Con Michael
Fassbender, Alicia Vikander, Rachel Weisz, Bryan Brown, USA-Nuova Zelanda 2016.
Musiche di Alexandre Desplat, fotografia di Adam Arkapaw.
Tratto
dal romanzo omonimo della scrittrice australiana M.L. Stedman (Garzanti del
2012), Luce sugli oceani è un vero
melodramma che parla dell’amore tutto declinato all’interno delle pareti
domestiche. Amore tra uomo e donna, amore tra madri e figlie, amore tra nonni e
nipoti.
Siamo
nel 1918, subito appena terminata la Prima Guerra Mondiale, in una località
lungo la costa australiana sud occidentale, in un’isola sperduta chiamata Janus
rock, probabilmente ispirata a Capo Leeuwin, (Janus Island in
realtà è un’isola dell’Antartide, mentre il film è girato a Port Chalmers in
Nuova Zelanda) e dove Tom Sherbourne (Michael
Fassbender) ha accettato il posto di guardiano del faro. Un posto
isolato dal mondo, un lavoro solitario che lui accetta volentieri dopo che è
sopravvissuto all’esperienza massacrante di quattro anni di orrori, di lotte e
battaglie sul Fronte occidentale, che lo hanno reso insensibile e poco loquace.
Sulla terraferma a circa 60 miglia dall’isola la piccola comunità lo accoglie
bene e, due giorni prima di partire, conosce Isabel Graysmark, una giovane che
ha perso entrambi i fratelli in guerra, e lo conquisterà con la sua vitalità. Dopo
qualche mese di affettuoso scambio epistolare, si sposeranno e vivranno da veri
innamorati nella casa vicino al Faro ristrutturata e arredata amorevolmente e
con attenzione da Tom (le ha fatto trovare perfino un vecchio pianoforte!).
Purtroppo
lei per ben due volte non riesce a portare avanti la gravidanza ma, dopo un
tremendo temporale, un’incredibile coincidenza: una barca porterà da loro una
bellissima bambina appena nata (e con un sonaglio d’argento) assieme al
cadavere di un uomo, presumibilmente il padre. Il desiderio materno frustrato
di Isabel, prende il sopravvento e con grande insistenza riuscirà a convincere
il ligio e riluttante Tom a non fare alcuna segnalazione circa la barca, e a
crescere la bambina come fosse loro. La chiameranno Lucy.
Poi
Tom incontra casualmente Hannah Roennfeldt (Rachel Weisz),
la vera madre di Lucy, affranta per la sua doppia perdita di marito e figlia e
la storia è facilmente intuibile: i suoi sensi di colpa prevarranno, sarà
incriminato e accusato perfino di omicidio. Lui si addossa tutte le colpe per
proteggere Isabel che vuole sia lasciata libera. Nel film è mostrata anche la
difficoltà della bambina di accettare una nuova situazione familiare e ci
vorranno anni per accettarla. La domanda centrale è dunque: chi è più madre
colei che nutre la figlia e la fa crescere o colei he lo fa nascere e poi la
perde?
Per
più della metà il film ci mostra una natura mozzafiato dei due oceani (Indiano
e Pacifico), le rocce della località sperduta, le onde che lambiscono il
bagnasciuga, le luci sul mare dei tramonti e delle albe, nella splendida
fotografia di Adam Arkapaw sottolineata dalla musica di Alexandre Desplat. La
rappresentazione del milieu è
post-vittoriana in un ambiente lontano dove gli uomini trovano il loro ruolo
nell’inesauribile costruzione dell’impero britannico: la guardiania del Faro su
due oceani è, infatti, metafora del controllo dei commerci e dello sviluppo del
progresso.
Gli
orrori della guerra e la natura preponderante sono i contorni di questa vicenda
che parla di amori eterni ai limiti dell’ossessione, del destino inevitabile,
delle fratture emotive nelle famiglie e dei sensi di colpa dilanianti
In
alcuni punti il film mi ha ricordato Lezioni
di piano di Jane Campion del 1993, per la sua natura melò, per la
descrizione di una protagonista femminile determinata rispetto ai propri desideri,
per la rappresentazione della fantastica natura neo-zelandese, per il conflitto
tra desiderio e morale, tra civiltà e natura, e tra amore e morte.
Ghisi
Grütter
Nessun commento:
Posta un commento