Con Sally Hawkins, Michael Shannon, Richard Jenkins, Octavia Spencer, Doug Jones, Nick Searcy, USA 2017. Scenografia di Paul D. Austerberry, effetti speciali di Mike Hill, musica di Alexandre Desplat.
Un film cinefilo
The Shape of Water, titolo originale del
film, è una favola fantasy in
versione grottesca che narra la storia d’amore tra “diversi”. Sembrerebbe di
conoscere già la storia della “bella e la bestia” ma Del Toro la racconta in un
modo tutto suo, confezionando un film omaggio al cinema stesso. Il film, è come
un sogno, ma come il sogno può essere anche vissuto come un incubo. Siamo a
Baltimora nel 1962 in un laboratorio governativo, un bunker segreto. Elisa – interpretata dalla bravissima Sally Hawkins
- è una giovane donna delle pulizie muta, una trovatella che era stata
abbandonata da piccola e cresciuta poi in un orfanatrofio. Lui è un
uomo-anfibio, uno strano essere trovato in un fiume in Amazzonia, che gli scienziati
americani degli anni ’60 pensano di utilizzare per il lancio nello spazio, dopo
che i Russi avevano manato in orbita la cagnetta Laika. In quegli anni, infatti,
vigeva la “Guerra Fredda”, la competitività tra Unione Sovietica e Stati Uniti
era molto accesa e il mondo della scienza era pieno di spie: i Russi
attentavano all’esito positivo degli Americani, mentre questi ultimi erano in
affanno per raggiungere i successi degli antagonisti comunisti. Negli anni ’50
e ’60 il cinema americano brulicava di “creature” come ad esempio Il mostro della laguna nera (anch’esso
proveniente dall’Amazzonia) di Jack Arnold del 1954, su cui ha tratto
ispirazione il regista Del Toro che ha ubicato la vicenda proprio in quegli
anni.
In questo
contesto, al laboratorio viene portata, dunque, una creatura ricoperta di
squame e dai doppi polmoni - per respirare sia in aria sia in acqua - per
essere usato come cavia. Gli scienziati tengono quest’uomo-pesce legato con
delle catene in una grande vasca piena d’acqua, ma viene maltrattato e
seviziato da Richard Strickland, il cattivissimo agente della CIA. Elisa è intenerita
da questo essere che soffre in solitudine, che non parla ma che, secondo lei,
sicuramente avrà dei sentimenti. Di nascosto da tutti lo corteggia, gli offre
delle uova (simbolo della vita) hard-boiled,
gli fa sentire dei brani musicali di Benny
Goodman e Glenn Miller e gli insegna il suo linguaggio gestuale. Nasce man mano
un sentimento che va al di là della compassione perché lui, non solo le fa da
specchio, ma impara perfino a comunicare con lei.
Nel
frattempo sia la CIA sia il KGB lo vogliono morto quindi lei decide di
liberarlo per salvargli la vita. Coadiuvata da un gruppetto di “diversi”, ne
organizza la fuga. E questi personaggi di contorno nella favola, sono forse tra
le cose più belle del film. Octavia Spencer (ormai specializzatasi in queste
parti) è l’inserviente nera proletaria, maltrattata dal marito – i suoi
racconti ricordano i blues di Billy
Holidays – mentre lo splendido Richard Jenkins è il vicino di casa Giles, una
sorta di Norman Rockwell in versione “sfigata”: un pittore, tendenzialmente
omosessuale e in cerca di compagno, che raffigura l’American way-of-life nei suoi dipinti, i quali però vengono, a loro
volta, superati dalla fotografia. Michael Stuhlbarg è il Dott. Robert Hoffstetler,
lo scienziato-spia russo tormentato dalla conflittualità tra essere un bravo
patriota che deve eseguire gli ordini e un bravo scienziato che vuole laicamente
conoscere e imparare. Michael Shannon, invece, è l’agente della CIA che rappresenta
la caricatura dell’uomo bianco, razzista, ambizioso e assetato di potere, descritto
come un tipico personaggio della middle-class,
vive in suburbia con la moglie bionda
e cotonata (come si usava in quegli anni) e i figli ben pasciuti e un po’ cicciottelli.
Il
film ha un bel ritmo in crescendo - e un ottimo montaggio - specialmente nella
prima parte, con una suspense da vero
thriller, mentre la perde un po’
verso il finale con l’affastellarsi di cattivi e cattivissimi.
Con
colori accesi e virato sul ciano, il film La
forma dell’acqua è pieno di citazioni e riferimenti al cinema e di attenta iconografia
di quella epoca, dalle prime pubblicità ai billboards
stradali, dal design alle Cadillac.
La televisione e il cinema – considerati media
mitopoietici - passano continuamente brani che commentano alcuni passaggi del
film, e non è un caso la protagonista abiti proprio sopra una sala
cinematografica. La TV rigorosamente in bianco e nero passa Il piccolo colonnello, un musical del 1934 di David Butler, con Shirley
Temple bambina che duetta con Bill “Bojangles” Robinson - considerato il più
esperto ballerino di tap dance - e che,
con i suoi famosi riccioli biondi, simboleggia l’età dell’innocenza in cui vive
ancora la giovane muta. In TV viene mostrata anche Betty Grable nel numero
“Pretty Baby” tratto da L’isola delle
sirene di Walter Lang del 1943. Nel cinema sotto casa, invece, è proiettato
un film biblico di Henry Koster del 1960 La
Storia di Ruth che ha delle analogie con quella di Elisa. L’onnipresenza
della musica (del pluripremiato Alexandre Desplat) con il suo ruolo sentimentale
ed educativo, è un altro elemento importante del film. Memorabile è il ballo
visionario in bianco e nero tra i due innamorati sulle note di You’ll never Know, brano reso famoso sia
da Alice Faye sia da Frank Sinatra.
Il
film non parla solo dell’amore platonico, ma anche del lato carnale, il regista
messicano descrive il sesso e fa sprizzare il sangue dalle ferite. Tutto è
legato all’acqua (simbolo femminile della maternità e della nascita): lì lei si
masturba, lì lui vive e respira, mentre la pioggia potrebbe ridonargli la
libertà.
Guillermo
Del Toro è riuscito a fare un film di fantascienza con un budget modesto e risparmiando sugli effetti speciali mentre Mike
Hill, l’artista britannico che si è occupato appunto degli effetti speciali,
dichiara in un’intervista che ha lavorato per tre anni sulla figura dell’uomo-pesce
che doveva essere sì una sorta di “mostro”, ma non avrebbe dovuto spaventare
troppo, piuttosto ispirare tenerezza.
Già
vincitore del Leone d’oro a Venezia, The Shape
of Water è candidato a ben 13 Oscar.
Ghisi
Grütter
Nessun commento:
Posta un commento