4 giugno 2018
I due leghisti al Viminale: trova la differenza
Governo, Maroni preferiva le urne ma Salvini giurò sul Vangelo
"Tornare alle urne era la soluzione migliore", a sostenerlo è il leghista Roberto Maroni che, in coerenza con quanto espresse all'indomani del voto del 4 marzo, ribadisce - in un'intervista a Repubblica - le proprie perplessità rispetto all'alleanza Lega-5stelle.
L'ex segretario federale della Lega cita il premio Nobel Yunus per sottolineare che "il reddito di cittadinanza - che lui chiama assistenzialismo di cittadinanza- rende più poveri negando dignità alle persone".
Le preoccupazioni dell'ex governatore della Lombardia sembrano essere dettate dalla predominanza del pensiero grillino, predominanza evidente già nella distribuzione dei ministeri (6 alla Lega e 15 al M5S).
Maroni nel corso dell'intervista si è soffermato sulla posizione di Matteo Salvini al Viminale. "Non deve fare grandi annunci e fare troppo il politico". E lui che quel ministero lo ha guidato per due volte tenta anche di suggerire al leader della Lega di lasciare la segreteria del partito perché "fare il ministro dell'Interno nel modo giusto vuol dire stare in ufficio dalle 9 del mattino alle 21 di sera. Quel rango richiede una riservatezza che altri ruoli non richiedono".
È evidente che Roberto Maroni tema i continui proclami mediatici di Di Maio che è tornato alla spocchia grillina pre elettorale dando la nitida impressione di aver ricominciato la campagna elettorale. Forse sono tutti consci che si tratti di un governo destinato a cadere nel giro di pochi mesi?
Questo non è chiaro, ma siamo tutti in attesa della realizzazione di quelle promesse messianiche di chi, in campagna elettorale, ha giurato sul Vangelo - tenendo in mano il crocifisso - che avrebbe mantenuto ogni impegno con gli italiani.
Maura Pisciarelli
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