Musiche
Matthieu Chedid. Fotografia di Romain Le Bonniec, Claire Duguet, Nicolas
Guicheteau, Valentin Vignet.
Visages
villages può essere considerato una sezione a 45 gradi sulla
Francia con i suoi panorami: dalle distese di lavanda del Sud alle bianche
scogliere della Normandia, passando attraverso piccoli paesini arroccati e
arrivando ai più aspri panorami industriali. Infatti, in un furgone adibito a
cabina/macchina fotografica Agnés Varda e JR, percorrono un vasto territorio da
Chérénce a Sainte-Marguerite-sur-Mèr, da Pirou-Plage a St. Aubin-sur-Mer. Lì
sulla scogliera della Normandia i due evocano Guy Bourdin che Agnés ha
fotografato da ragazzo, prima che diventasse un famoso fotografo di moda, e JR
riproduce quella stessa foto ingigantita su un bunker abbandonato della Seconda Guerra Mondiale. Il giorno dopo
l’immagine si è dissolta perché la marea se l’è portata via. Come non pensare
ai recenti murales di Kentridge sui
muraglioni del Lungotevere? L’arte ormai ha inglobato da tempo il concetto di
effimero, forse dalla “Tribuna di Lenin” progettata da El Lissizky ormai un
secolo fa.
Per Agnés Varda e JR scattare le foto –
rigorosamente in bianco e nero - costituisce un pretesto per entrare in
rapporto con gli abitanti dei villaggi e con la provincia francese, lontana
dalle nevrosi metropolitane. In molti casi i due riescono a farsi raccontare le
storie della vita, in altri si focalizzano sui volti, fotografano le persone
intervistate e le immagini vengono ingigantite e riproposte sui supporti fissi
o mobili che siano. «Ogni volto racconta una storia» afferma Varda. Così le
immagini di vecchi minatori sono incollate sui muri delle case a schiera di un
paesino minerario semi-abbandonato, così su un dislivello di un borgo in
Provenza è immortalata la giovane cameriera di un bar, ripresa con un
ombrellino aperto. Oltre agli allevatori, agli operai, ai pensionati e ai
postini, vengono ritratte anche alcune famiglie che decidono di ripopolare un
piccolo villaggio abbandonato da decenni.
Il rapporto tra i due registi e attori è
in crescendo, lui ha eternamente gli occhiali scuri e il cappello in testa, lei
ha il vezzo di un caschetto di capelli bicolore e si appoggia a un grazioso
bastoncino istoriato. Lui la presenta alla vecchia nonna centenaria, lei gli
narra del suo amato compagno, il regista Jacques Demy famoso per aver diretto,
tra gli altri, il delizioso film musicale Le
parapluies de Cherbourg nel 1964 con Catherine Deneuve ventenne e Nino
Castelnuovo. Il rapporto tra AV e JR mi ha evocato la storia narrata in un
altro cult statunitense del cinema: Harold & Maude del 1971, che racconta l’incontro tra Harold
Chasen, un giovane viziatissimo con manie macabre e poco interessato alla vita,
e Maude Chardin, una stravagante ottantenne mitteleuropea con una grande carica
comunicativa, che gli trasmetterà la gioia di vivere, e di cui lui s’innamorerà.
Inoltre, Cat Steven ha scritto espressamente per il film le bellissime canzoni Don’t
Be Shy e If You Want To Sing Out, Sing Out.
In Visages
villages è degno di nota il girovagare dei due artisti nelle zone dove si
produce formaggio di capra, in cui si vedono due metodi diversi nella
produzione: da un lato il metodo super-tradizionale con mungitura manuale e
gran rispetto dell’animale, dall’altra un allevamento intensivo tecnologizzato,
con macchinari per la mungitura delle capre alle quali hanno bruciato le corna
per evitare che si azzuffino, facendo perdere tempo “prezioso” alla produzione.
Anche lì JR e Agnés fotografano il volto di una capra cornuta e ne stampano
l’effige ingrandita su una parete. Arrivati invece a Le Havre, i due
intervistano alcuni scaricatori di porto e poi, stupiti dall’assenza di donne,
ne intervistano le mogli che poi fotografano, incollando le gigantografie sui containers.
Ci sarà spazio anche per un
pellegrinaggio (atto dovuto!) alla tomba di Henri Cartier-Bresson - considerato
il pioniere del foto-giornalismo – e di sua moglie Martine Franck, in un
minuscolo cimitero a Bonnieux in Provenza.
A questo punto vi sarà anche un omaggio
a Jean-Luc Godard - il regista considerato un “mostro sacro” della
cinematografia francese degli anni Sessanta, autore dell’indimenticabile Fino all’ultimo respiro del 1960, de La Chinoise del 1967 e di tanti altri - mediante una citazione del suo film Bande à part del 1964: la
visita gioiosa del Museo del Louvre dei tre giovani protagonisti fatta di corsa
a tempo di record, che Agnés ha dovuto reinterpretare seduta in carrozzina
spinta da JR. In conclusione, il film mostra il viaggio in treno in Svizzera
fino a Rolle sul Lago Lemano dove, in una villetta color salmone vive proprio
Jean-Luc Godard. Lei gli vorrebbe presentare JR, che in qualche modo gli
assomiglia, ma l’ombroso regista si sottrae all’appuntamento lasciandole, però,
un affettuoso messaggio scritto. La commozione di Agnés convincerà JR alla fine
di fare qualcosa per lei: si toglierà finalmente gli occhiali e la piccola
grande donna vedrà, ormai a stento e un po’ fuori fuoco, lo sguardo dolce e
pulito di quel ragazzo.
Il film è stato presentato fuori
concorso all’ultimo Festival di Cannes dove ha ricevuto il premio “L’oeil
d’or”. Ha ottenuto anche una nomination
nella categoria “miglior documentario” agli Academy Awards del 2018, dove Agnés
Varda ha ricevuto meritatamente l’Oscar alla carriera.
Ghisi Grütter
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