17 marzo 2018

Recensione film: OMICIDIO AL CAIRO regia di Tarik Saleh


Con Fares Fares, Mari Malek, Hania Amar, Yasser Ali Maher, Slimane Dazi, Ahmed Selim, Mohamed Yousry, Ger Duany, Hichem Yacouvi, Svezia, Danimarca, Germania, del 2017, 107’.

 



 

La corruzione come sistema

“The Nile Hilton Incident” – titolo originale del film - è un thriller-noir basato su una storia vera: nel 2008 la famosa cantante libanese Suzanne Tamin fu uccisa a Dubai e il colpevole era un businessman e parlamentare egiziano.

Nel film siamo in Egitto nel gennaio 2011, pochi giorni prima dello scoppio della rivoluzione contro il trentennale regime del Presidente Hosni Mubarak e il suo establishment.  Noredin Mustafa (Fares Fares, attore svedese di origine libanese) è un ufficiale di polizia de Il Cairo che ha il grado di maggiore ed è protetto dallo zio, il generale Kamal Mostafa (Yasser Ali Maher). Non disdegna qualche bustarella con cui ci compra l’erba da fumare che tiene nel freezer. Ha perso la moglie in un incidente d’auto e deve accudire, alternandosi con il fratello, il padre anziano non più autonomo del tutto.

A un certo punto nel lussuoso Hotel Nile Hilton viene uccisa una famosa cantante che, si capirà dopo, era l’amante di Hatem Shafiq (Ahmed Selim), un facoltoso parlamentare egiziano, imprenditore e costruttore, per di più amico del Presidente. Salwa (la bellissima Mari Malek), è una cameriera sudanese senza permesso di soggiorno, che ha visto il ricco parlamentare uscire dalla stanza dopo un litigio e arrivare un killer professionista. Si nasconde, e poi scappa.

Da un supposto omicidio passionale, la scomoda indagine porterà a qualcosa di indescrivibile, in cui sembra che tutti siano un po’ implicati – compresi  i Servizi segreti e la Sicurezza di Stato - così che il caso sarà insabbiato, considerato un suicidio. Un ultimo sprazzo di orgoglio contro l’assenza totale di giustizia nella polizia egiziana, e di cui il film mostra vari esempi, farà sì che Noredin proseguirà in modo ostinato le sue indagini totalmente isolato, nonostante tutto e perfino contro il parere dell’influente zio.

Tutto parte da questo evento e, dietro una trama un po’ complicata, “Omicidio al Cairo” descrive un contesto sociale e politico teso e una corruzione totalmente diffusa. La prima scena del film mostra l’auto dei poliziotti in borghese che fanno il giro attorno alla piazza Tahrir per ritirare il pizzo dai commercianti i quali, finalmente, si ribellano. In qualche modo Tarik Saleh, il regista svedese di origini egiziane, ci fornisce alcune motivazioni per l’odio della popolazione egiziana nei confronti dei poliziotti e dello scoppio della Primavera Araba.

Il Cairo è una metropoli di dieci milioni di abitanti e di oltre quindici milioni nell’area metropolitana. “Omicidio al Cairo” mostra una città assolutamente inedita, sporca e disordinata, e del tutto inospitale; è descritta in crescita quantitativa con tantissimi metri cubi di cemento ancora da completare o da assegnare, invasa da traffico e dal rumore, con larghe autostrade oppure stretti vicoli grigi. Squallore e povertà sono lo scenario urbano che sparisce solo nei fastosi insediamenti residenziali degli “intoccabili” - con immunità parlamentare - e che ricordano i quartieri ricchi sudamericani con campi da golf e vigilantes armati.

Il film si chiude con la scena nel giorno della festa della polizia, il 25 gennaio, quando la popolazione - prevalentemente giovani della classe media - esasperata si riversò nelle piazze scontrandosi con i poliziotti e, in tal modo, la rivoluzione raggiunse il vertice. Purtroppo poi non è andata così bene come si sarebbe sperato, tanto è vero che ne abbiamo un drammatico esempio nel caso di Giulio Regeni.

Tarik Saleh, che ha costruito il film sui gesti di corruzione quotidiana, è stato costretto a girare molte scene a Casablanca per una decisione dei Servizi di Sicurezza egiziani, presa pochi giorni prima dell’inizio delle riprese. Il regista deve aver visto sicuramente molti film noir americani degli anni ’40 (l’eterna sigaretta in bocca sembra essere proprio una citazione dell’ispettore Marlow/Humphry Bogard) e letto molto Hammet e Chandler, perché il film ha un bel ritmo, è ben fatto, ed è stato premiato al Sundance Film Festival dello scorso anno. Ottima la sensuale colonna sonora.
 
Ghisi Grütter

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