17 marzo 2018

LA ROMA DI SERGIO BRACCO




 

 

   


 

 

Giovedì 15 marzo presso la sede di Roma di Gangemi Editore International SpA, è stato presentato il volume di Sergio Bracco dal titolo “Roma disegni di un curioso. Immagini e pietre segrete”. Sergio Bracco, architetto, già Professore di Disegno presso la Facoltà di Architettura di Roma La Sapienza, da quando non è più oberato dall’impegno della didattica si è messo a disegnare/appuntare brani romani. Il libro, infatti, è una raccolta di schizzi, annotazioni grafiche, disegni in forma di appunti che Bracco ha elaborato in questi ultimi dieci anni camminando casualmente per Roma, andando in giro con un seggiolino e dei fogli di carta senza un itinerario preciso. In tal modo è riuscito a cogliere lati nascosti della città, dettagli che sfuggono, piccoli monumenti, stemmi, iscrizioni e targhe e quant’altro sfugga agli occhi disattenti dei turisti “selfizzati” – come li chiama l’autore – o del cittadino che, nella fretta del quotidiano, non riesce più a osservare. Ad esempio: «il sistema delle vecchie fontanelle definisce un percorso di forme bizzarre e di antico divertimento; mentre chiese e palazzi hanno spesso piccoli segni di assoluta originalità, certo per chi non è distratto ma maniacalmente curioso» come scrive lo stesso autore.

Hanno presentato il volume Simona Marchini - attrice romana e nota fantasista -, Paolo Conti - giornalista del “Corriere della Sera” -  e Vieri Quilici – architetto, Professore di Progettazione architettonica e compagno di studio e di lavoro di Sergio Bracco per tanti anni.

Marchini ha rilevato che il libro di Bracco ha una notevole verve ironica e costituisce un vero «gesto di amore nei confronti di Roma», mentre Paolo Conti, esperto di costume e di beni culturali, ha definito il libro come «un riscatto dal degrado urbano» e ha paragonato le esplorazioni romane di Bracco ai Grand Tour, in particolare a quello di Stendhal, pieno di osservazioni acute e pungenti. Ha notato, inoltre, la qualità dei suoi segni che sono allusivi, sono tracce, ipotesi, piuttosto che disegni realistici. Macchie che suggeriscono la città, un po’ come faceva Federico Fellini nei suoi film.

Il processo di Sergio Bracco è esattamente l’opposto di quello che comunica un’immagine globale, un’ampia idea urbana e sociale. Con le sue notazioni grafiche l’autore colleziona frammenti e focalizza angolazioni non viste in una prospettiva convenzionale. Sembrerebbe affermare con Flaubert che il “Dieu est dans le detail”. Infatti, la conoscenza attraverso il frammento - piccola parte o quantità trascurabile - oppure attraverso il particolare - elemento minuto che fa parte di un tutto - porta inevitabilmente a considerare il dettaglio quale importante elemento di agnizione. Inoltre, uno dei metodi più diffusi in pittura per l’attribuzione di un quadro a un autore, è quello di analizzare attentamente il dettaglio trascurato. Si guardano dunque le fattezze di un'unghia della mano meno in evidenza, oppure i fili di erba in un panorama di sfondo, oppure le pieghe di una tunica indossata da un personaggio secondario non in primo piano. Questo perché nel disegno del dettaglio pittorico spariscono la dimensione epica e la composizione geometrica e di conseguenza si affievoliscono la tensione aulica e l'impianto razionale.

Inoltre, nei mezzi di comunicazione per immagini - in una foto o meglio in un film - la riconoscibilità di una città rappresentata spesso è demandata al dettaglio irrilevante. Riconosciamo subito Roma, ad esempio, quando la macchina da presa, percorrendo una strada mostra le basse e pesanti soglie di travertino su cui posa una maglia quadrata di barre in ferro, tipiche finestre tardo-cinquecentesche romane, mentre in un film statunitense riconosciamo subito San Francisco quando la ripresa rappresenta una strada urbana in discesa con al centro i binari delle street-cars. Riconosciamo, invece, Manhattan sia nei giochi di ombra che denotano la densità del costruito, sia nei tendoni a piano terra di ingresso degli hotels o delle abitazioni borghesi.

Vieri Quilici ha fatto una presentazione accurata e composita del libro, entrando all’interno dei vari capitoli che presentano i diversi soggetti. Il volume, infatti, si divide in dieci parti che si possono definire “tematiche”, secondo i campioni ritratti, come ad esempio: “Libri e fogli come decorazioni”, “Monumenti piccoli e meno noti”, “Castelli popolari” o “Donne, donne, eterni dei” e così via. Ogni capitolo è introdotto da una paginetta di testo che integra gli schizzi grafici e che Quilici ha molto decantato. A proposito del corpo femminile così scrive Sergio Bracco: «..in particolare dalla vita in su, velato, nascosto, o meno, ha un ruolo predominante nella statuaria della città. Non è sempre legato all'idea della maternità, anche se spesso i gruppi di madri e bambini compaiono nei decori degli edifici. I più strani esempi di queste parti anatomiche, contornano, in una chiesa romana, con una sorta di impudicizia religiosa le effigie di un prelato, sicuramente non a memoria di trascorsi poco ortodossi, ma come ricordo di mitologie antiche».

Vieri Quilici ha parlato, inoltre, del “piacere”della ricerca spinta dalla curiosità, e della gioia della scoperta. L’esplorazione urbana è un’avventura che si affronta individualmente e che presenta, pertanto, anche il senso di solitudine nella città. Ha continuato definendo questo volume che presenta tagli diversi della città, il “libro delle meraviglie”che ha un suo preciso valore storico. Quilici ha poi concluso la sua presentazione, precisando che il lavoro di Bracco è un vero e proprio “rilievo sull’esistente”fatto da un viaggiatore del Grand Tour.

Di estremo interesse, a mio avviso, è il capitolo “Castelli popolari”dove Bracco individua le “decorazioni” delle case ICP (Istituto Case Popolari) o INCIS  (Istituto Nazionale Case per Impiegati Statali) che guardano al “barocchetto romano”, stile utilizzato all’inizio del Novecento per villini o edifici destinati alla borghesia. Così suggeriva Maggiolino Ferraris uno dei cofondatori dell’”Istituto Cooperativo per le case degli Impiegati dello Stato in Roma”: «Né tanti, né squallidi casamenti a foggia di falansteri, ma edifici di severa bellezza architettonica, con rotonde, verande, balconi, loggiati che permettono di allietare l'esistenza domestica di aria, di luce e di fiori».

Il tratto dei disegni di Sergio Bracco è diverso a seconda che rappresenti un’architettura e un “luogo”urbano, oppure figure e persone. Più sicuro nei primi casi in cui si sente la mano dell’architetto che legge i volumi e le ombre sotto la luce. Più sfumato nei secondi casi dove spesso il colore s’impasta con la forma rendendo lo schizzo più allusivo.

Ci sono zone di Roma meno battute dai percorsi turistici che presentano in anditi, cortili, atrii o spazi religiosi, episodi monumentali minuti, meno aulici, che però contribuiscono alla costruzione degli ambienti ed a renderli speciali. Nella decorazione di una chiesa, ad esempio, compare un cannone per ricordare i militari papalini. Così anche per alcune figure effimere, come spaventapasseri o torri di cappelli per viandanti accaldati, che talvolta vivono una sola giornata.

Nel volume Roma disegni di un curioso. Immagini e pietre segrete trovano spazio messaggi, colloqui, memorie e presenze: «Dal centro alle periferie….. ricordi passati e recenti di episodi bellici o politici che hanno segnato la vita della città, documentando eroismi, operosità e assistenza di cittadini o di tutori dell'ordine e della sicurezza» afferma l’autore.

 

Ghisi Grütter

16 marzo 2018

 

 

 

 

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