Il
tema centrale del film Il filo nascosto,
a mio avviso, è il difficile amore tra due persone, una delle quali è fortemente
narcisista che non riesce a uscire da se stessa, né ad avere un rapporto
autentico con l’altra, né tantomeno averne rispetto. Ciò che il film mostra è
un avvicendarsi di bisogni tra un uomo adulto e già di mezza età, affermato e
di successo, e una ragazza molto giovane e un pochino capricciosa, ma anche volitiva
e determinata. Sembra che si alternino fasi in cui lui ha un ruolo paterno
quasi educativo nei confronti della giovane sprovveduta, a momenti in cui lei
si sacrifica in una sorte di martenage,
di accudimento, di vestale della sua salute a tutti i costi e a qualsiasi
prezzo. Si scoprirà poi avere una specie di “Sindrome di Polle”, un disturbo
mentale che spinge ad arrecare danno a qualcuno (in generale bambini o
incapaci) per poi prendersene cura e, soprattutto, attirare su di sé
l’attenzione. A un certo punto della storia sembrerebbe che entrambe le donne
si vogliano ribellare, stufe di essere subordinate alla ossessiva ricerca di
perfezionismo di Reynolds, ma la storia prende una piega diversa mettendo,
invece, in evidenza il lato sadomasochista del rapporto tra Reynolds e Alma.
La splendida
fotografia ricca di dettagli, l’atmosfera ricostruita magistralmente e gli abiti
sontuosi, descrivono l'assillo del creatore, del guru, dello stilista così
amato dalle donne per le quali lui inventa, lasciando talvolta cucito nel
vestito un bigliettino (segreto) scritto ricamato che persona, ancor di più, le
sue creazioni.
Il
film è girato in pellicola e ha una splendida colonna musicale (musiche di
Jonny Greenwood) che si alterna a brani di Debussy, Berlioz, Brahms e al “Piano
Trio” n. 2 di Schubert. Alcuni critici hanno riscontrato, quale modello, il
romanzo “Giro di vite” di Henry James del 1898. Altri hanno paragonato il film a
“mostri sacri” come alcuni di Alfred Hitchcock (ad esempio Rebecca la prima moglie del 1940) o rinvenuto analogie estetiche
con alcuni di Stanley Kubrick (come Barry
Lyndon del 1975), o di Max Ophüls (Lettera
da una sconosciuta del 1948), come confessa lo stesso Anderson. Così, infatti,
afferma il regista in un’intervista: «…la mia ispirazione viene dai film degli
anni Quaranta e Cinquanta, da sempre. Il
filo nascosto è il mio personale omaggio al cinema di Max Ophüls. Non uso
le moderne convenzioni cinematografiche quando scrivo o dirigo, così come non
amo la maggior parte delle innovazioni tecnologiche. Il cinema che amo e che
voglio fare è quello che non c’è più». Il film è girato con tempi lentissimi che
non guastano, ma forse una ventina di minuti in meno nel finale avrebbe giovato
alla piacevolezza del film.
Il filo nascosto è l’ottavo
lungometraggio dello statunitense Paul Thomas Anderson (Il petroliere, The Master,
Vizio di forma, ecc.), che ne ha scritto la sceneggiatura , diretto la regia e fatto anche da operatore . È candidato a sei Oscar 2018 per miglior
film, miglior regia, migliore attrice non protagonista a
Lesley Manville, miglior costumi a Mark Bridges, migliore colonna sonora a
Jonny Greenwood e miglior attore a Daniel Day-Lewis che ne ha già vinti meritatamente
tre: per Il mio piede sinistro del
1989, per Il petroliere del 2007, e
per Lincoln del 2013.
Ghisi
Grütter
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