Con Fares Fares, Mari Malek, Hania Amar, Yasser Ali Maher, Slimane Dazi, Ahmed Selim, Mohamed Yousry, Ger Duany, Hichem Yacouvi, Svezia, Danimarca, Germania, del 2017, 107’.
La corruzione come sistema
“The
Nile Hilton Incident” – titolo originale del film - è un thriller-noir basato su una storia vera: nel 2008 la famosa cantante
libanese Suzanne Tamin fu uccisa a Dubai e il colpevole era un businessman e parlamentare egiziano.
Nel
film siamo in Egitto nel gennaio 2011, pochi giorni prima dello scoppio della
rivoluzione contro il trentennale regime del Presidente Hosni Mubarak e il suo establishment. Noredin Mustafa (Fares Fares, attore svedese
di origine libanese) è un ufficiale di polizia de Il Cairo che ha il grado di
maggiore ed è protetto dallo zio, il generale Kamal Mostafa (Yasser Ali Maher).
Non disdegna qualche bustarella con cui ci compra l’erba da fumare che tiene
nel freezer. Ha perso la moglie in un
incidente d’auto e deve accudire, alternandosi con il fratello, il padre
anziano non più autonomo del tutto.
A un
certo punto nel lussuoso Hotel Nile Hilton viene uccisa una famosa cantante
che, si capirà dopo, era l’amante di Hatem Shafiq (Ahmed Selim), un facoltoso
parlamentare egiziano, imprenditore e costruttore, per di più amico del
Presidente. Salwa (la bellissima Mari Malek), è una cameriera sudanese senza
permesso di soggiorno, che ha visto il ricco parlamentare uscire dalla stanza
dopo un litigio e arrivare un killer professionista.
Si nasconde, e poi scappa.
Da un
supposto omicidio passionale, la scomoda indagine porterà a qualcosa di indescrivibile,
in cui sembra che tutti siano un po’ implicati – compresi i Servizi segreti e la Sicurezza di Stato -
così che il caso sarà insabbiato, considerato un suicidio. Un ultimo sprazzo di
orgoglio contro l’assenza totale di giustizia nella polizia egiziana, e di cui
il film mostra vari esempi, farà sì che Noredin proseguirà in modo ostinato le
sue indagini totalmente isolato, nonostante tutto e perfino contro il parere
dell’influente zio.
Tutto
parte da questo evento e, dietro una trama un po’ complicata, “Omicidio al Cairo” descrive un contesto
sociale e politico teso e una corruzione totalmente diffusa. La prima scena del
film mostra l’auto dei poliziotti in borghese che fanno il giro attorno alla
piazza Tahrir per ritirare il pizzo dai commercianti i quali, finalmente, si
ribellano. In qualche modo Tarik Saleh, il regista svedese di origini egiziane,
ci fornisce alcune motivazioni per l’odio della popolazione egiziana nei
confronti dei poliziotti e dello scoppio della Primavera Araba.
Il
Cairo è una metropoli di dieci milioni di abitanti e di oltre quindici milioni
nell’area metropolitana. “Omicidio al Cairo” mostra una città assolutamente
inedita, sporca e disordinata, e del tutto inospitale; è descritta in crescita
quantitativa con tantissimi metri cubi di cemento ancora da completare o da
assegnare, invasa da traffico e dal rumore, con larghe autostrade oppure
stretti vicoli grigi. Squallore e povertà sono lo scenario urbano che sparisce solo
nei fastosi insediamenti residenziali degli “intoccabili” - con immunità
parlamentare - e che ricordano i quartieri ricchi sudamericani con campi da golf
e vigilantes armati.
Il
film si chiude con la scena nel giorno della festa della polizia, il 25 gennaio,
quando la popolazione - prevalentemente giovani della classe media - esasperata
si riversò nelle piazze scontrandosi con i poliziotti e, in tal modo, la
rivoluzione raggiunse il vertice. Purtroppo poi non è andata così bene come si
sarebbe sperato, tanto è vero che ne abbiamo un drammatico esempio nel caso di
Giulio Regeni.
Tarik
Saleh, che ha costruito il film sui gesti di corruzione quotidiana, è stato
costretto a girare molte scene a Casablanca per una decisione dei Servizi di Sicurezza
egiziani, presa pochi giorni prima dell’inizio delle riprese. Il regista deve
aver visto sicuramente molti film noir
americani degli anni ’40 (l’eterna sigaretta in bocca sembra essere proprio una
citazione dell’ispettore Marlow/Humphry Bogard) e letto molto Hammet e Chandler,
perché il film ha un bel ritmo, è ben fatto, ed è stato premiato al Sundance
Film Festival dello scorso anno. Ottima la sensuale colonna sonora.
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