29 marzo 2018

Recensione film:VISAGES VILLAGES regia di Agnés Varda e JR




Musiche Matthieu Chedid. Fotografia di Romain Le Bonniec, Claire Duguet, Nicolas Guicheteau, Valentin Vignet.




Visages villages è un delizioso film-documentario che illustra un viaggio insolito in vari paesini e regioni della Francia, svolto dalla novantenne regista belga Agnés Varda, famosa fin dall’epoca della nouvelle vague, e il giovane artista JR, noto per l’uso della tecnica del collage fotografico. Lei è stata una protagonista della rifondazione del cinema e ha girato il memorabile Cleo dalle 5 alle 7 del 1962 e il famoso Senza tetto né legge del 1985 con cui ha vinto il Leone d’Oro. Lui è uno street artist considerato il Banksy francese. I due, pur avendo storie molto diverse e più che altro quasi sessant’anni di differenza, hanno una sensibilità comune e portano avanti una ricerca poetica di umanità. Entrambi credono in una forma d’arte come momento liberatorio di partecipazione artistica. Il film è anche una riflessione sullo sguardo attraverso la comunicazione visiva, che sia fotografia o cinema.


Visages villages può essere considerato una sezione a 45 gradi sulla Francia con i suoi panorami: dalle distese di lavanda del Sud alle bianche scogliere della Normandia, passando attraverso piccoli paesini arroccati e arrivando ai più aspri panorami industriali. Infatti, in un furgone adibito a cabina/macchina fotografica Agnés Varda e JR, percorrono un vasto territorio da Chérénce a Sainte-Marguerite-sur-Mèr, da Pirou-Plage a St. Aubin-sur-Mer. Lì sulla scogliera della Normandia i due evocano Guy Bourdin che Agnés ha fotografato da ragazzo, prima che diventasse un famoso fotografo di moda, e JR riproduce quella stessa foto ingigantita su un bunker abbandonato della Seconda Guerra Mondiale. Il giorno dopo l’immagine si è dissolta perché la marea se l’è portata via. Come non pensare ai recenti murales di Kentridge sui muraglioni del Lungotevere? L’arte ormai ha inglobato da tempo il concetto di effimero, forse dalla “Tribuna di Lenin” progettata da El Lissizky ormai un secolo fa.


Per Agnés Varda e JR scattare le foto – rigorosamente in bianco e nero - costituisce un pretesto per entrare in rapporto con gli abitanti dei villaggi e con la provincia francese, lontana dalle nevrosi metropolitane. In molti casi i due riescono a farsi raccontare le storie della vita, in altri si focalizzano sui volti, fotografano le persone intervistate e le immagini vengono ingigantite e riproposte sui supporti fissi o mobili che siano. «Ogni volto racconta una storia» afferma Varda. Così le immagini di vecchi minatori sono incollate sui muri delle case a schiera di un paesino minerario semi-abbandonato, così su un dislivello di un borgo in Provenza è immortalata la giovane cameriera di un bar, ripresa con un ombrellino aperto. Oltre agli allevatori, agli operai, ai pensionati e ai postini, vengono ritratte anche alcune famiglie che decidono di ripopolare un piccolo villaggio abbandonato da decenni.


Il rapporto tra i due registi e attori è in crescendo, lui ha eternamente gli occhiali scuri e il cappello in testa, lei ha il vezzo di un caschetto di capelli bicolore e si appoggia a un grazioso bastoncino istoriato. Lui la presenta alla vecchia nonna centenaria, lei gli narra del suo amato compagno, il regista Jacques Demy famoso per aver diretto, tra gli altri, il delizioso film musicale Le parapluies de Cherbourg nel 1964 con Catherine Deneuve ventenne e Nino Castelnuovo. Il rapporto tra AV e JR mi ha evocato la storia narrata in un altro cult statunitense del cinema: Harold & Maude del 1971, che racconta l’incontro tra Harold Chasen, un giovane viziatissimo con manie macabre e poco interessato alla vita, e Maude Chardin, una stravagante ottantenne mitteleuropea con una grande carica comunicativa, che gli trasmetterà la gioia di vivere, e di cui lui s’innamorerà. Inoltre, Cat Steven ha scritto espressamente per il film le bellissime canzoni Don’t Be Shy e If You Want To Sing Out, Sing Out.


In Visages villages è degno di nota il girovagare dei due artisti nelle zone dove si produce formaggio di capra, in cui si vedono due metodi diversi nella produzione: da un lato il metodo super-tradizionale con mungitura manuale e gran rispetto dell’animale, dall’altra un allevamento intensivo tecnologizzato, con macchinari per la mungitura delle capre alle quali hanno bruciato le corna per evitare che si azzuffino, facendo perdere tempo “prezioso” alla produzione. Anche lì JR e Agnés fotografano il volto di una capra cornuta e ne stampano l’effige ingrandita su una parete. Arrivati invece a Le Havre, i due intervistano alcuni scaricatori di porto e poi, stupiti dall’assenza di donne, ne intervistano le mogli che poi fotografano, incollando le gigantografie sui containers.


Ci sarà spazio anche per un pellegrinaggio (atto dovuto!) alla tomba di Henri Cartier-Bresson - considerato il pioniere del foto-giornalismo – e di sua moglie Martine Franck, in un minuscolo cimitero a Bonnieux in Provenza.


A questo punto vi sarà anche un omaggio a Jean-Luc Godard - il regista considerato un “mostro sacro” della cinematografia francese degli anni Sessanta, autore dell’indimenticabile Fino all’ultimo respiro del 1960, de La Chinoise del 1967 e di tanti altri - mediante una citazione del suo film Bande à part del 1964: la visita gioiosa del Museo del Louvre dei tre giovani protagonisti fatta di corsa a tempo di record, che Agnés ha dovuto reinterpretare seduta in carrozzina spinta da JR. In conclusione, il film mostra il viaggio in treno in Svizzera fino a Rolle sul Lago Lemano dove, in una villetta color salmone vive proprio Jean-Luc Godard. Lei gli vorrebbe presentare JR, che in qualche modo gli assomiglia, ma l’ombroso regista si sottrae all’appuntamento lasciandole, però, un affettuoso messaggio scritto. La commozione di Agnés convincerà JR alla fine di fare qualcosa per lei: si toglierà finalmente gli occhiali e la piccola grande donna vedrà, ormai a stento e un po’ fuori fuoco, lo sguardo dolce e pulito di quel ragazzo.


Il film è stato presentato fuori concorso all’ultimo Festival di Cannes dove ha ricevuto il premio “L’oeil d’or”. Ha ottenuto anche una nomination nella categoria “miglior documentario” agli Academy Awards del 2018, dove Agnés Varda ha ricevuto meritatamente l’Oscar alla carriera.

Ghisi Grütter


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