Assemblea nazionale - Roma, Domenica 22 Gennaio
La vittoria del No al referendum ha dimostrato che la maggioranza degli Italiani si è resa conto del fatto incontestabile che stiamo vivendo in un “sistema economico predatorio” (causato dal pensiero unico dominante del neoliberismo), che produce arricchimento per pochi (globalizzazione dei capitali) e impoverimento per molti (globalizzazione della miseria); mentre nei primi trenta anni del dopo guerra ci eravamo abituati ad un “sistema economico produttivo” (di stampo Keynesiano) che produceva la redistribuzione della ricchezza e il benessere di tutti.
La verità è che il pensiero neoliberista, che ha agito con estremo attendismo sin dagli inizi degli anni ottanta del secolo scorso (si pensi alla lettera di Andreatta a Ciampi, con la quale il Ministero del Tesoro sollevò la Banca d’Italia dall’obbligo di acquisire i buoni del Tesoro rimasti invenduti, causando l’innalzamento dei tassi di interesse sul libero mercato e l’aumento irrefrenabile del nostro debito pubblico), si è concretamente affermato con due “strumenti micidiali” per gli interessi economici della collettività: la “privatizzazione” dei beni e servizi pubblici da un lato, e la “creazione del danaro dal nulla” (“cartolarizzazioni” e “derivati”), dall’altro. Basti pensare che sono stati privatizzati: le banche pubbliche (cosicché anche la Banca d’Italia è divenuta praticamente una banca privata), le industrie pubbliche (eliminandosi così il loro legame con il territorio e dando luogo alla loro delocalizzazione con conseguente perdita di posti di lavoro), ed inoltre: isole, montagne, tratti di spiaggia e numerosissimi immobili di carattere artistico e storico, mentre con la privatizzazione dei servizi si sono create delle vere e proprie “pompe aspiranti” della ricchezza nazionale, poiché i profitti sono andati a multinazionali, e cioè fuori dell’Italia. Si tenga presente, inoltre, che con le “cartolarizzazioni” e i “derivati”, e cioè mediante la “finanziarizzazione” dei mercati, si è creata una ricchezza fittizia (di per sé causa di instabilità economica), della quale hanno fruito massimamente le banche e le multinazionali, i cui dissesti finanziari sono stati poi riversati sulla collettività.
E non sfugga che il passaggio della ricchezza nazionale dal “pubblico” (e cioè dalla proprietà collettiva del Popolo) al “privato” (e cioè alla proprietà privata) ha fatto in modo che nel mercato prevalessero di gran lunga gli interessi privati sugli interessi collettivi, di modo che sono oggi i privati che dettano legge ai Popoli e non più questi a porre le norme valevoli nei confronti di tutti.
In altri termini, si è avuto un capovolgimento ordinamentale nel senso che se prima era il diritto emanato dai Parlamenti che legiferava sull’economia, oggi è l’economia privatizzata che impone al diritto le norme da seguire. Di conseguenza, le leggi dei governi succedutisi dal 1980 in poi, e specie negli ultimi anni, hanno protetto gli interessi economici delle imprese molto è più che quelli dei cittadini. Non è più il principio di eguaglianza la stella polare del diritto, ma il maggior profitto dei singoli e delle imprese. E ciò ha investito anche la legislazione europea, che sovente ha calpestato i diritti fondamentali dei Popoli a favore delle multinazionali e delle banche.
Insomma, la sovranità dei Popoli si è trasformata in una sovranità dei mercati, ai quali si deve, tra l’altro, la determinazione del livello dei prezzi, del valore delle monete e dell’ammontare dei tassi di interesse.
A questo punto appare chiaro che, se davvero si vuole il benessere collettivo dei Popoli e non il privilegio di pochi, diventa urgente e indispensabile, per un verso l’abrogazione delle varie leggi incostituzionali le quali hanno legittimato la creazione del danaro dal nulla (vedi allegato n. 1 “Aspetti finanziari”), e per altro verso la “restituzione” al Popolo della proprietà collettiva dei “fattori della produzione” (si possono alienare le merci, ma non le entità che le producono) unitamente alla gestione dei servizi pubblici essenziali. In tal modo lo Stato comunità tornerebbe ad essere un vero protagonista del mercato capace di risolvere qualsiasi crisi economica e qualsiasi attacco della speculazione finanziaria (vedi allegato n. 2 “Aspetti proprietari”).
A questo punto appare chiaro che, se davvero si vuole il benessere collettivo dei Popoli e non il privilegio di pochi, diventa urgente e indispensabile, per un verso l’abrogazione delle varie leggi incostituzionali le quali hanno legittimato la creazione del danaro dal nulla (vedi allegato n. 1 “Aspetti finanziari”), e per altro verso la “restituzione” al Popolo della proprietà collettiva dei “fattori della produzione” (si possono alienare le merci, ma non le entità che le producono) unitamente alla gestione dei servizi pubblici essenziali. In tal modo lo Stato comunità tornerebbe ad essere un vero protagonista del mercato capace di risolvere qualsiasi crisi economica e qualsiasi attacco della speculazione finanziaria (vedi allegato n. 2 “Aspetti proprietari”).
L’imperativo categorico diventa, insomma, l’attuazione del Titolo terzo della Parte prima della Costituzione, dedicata ai “rapporti economici”, tenendo presente che, sia i Trattati internazionali, sia i Trattati europei, sono “norme interposte”, soggette al controllo di legittimità della Corte costituzionale.
Con i più affettuosi auguri di Buon Anno 2017
Paolo Maddalena
(link del documento completo in Pdf: https://www.facebook.com/groups/1042701395784415/1192923514095535/)
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