22 marzo 2018

Articolo Uno / Liberi e Uguali : DOCUMENTO GRUPPO DONNE


                                                   




Per un cambiamento che parta da noi

Documento per l’Assemblea di ArticoloUNO Roma del 21.03.18

Con le elezioni del 4 marzo è giunto al suo apice il processo di logoramento della sinistra storica italiana. Non sono sufficienti analisi sulla sola stagione “renziana” per spiegarci il costante ritiro della sinistra dalla società. Se guardiamo al contesto europeo, vediamo che la sinistra non è tutta in crisi. In Gran Bretagna, Francia, Spagna e non solo, la sinistra ha saputo reinventarsi nelle forme e nei contenuti più diversi, ha reinventato la linea e ha saputo tornare competitiva con la crisi delle politiche liberiste e dei loro interpreti. Perché nessuna delle soluzioni aperte negli altri paesi si è palesata in Italia? Perché la crisi ha prodotto questo fenomeno di sostituzione nell’elettorato, portando i nostri elettori nell’alveo del Movimento 5 Stelle? Perché mentre tutto questo accadeva, i partiti della sinistra si svuotavano, riducendosi a formazioni elettorali e perlopiù elitarie?

Questi sono solo alcuni dei perché a cui dovremo saper rispondere. Quel che vediamo per ora è una sinistra che ha perso la capacità di leggere la realtà e di delineare futuri possibili di emancipazione.

Cominciamo col parlare del meno e cioè delle incertezze più evidenti della nostra campagna elettorale. Abbiamo incentrato la nostra campagna sulla gratuità dell’università, e questo è condivisibile, ma abbiamo trascurato temi di fondo come Europa, vincoli esterni e regimi dell’austerità. Non abbiamo proferito parola sulle sfide del capitalismo digitale e su ciò che questo ha comportato nel modo di lavorare. Nulla abbiamo detto della femminilizzazione dei rapporti di lavoro, della disoccupazione giovanile e delle condizioni di sfruttamento ottocentesche che nell’immaginario collettivo restano legate all’esperienza del centrosinistra. Per non parlare della violenza maschile sulle donne e sugli immigrati, una violenza feroce e quotidiana, che proprio per la sua quotidianità conquista il centro del discorso e diventa il cardine politico delle forze più regressive delle destra.

L’elettorato che noi continuiamo a definire “dei più deboli”, perpetuando un registro da filantropi, è privo di riferimenti. E privo di riferimenti ha chiesto protezione dentro il sistema.

Passiamo quindi al più. Mentre la sinistra perdeva il polso del paese, la nostra formazione si caratterizzava per metodi dirigisti e univoci. Non si è trovato lo spazio per alcun percorso di partecipazione sostanziale, neanche per un coordinamento collegiale di militanti che potessero progettare ed organizzare una campagna di rapporto sistematico con i territori. Al contrario le scelte, più o meno delicate che fossero, sono sempre state adottate per ratifica da delegati che rispondevano a una logica meramente negoziale.

Crediamo che non ci sia più spazio per una sinistra calata dall’alto da pezzi di ceto politico poco o per nulla attrezzato per intercettare i cambiamenti che ci circondano. Non è questione di forma e non è nemmeno una questione di mera tecnica organizzativa: così condotta questa sinistra non è stata in grado di leggere la fase e difficilmente saprà orientarsi nel domani.

Non solo. Questo modo di conduzione dirigista ha anche confermato l’incapacità politica di raccordo con le donne e con i loro movimenti. Mentre tutti gli iscritti serravano i ranghi e, consapevoli dell’emergenza, ratificavano le decisioni, le compagne accettavano un processo tutto verticale e maschile: nelle posizioni più o meno apicali, negli organismi di coordinamento, nell’abuso delle pluricandidature e più in generale nella formazione delle liste senza possibilità di appello, con esiti nella rappresentanza più che prevedibili[1]. La qualità del processo insomma ha trovato il suo più evidente riflesso nella composizione del gruppo parlamentare.

Dovrebbe essere chiaro oggi che la sinistra necessaria non può articolarsi per segmenti di ceto politico maschile che coltiva le proprie auto-rappresentazioni con fare verticistico, ponendo ai margini non a caso il protagonismo delle donne e con loro le istanze più evidenti della società.

Una pratica alternativa esiste già nella nostra militanza[2] e chissà quante altre ne possiamo inventare! Nella gioia e nella fatica del condividere pensiero e conoscenze e ricerca sempre nuovi, noi compagne proviamo a consolidare una pratica collettiva - più votata al cosa pensi che al quanto pesi - capace di travalicare i percorsi individuali pur importantissimi di ognuna di noi. Siamo convinte che questa pratica sia utile anche e soprattutto alla politica della sinistra.

Una proposta per il nostro prossimo futuro

Oggi ci interroghiamo tutte e tutti sulla possibilità di continuare il percorso di costruzione del soggetto unico della sinistra. Vogliamo ricordare che alla vigilia del voto i dirigenti delle tre diverse organizzazioni politiche avevano pubblicamente dichiarato il loro impegno per l’evoluzione di LeU, affermando (corsivo nostro)

“saremo promotori, insieme ad altre ed altri, di un processo largo e partecipato, inclusivo ed innovativo, un percorso democratico, mettendo insieme ciò che si è attivato ed organizzato. Più e meglio della somma di ciò che c’è. Per farlo, per farlo bene, occorrono coraggio, umiltà ed unità”

Con meno di questo è impensabile allargare la partecipazione a chi è fuori di noi. Il voto militante e identitario dovrebbe avvertirci: o si allarga il cerchio, pronti ad accogliere il nuovo, o la nostra iniziativa rischia di perdere senso.

Vanno cambiati i processi. Per questo sentiamo l’urgenza di definire in concreto il percorso democratico per la nostra rinascita: “largo, partecipato, inclusivo e innovativo”, fuor di ogni retorica.

Riteniamo inoltre che anche la definizione del percorso debba passare per una condivisione ampia. Non è ipotizzabile reiterare quel che già non ha funzionato, né è ipotizzabile continuare nella logica tutta negoziale fra le tre componenti. La nuova sinistra chiede discontinuità anzitutto in ciascuno di noi.

Chiediamo per questo l’avvio di un percorso costituente di “pensiero”, direttamente gestito dalle realtà territoriali in reciproco coordinamento, che consenta:

        la più larga circolazione del pensiero, delle conoscenze e del dialogo intergenerazionale;

        la consuetudine del lavoro comune ed il consolidamento di un pensiero collettivo aperto al territorio ed al mondo associativo e sociale;

        l’individuazione di nuove modalità per la “militanza politica” e l’attività organizzata  del partito, nel tempo del lavoro precario e flessibile, della sottrazione del “tempo sociale” e degli “spazi sociali” nei territori;

        l’approfondimento di temi indispensabili alla conduzione del progetto per l’unità della sinistra, attinenti anche ai principi etici ed ai valori su cui fondare l’agire politico;

        l’elaborazione della forma-partito e del suo statuto, la stesura delle regole di partecipazione informata e dei percorsi di decisione trasparente, l’individuazione delle sedi formali per la determinazione della linea politica;

        l’avvio della formazione di una nuova classe dirigente, da costituire  nella quotidianità di un impegno di militanza condiviso e conoscibile nei territori.   

È questo un primo concreto passo per la costruzione di un partito nuovo che non sia la semplice somma “di ciò che c’è”, somma i cui addendi sono oggi sfocati alla vista. Siamo convinte infatti che solo un contesto autenticamente democratico e partecipato potrà consentire un’azione politica e culturale che abbia un impatto tangibile nelle teste e nei cuori dei nostri concittadini.

Le compagne di Roma




[1] In questa legislatura la presenza delle donne aumenta passando dal 30,7% al 34,62%. In particolare il Movimento 5 Stelle si posiziona sopra la media  con una presenza di donne pari a circa il 40%, seguito da Forza Italia con il 34,93%,  dal PD con il 33,92%, Lega con il 30,89%, Fratelli d’Italia con il 30,23% e chiude questa graduatoria al femminile Liberi e uguali, le cui donne rappresentano il 27,77% delle elette.
[2] Concretamente le nostre proposte politiche per le donne libere (e non proprio uguali) sono state oggetto di un volantino elaborato e auto-finanziato dal gruppo donne LeU che hanno costituito una narrazione centrale della campagna elettorale delle compagne militanti di Roma. Non solo, il gruppo delle compagne ha anche espresso nel tempo il proprio orientamento politico in due distinti documenti pubblicati nel sito di ArticoloUNO, che a tutt’oggi attendono un concreto cenno di attenzione per avviare un percorso di maturazione e condivisione collettiva sui problemi del paese in ottica di genere: il lavoro, il welfare, la salute, la violenza,la democrazia.

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