Per un cambiamento che parta da noi
Documento per l’Assemblea di
ArticoloUNO Roma del 21.03.18
Con
le elezioni del 4 marzo è giunto al suo apice il processo di logoramento della
sinistra storica italiana. Non sono sufficienti analisi sulla sola stagione “renziana”
per spiegarci il costante ritiro della sinistra dalla società. Se guardiamo al
contesto europeo, vediamo che la sinistra non è tutta in crisi. In Gran
Bretagna, Francia, Spagna e non solo, la sinistra ha saputo reinventarsi nelle
forme e nei contenuti più diversi, ha reinventato la linea e ha saputo tornare
competitiva con la crisi delle politiche liberiste e dei loro interpreti. Perché
nessuna delle soluzioni aperte negli altri paesi si è palesata in Italia? Perché
la crisi ha prodotto questo fenomeno di sostituzione nell’elettorato, portando
i nostri elettori nell’alveo del Movimento 5 Stelle? Perché mentre tutto questo
accadeva, i partiti della sinistra si svuotavano, riducendosi a formazioni
elettorali e perlopiù elitarie?
Questi sono solo alcuni dei
perché a cui dovremo saper rispondere. Quel che vediamo per ora è una sinistra
che ha perso la capacità di leggere la realtà e di delineare futuri possibili
di emancipazione.
Cominciamo col parlare del
meno e cioè delle incertezze più evidenti della nostra campagna elettorale.
Abbiamo incentrato la nostra campagna sulla gratuità dell’università, e questo è
condivisibile, ma abbiamo trascurato temi di fondo come Europa, vincoli esterni
e regimi dell’austerità. Non abbiamo proferito parola sulle sfide del
capitalismo digitale e su ciò che questo ha comportato nel modo di lavorare.
Nulla abbiamo detto della femminilizzazione dei rapporti di lavoro, della
disoccupazione giovanile e delle condizioni di sfruttamento ottocentesche che
nell’immaginario collettivo restano legate all’esperienza del centrosinistra.
Per non parlare della violenza maschile sulle donne e sugli immigrati, una
violenza feroce e quotidiana, che proprio per la sua quotidianità conquista il
centro del discorso e diventa il cardine politico delle forze più regressive
delle destra.
L’elettorato che noi continuiamo a
definire “dei più deboli”, perpetuando un registro da filantropi, è privo di
riferimenti. E privo di riferimenti ha chiesto protezione dentro il sistema.
Passiamo quindi al più. Mentre
la sinistra perdeva il polso del paese, la nostra formazione si caratterizzava
per metodi dirigisti e univoci. Non si è trovato lo spazio per alcun percorso
di partecipazione sostanziale, neanche per un coordinamento collegiale di militanti
che potessero progettare ed organizzare una campagna di rapporto sistematico
con i territori. Al contrario le scelte, più o meno delicate che fossero, sono
sempre state adottate per ratifica da delegati che rispondevano a una logica
meramente negoziale.
Crediamo che non ci sia più spazio
per una sinistra calata dall’alto da pezzi di ceto politico poco o per nulla
attrezzato per intercettare i cambiamenti che ci circondano. Non è questione di
forma e non è nemmeno una questione di mera tecnica organizzativa: così condotta
questa sinistra non è stata in grado di leggere la fase e difficilmente saprà orientarsi
nel domani.
Non solo. Questo modo di
conduzione dirigista ha anche confermato l’incapacità politica di raccordo con
le donne e con i loro movimenti. Mentre tutti gli iscritti serravano i ranghi
e, consapevoli dell’emergenza, ratificavano le decisioni, le compagne
accettavano un processo tutto verticale e maschile: nelle posizioni più o meno
apicali, negli organismi di coordinamento, nell’abuso delle pluricandidature e
più in generale nella formazione delle liste senza possibilità di appello, con
esiti nella rappresentanza più che prevedibili[1]. La qualità del processo
insomma ha trovato il suo più evidente riflesso nella composizione del gruppo
parlamentare.
Dovrebbe essere chiaro oggi
che la sinistra necessaria non può articolarsi per segmenti di ceto politico
maschile che coltiva le proprie auto-rappresentazioni con fare verticistico,
ponendo ai margini non a caso il protagonismo delle donne e con loro le istanze
più evidenti della società.
Una pratica alternativa esiste
già nella nostra militanza[2] e chissà quante altre ne
possiamo inventare! Nella gioia e nella fatica del condividere pensiero e
conoscenze e ricerca sempre nuovi, noi compagne proviamo a consolidare una
pratica collettiva - più votata al cosa pensi che al quanto pesi - capace di
travalicare i percorsi individuali pur importantissimi di ognuna di noi. Siamo
convinte che questa pratica sia utile anche e soprattutto alla politica della
sinistra.
Una
proposta per il nostro prossimo futuro
Oggi ci interroghiamo tutte e
tutti sulla possibilità di continuare il percorso di costruzione del soggetto
unico della sinistra. Vogliamo ricordare che alla vigilia del voto i dirigenti
delle tre diverse organizzazioni politiche avevano pubblicamente dichiarato il
loro impegno per l’evoluzione di LeU, affermando (corsivo nostro)
“saremo promotori, insieme ad
altre ed altri, di un processo largo e partecipato, inclusivo ed innovativo,
un percorso democratico, mettendo insieme ciò che si è attivato ed
organizzato. Più e meglio della somma di ciò che c’è. Per farlo, per
farlo bene, occorrono coraggio, umiltà ed unità”
Con meno di questo è impensabile
allargare la partecipazione a chi è fuori di noi. Il voto militante e
identitario dovrebbe avvertirci: o si allarga il cerchio, pronti ad accogliere
il nuovo, o la nostra iniziativa rischia di perdere senso.
Vanno cambiati i processi. Per
questo sentiamo l’urgenza di definire in concreto il percorso democratico per
la nostra rinascita: “largo, partecipato, inclusivo e innovativo”, fuor di ogni
retorica.
Riteniamo inoltre che anche la
definizione del percorso debba passare per una condivisione ampia. Non è ipotizzabile
reiterare quel che già non ha funzionato, né è ipotizzabile continuare nella
logica tutta negoziale fra le tre componenti. La nuova sinistra chiede
discontinuità anzitutto in ciascuno di noi.
Chiediamo per questo l’avvio
di un percorso costituente di “pensiero”, direttamente gestito dalle realtà territoriali
in reciproco coordinamento, che consenta:
•
la
più larga circolazione del pensiero, delle conoscenze e del dialogo
intergenerazionale;
•
la
consuetudine del lavoro comune ed il consolidamento di un pensiero collettivo
aperto al territorio ed al mondo associativo e sociale;
•
l’individuazione
di nuove modalità per la “militanza politica” e l’attività organizzata del partito, nel tempo del lavoro precario e
flessibile, della sottrazione del “tempo sociale” e degli “spazi sociali” nei
territori;
•
l’approfondimento
di temi indispensabili alla conduzione del progetto per l’unità della sinistra,
attinenti anche ai principi etici ed ai valori su cui fondare l’agire politico;
•
l’elaborazione
della forma-partito e del suo statuto, la stesura delle regole di partecipazione
informata e dei percorsi di decisione trasparente, l’individuazione delle
sedi formali per
la determinazione della linea politica;
•
l’avvio
della formazione di una nuova classe dirigente, da costituire nella quotidianità di un impegno di militanza
condiviso e conoscibile nei territori.
È questo un primo concreto
passo per la costruzione di un partito nuovo che non sia la semplice somma “di
ciò che c’è”, somma i cui addendi sono oggi sfocati alla vista. Siamo convinte
infatti che solo un contesto autenticamente democratico e partecipato potrà consentire
un’azione politica e culturale che abbia un impatto tangibile nelle teste e nei
cuori dei nostri concittadini.
Le compagne di Roma
[1] In questa legislatura la presenza delle donne aumenta passando dal 30,7%
al 34,62%. In particolare il Movimento 5 Stelle si posiziona sopra la
media con una presenza di donne pari a
circa il 40%, seguito da Forza Italia con il 34,93%, dal PD con il 33,92%, Lega con il 30,89%,
Fratelli d’Italia con il 30,23% e chiude questa graduatoria al femminile Liberi
e uguali, le cui donne rappresentano il 27,77% delle elette.
[2] Concretamente le nostre proposte
politiche per le donne libere (e non proprio uguali) sono state oggetto di un
volantino elaborato e auto-finanziato dal gruppo donne LeU che hanno costituito
una narrazione centrale della campagna elettorale delle compagne militanti di
Roma. Non solo, il gruppo delle compagne ha anche espresso nel tempo il proprio
orientamento politico in due distinti documenti pubblicati nel sito di
ArticoloUNO, che a tutt’oggi attendono un concreto cenno di attenzione per
avviare un percorso di maturazione e condivisione collettiva sui problemi del
paese in ottica di genere: il lavoro, il welfare, la salute, la violenza,la
democrazia.
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