le carte: niente mercato delle vacche sui nomi”. Repubblica parla però di paletti del Quirinale a Di Maio: la lista dei ministri ora è inutile, per il Colle impossibile prenderli in considerazioni. Intanto è giù totonomi per il governo: in casa 5Stelle si parla di Pier Paolo Sileri alla Salute e Nathalie Tocci agli Esteri. Per il Messaggero i massiccio ricorso a personalità esterne per i ministeri serve a garantirsi sponde a sinistra, tra Leu e la minoranza Pd.
Renzi si prepara alla resa dei conti nel partito: “Comunque vada non lascerò” (Corriere e tutti). “Non ci sarà nessun passo indietro” il messaggio alla minoranza dem, anche in caso di batosta. “Il 5 marzo faremo i conti” ma a chi ipotizza un congresso anticipato se il Pd scenderà al 22-23% manda a dire: “Non c’è una soluzione alternativa”. Ma per Repubblica se il Pd va sotto il 20% o se si va a un governo duraturo del centrodestra il passo indietro è già deciso: Zingaretti e Franceschini i nomi che girano i nomi che girano. Per il Messaggero la soglia-resa dei conti è al 25%, e se il partito dovesse implodere scenderanno in campo i padri nobili. Leoluca Orlando a Repubblica: “A Matteo lo dico da mesi, è ancora in tempo a farsi da parte e lanciare Gentiloni premier”. Ma per Italia Oggi, con l’intervista a Repubblica di domenica Gentiloni si è bruciato: e ora riprendono a salire le quotazioni di Minniti. Santagata al Messaggero: “Il partito torni a lavorare per l’unità del centrosinistra. Quando l’ha fatto si è vinto.Non so cosa succederà dentro al Pd dopo il voto ma non ci sono persone buone per tutte le stagioni: un ricambio dei dirigenti sarà necessario e auspicabile”. Da Insieme la proposta “non di un governo di larghe intese ma un governo del presidente, con compiti ben precisi, di cui il garante sia il capo dello Stato”.
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