Giovedì
15 marzo presso la sede di Roma di Gangemi Editore International SpA, è stato
presentato il volume di Sergio Bracco dal titolo “Roma disegni di un curioso. Immagini e pietre segrete”. Sergio
Bracco, architetto, già Professore di Disegno presso la Facoltà di Architettura
di Roma La Sapienza, da quando non è più oberato dall’impegno della didattica
si è messo a disegnare/appuntare brani
romani. Il libro, infatti, è una raccolta di schizzi, annotazioni grafiche,
disegni in forma di appunti che Bracco ha elaborato in questi ultimi dieci anni
camminando casualmente per Roma, andando in giro con un seggiolino e dei fogli
di carta senza un itinerario preciso. In tal modo è riuscito a cogliere lati
nascosti della città, dettagli che sfuggono, piccoli monumenti, stemmi,
iscrizioni e targhe e quant’altro sfugga agli occhi disattenti dei turisti
“selfizzati” – come li chiama l’autore – o del cittadino che, nella fretta del
quotidiano, non riesce più a osservare. Ad esempio: «il sistema
delle vecchie fontanelle definisce un percorso di forme bizzarre e di antico
divertimento; mentre chiese e palazzi hanno spesso piccoli segni di assoluta
originalità, certo per chi non è distratto ma maniacalmente curioso» come
scrive lo stesso autore.
Hanno
presentato il volume Simona Marchini - attrice romana e nota fantasista -,
Paolo Conti - giornalista del “Corriere della Sera” - e Vieri Quilici – architetto, Professore di
Progettazione architettonica e compagno di studio e di lavoro di Sergio Bracco
per tanti anni.
Marchini
ha rilevato che il libro di Bracco ha una notevole verve ironica e costituisce un vero «gesto di amore nei confronti di Roma», mentre Paolo Conti, esperto di costume e
di beni culturali, ha definito il libro come «un riscatto dal degrado urbano» e ha paragonato le esplorazioni romane di
Bracco ai Grand Tour, in particolare a
quello di Stendhal, pieno di osservazioni acute e pungenti. Ha notato, inoltre,
la qualità dei suoi segni che sono allusivi, sono tracce, ipotesi, piuttosto
che disegni realistici. Macchie che suggeriscono la città, un po’ come faceva
Federico Fellini nei suoi film.
Il processo
di Sergio Bracco è esattamente l’opposto di quello che comunica un’immagine
globale, un’ampia idea urbana e sociale. Con le sue notazioni grafiche l’autore
colleziona frammenti e focalizza angolazioni non viste in una prospettiva
convenzionale. Sembrerebbe affermare con Flaubert che il “Dieu est dans le detail”. Infatti, la
conoscenza attraverso il frammento - piccola parte o quantità trascurabile -
oppure attraverso il particolare - elemento minuto che fa parte di un tutto -
porta inevitabilmente a considerare il dettaglio quale importante elemento di agnizione. Inoltre, uno dei metodi più
diffusi in pittura per l’attribuzione di un quadro a un autore, è quello di
analizzare attentamente il dettaglio trascurato. Si guardano dunque le fattezze
di un'unghia della mano meno in evidenza, oppure i fili di erba in un panorama
di sfondo, oppure le pieghe di una tunica indossata da un personaggio
secondario non in primo piano. Questo perché nel disegno del dettaglio
pittorico spariscono la dimensione epica e la composizione geometrica e di
conseguenza si affievoliscono la tensione aulica e l'impianto razionale.
Inoltre, nei mezzi di comunicazione per immagini - in una foto o
meglio in un film - la riconoscibilità di una città rappresentata spesso è
demandata al dettaglio irrilevante. Riconosciamo subito Roma, ad esempio,
quando la macchina da presa, percorrendo una strada mostra le basse e pesanti
soglie di travertino su cui posa una maglia quadrata di barre in ferro, tipiche
finestre tardo-cinquecentesche romane, mentre in un film statunitense
riconosciamo subito San Francisco quando la ripresa rappresenta una strada
urbana in discesa con al centro i binari delle street-cars. Riconosciamo, invece, Manhattan sia nei giochi di
ombra che denotano la densità del costruito, sia nei tendoni a piano terra di
ingresso degli hotels o delle abitazioni borghesi.
Vieri
Quilici ha fatto una presentazione accurata e composita del libro, entrando
all’interno dei vari capitoli che presentano i diversi soggetti. Il volume,
infatti, si divide in dieci parti che si possono definire “tematiche”, secondo i
campioni ritratti, come ad esempio: “Libri e fogli come decorazioni”,
“Monumenti piccoli e meno noti”, “Castelli popolari” o “Donne, donne, eterni
dei” e così via. Ogni capitolo è introdotto da una paginetta di testo che
integra gli schizzi grafici e che Quilici ha molto decantato. A proposito del
corpo femminile così scrive Sergio Bracco: «..in particolare dalla vita in
su, velato, nascosto, o meno, ha un ruolo predominante nella statuaria della
città. Non è sempre legato all'idea della maternità, anche se spesso i gruppi
di madri e bambini compaiono nei decori degli edifici. I più strani esempi di
queste parti anatomiche, contornano, in una chiesa romana, con una sorta di
impudicizia religiosa le effigie di un prelato, sicuramente non a memoria di
trascorsi poco ortodossi, ma come ricordo di mitologie antiche».
Vieri
Quilici ha parlato, inoltre, del “piacere”della ricerca spinta dalla curiosità,
e della gioia della scoperta. L’esplorazione urbana è un’avventura che si
affronta individualmente e che presenta, pertanto, anche il senso di solitudine
nella città. Ha continuato definendo questo volume che presenta tagli diversi
della città, il “libro delle meraviglie”che ha un suo preciso valore storico. Quilici
ha poi concluso la sua presentazione, precisando che il lavoro di Bracco è un
vero e proprio “rilievo sull’esistente”fatto da un viaggiatore del Grand Tour.
Di
estremo interesse, a mio avviso, è il capitolo “Castelli popolari”dove Bracco
individua le “decorazioni” delle case ICP (Istituto Case Popolari) o INCIS (Istituto Nazionale Case per Impiegati
Statali) che guardano al “barocchetto romano”, stile utilizzato all’inizio del
Novecento per villini o edifici destinati alla borghesia. Così suggeriva
Maggiolino Ferraris uno dei cofondatori dell’”Istituto Cooperativo
per le case degli Impiegati dello Stato in Roma”: «Né tanti, né squallidi casamenti a foggia di falansteri, ma edifici
di severa bellezza architettonica, con rotonde, verande, balconi, loggiati che
permettono di allietare l'esistenza domestica di aria, di luce e di fiori».
Il
tratto dei disegni di Sergio Bracco è diverso a seconda che rappresenti un’architettura
e un “luogo”urbano, oppure figure e persone. Più sicuro nei primi casi in cui
si sente la mano dell’architetto che legge i volumi e le ombre sotto la luce.
Più sfumato nei secondi casi dove spesso il colore s’impasta con la forma rendendo
lo schizzo più allusivo.
Ci sono zone di Roma meno battute dai percorsi
turistici che presentano in anditi, cortili, atrii o spazi religiosi, episodi
monumentali minuti, meno aulici, che però contribuiscono alla costruzione degli
ambienti ed a renderli speciali. Nella decorazione di una chiesa, ad esempio,
compare un cannone per ricordare i militari papalini. Così anche per alcune
figure effimere, come spaventapasseri o torri di cappelli per viandanti
accaldati, che talvolta vivono una sola giornata.
Nel volume “Roma disegni di un
curioso. Immagini e pietre segrete” trovano spazio messaggi, colloqui, memorie e presenze: «Dal centro
alle periferie….. ricordi passati e recenti di episodi bellici o politici che
hanno segnato la vita della città, documentando eroismi, operosità e assistenza
di cittadini o di tutori dell'ordine e della sicurezza» afferma l’autore.
Ghisi
Grütter
16
marzo 2018
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