6 marzo 2018
I giornali di oggi 6 marzo
Governo, una poltrona per due (QN in prima e p.2). Salvini rivendica
l'incarico: “Nessuna intesa strana, voglio governare con il
centrodestra”. Il leghista fedele a Berlusconi, ma Fi già si divide
(Repubblica p.3). Ma c'è anche Di Maio, pronto a dialogare con tutti:
“Daremo una guida all'Italia”. Ma Grillo mette i paletti sui nomi
(Corriere p.10). “I nostri ministri non sono un spot” avverte il
garante. La palla passa al Quirinale, gli scenari possibili sono: un
fronte anti-euro o un esecutivo M5S-Pd. “La partita al buio di
Mattarella” la definisce Marzio Breda (Corriere p.8): dalle urne escono
tre gruppi incomponibili, ma due di loro dovranno accordarsi. Per il
Financial Times il dato elettorale italiano “non è stato costruito in un
giorno”, anche se gli scenari aprono a molteplici possibilità. In
evidenza la caduta di Berlusconi (p.2), emblema di un'epoca che volge al
termine, mentre l'attenzione è tutta su Luigi di Maio (p.3), e il suo
tentativo di formare un Governo in un Parlamento apparentemente
ingovernabile. Governo che “potrebbe mettere a rischio le riforme
avviate in Italia” (p.10).
La prima partita sarà l'elezione dei presidenti delle Camere: M5S, come
prima mossa, guarda al Pd: trattare sulla presidenza di Montecitorio
(Repubblica p.2). Di Maio pronto ad offrire la Camera al Pd in cambio di
un appoggio esterno ad un governo di minoranza, seguendo il modello
spagnolo di Rajoy. Boccia o Orlando i nomi (Stampa p.11). Per il
Corriere (p.8) i nomi più probabili per Senato e Camera sono quelli di
Delrio, Taverna, Fico e Calderoli. Intanto, Tito su Repubblica (p.5)
mette già in preventivo l'extrema ratio del Quirinale: un governo di
scopo M5S, Lega e Pd.
“Sinistra, game over” (Giornale). 5 mln di elettori in fuga: uno su tre
calamitato dal M5S (Stampa e tutti). I flussi elettorali elettorali
mostrano la migrazione dei voti dem verso i grillini, solo 450 mila
pentiti verso Leu. Renzi annuncia le sue dimissioni. Ma per ora resta,
fino alla formazione del governo (Corriere p.2 e tutti). Teme – scrive
Geremicca sulla Stampa – la nascita del “partito” di Mattarella per fare
l'accordo con il M5S. “Fate senza di noi” è il messaggio di Renzi al M5S
e agli altri, poi ribadisce: “Niente inciuci, caminetti o governo con
gli estremisti”. E conferma la volontà di stare all'opposizione (su
tutti). Ma scoppia la ribellione dentro il partito. Da Zanda a Minniti
fino alle minoranza, tutti chiedono “dimissioni vere”. Cuperlo al
Corriere (p.3): “C'è un centrodestra a guida sovranista che rischia di
portare l'Italia su posizioni anti-europeiste. Dall'altro lato c'è un
movimento che ha fatto della purezza la sua cifra. Bisogna trovare un
equilibrio di governo o almeno affrontare la riforma elettorale”.
Emiliano, al Fatto (p.3): “Dobbiamo dare l'appoggio esterno a un governo
del M5S, se no si uniranno alle destre”.
Centrodestra, Salvini va ad Arcore: tocca me governare con il
centrodestra (Messaggero p.8). “Niente aggregazioni strane” avverte il
leader leghista. Siri, che ha ideato il modello flat tax per la Lega, al
Corriere dice: “Noi e il M5S abbiamo idee diverse, loro sono
pauperisti”. I flussi elettorali vedono la Lega “rubare” 2 mln di
elettori a Fi, e nel mirino finisce la campagna elettorale che ha
dimenticato il Sud (Messaggero). Berlusconi deluso ma resiste: “Adesso
dove andiamo? Si chiede (Corriere p.12). Berlusconi pronto a candidarsi
per le europee (Libero p.8). E scopre di essere il numero 2 della
coalizione.
Nord al centrodestra, al Sud en plein grillino. Addio all'Emilia rossa:
su Messaggero (p.4) e tutti la spaccatura del Paese in due aree
distinte, a sinistra resiste solo parte della Toscana. “Rivoluzione nei
seggi”: sulla Stampa (p.2-3) il reportage dalle due aree del Paese, Nord
e Sud, che hanno segnato rispettivamente la vittoria di Lega e M5S.
Giornale mette in evidenza il “ritorno del Regno delle Due Sicilie”: la
cartina dell'Italia dopo il voto di domenica scorsa è sorprendentemente
somigliante a quella che emerse dopo il Congresso di Vienna del 1815.
Regionali, Zingaretti davanti a Parisi: il governatore uscente
riconfermato col 33,9% delle preferenze batte la concorrenza ed è il
primo presidente a strappare il mandato-bis (Messaggero prima e p. 18 e
tutti). La Lombardi ferma sotto al 30% (26,9%) delusa dalla risposta
negativa della Capitale. Deluso Parisi: l'ex city manager, arrivato al
30,4% accusa Pirozzi che stravince nella “sua” Amatrice (53%): “La
sconfitta ce l'ha sulla coscienza”. Replica il sindaco di Amatrice: “Io
non c'entro, abbandonato dai suoi” dice al Corriere (p. 28). Critico il
Tempo con Pirozzi tacciato di essere la vera causa del ko di Parisi nel
Lazio: “Ora sei contento?” E ancora: “SerGiuda, ma chi te lo ha fatto
fare?” scrive Chiocci nell'editoriale (Tempo prima e p. 3). I cittadini
di Amatrice: “Ha fatto un favore a Zingaretti: se diventa consigliere
dia a noi lo stipendio”.
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