24 marzo 2018

Recensione film ( visto in tv ) : LA LUCE DEGLI OCEANI, regia di Derek Cianfrance



Con Michael Fassbender, Alicia Vikander, Rachel Weisz, Bryan Brown, USA-Nuova Zelanda 2016. Musiche di Alexandre Desplat, fotografia di Adam Arkapaw.

 



 

Tratto dal romanzo omonimo della scrittrice australiana M.L. Stedman (Garzanti del 2012), Luce sugli oceani è un vero melodramma che parla dell’amore tutto declinato all’interno delle pareti domestiche. Amore tra uomo e donna, amore tra madri e figlie, amore tra nonni e nipoti.

Siamo nel 1918, subito appena terminata la Prima Guerra Mondiale, in una località lungo la costa australiana sud occidentale, in un’isola sperduta chiamata Janus rock, probabilmente ispirata a Capo Leeuwin, (Janus Island in realtà è un’isola dell’Antartide, mentre il film è girato a Port Chalmers in Nuova Zelanda) e dove Tom Sherbourne (Michael Fassbender) ha accettato il posto di guardiano del faro. Un posto isolato dal mondo, un lavoro solitario che lui accetta volentieri dopo che è sopravvissuto all’esperienza massacrante di quattro anni di orrori, di lotte e battaglie sul Fronte occidentale, che lo hanno reso insensibile e poco loquace. Sulla terraferma a circa 60 miglia dall’isola la piccola comunità lo accoglie bene e, due giorni prima di partire, conosce Isabel Graysmark, una giovane che ha perso entrambi i fratelli in guerra, e lo conquisterà con la sua vitalità. Dopo qualche mese di affettuoso scambio epistolare, si sposeranno e vivranno da veri innamorati nella casa vicino al Faro ristrutturata e arredata amorevolmente e con attenzione da Tom (le ha fatto trovare perfino un vecchio pianoforte!).

Purtroppo lei per ben due volte non riesce a portare avanti la gravidanza ma, dopo un tremendo temporale, un’incredibile coincidenza: una barca porterà da loro una bellissima bambina appena nata (e con un sonaglio d’argento) assieme al cadavere di un uomo, presumibilmente il padre. Il desiderio materno frustrato di Isabel, prende il sopravvento e con grande insistenza riuscirà a convincere il ligio e riluttante Tom a non fare alcuna segnalazione circa la barca, e a crescere la bambina come fosse loro. La chiameranno Lucy.

Poi Tom incontra casualmente Hannah Roennfeldt (Rachel Weisz), la vera madre di Lucy, affranta per la sua doppia perdita di marito e figlia e la storia è facilmente intuibile: i suoi sensi di colpa prevarranno, sarà incriminato e accusato perfino di omicidio. Lui si addossa tutte le colpe per proteggere Isabel che vuole sia lasciata libera. Nel film è mostrata anche la difficoltà della bambina di accettare una nuova situazione familiare e ci vorranno anni per accettarla. La domanda centrale è dunque: chi è più madre colei che nutre la figlia e la fa crescere o colei he lo fa nascere e poi la perde?

Per più della metà il film ci mostra una natura mozzafiato dei due oceani (Indiano e Pacifico), le rocce della località sperduta, le onde che lambiscono il bagnasciuga, le luci sul mare dei tramonti e delle albe, nella splendida fotografia di Adam Arkapaw sottolineata dalla musica di Alexandre Desplat. La rappresentazione del milieu è post-vittoriana in un ambiente lontano dove gli uomini trovano il loro ruolo nell’inesauribile costruzione dell’impero britannico: la guardiania del Faro su due oceani è, infatti, metafora del controllo dei commerci e dello sviluppo del progresso.

Gli orrori della guerra e la natura preponderante sono i contorni di questa vicenda che parla di amori eterni ai limiti dell’ossessione, del destino inevitabile, delle fratture emotive nelle famiglie e dei sensi di colpa dilanianti

In alcuni punti il film mi ha ricordato Lezioni di piano di Jane Campion del 1993, per la sua natura melò, per la descrizione di una protagonista femminile determinata rispetto ai propri desideri, per la rappresentazione della fantastica natura neo-zelandese, per il conflitto tra desiderio e morale, tra civiltà e natura, e tra amore e morte.

 

Ghisi Grütter

 

 

 

 

 

 

Nessun commento:

Posta un commento