La lotta dei lavoratori di Amazon di
Piacenza rompe un incantesimo e apre una nuova epoca.
Amazon è una delle sette sorelle del silicio, i
signori della Rete; cosi sono chiamate le nuove multinazionali
dell’informatica.
I signori del silicio stanno
sostituendo le antiche sette sorelle del petrolio nel dominio del mondo.
La determinazione dei ritmi e delle modalità di
lavoro in Amazon, come in tante altre imprese, è affidata ad un algoritmo:
l’algoritmo ha assunto anche il ruolo del vecchio Capo cottimo.
Ma l’algoritmo si configura-a differenza del Capo
cottimo- come una presenza oggettiva, univoca, neutra. Una potenza astratta,
immateriale, cioè il massimo della potenza: una potenza apparentemente
assoluta, la potenza del razionale.
Lo sciopero dei lavoratori di Amazon non è quindi uno
sciopero tra i tanti, ma assurge al livello di un atto di ribellione, di un
segno che, anche nel nuovo Eden del capitalismo informazionale – mito costruito
e sostenuto da una formidabile campagna ideologica, senza badare a spese -, il
rapporto tra Capitale e Lavoro non ha niente di oggettivo, resta un rapporto di
forza, la cui dialettica conflittuale non può essere spenta.
La vertenza di Amazon è testimonianza
che le forme cambiano, ma la sostanza resta e ha la testa dura.
Su Repubblica del 9 dicembre si
annuncia che il divorzio in una giovane coppia si può gestire con un’app. A
Modena, attraverso la piattaforma digitale, con l’assenso del giudice, i
genitori di due figli, non essendosi accordati per la separazione consensuale,
gestiranno ogni rapporto con l’ex partner, condividendo informazioni, spese,
problemi, esigenze. L’accesso ai loro dati sarà consentito attraverso una
password anche al giudice e agli assistenti sociali. Anche ai nonni. Tutto ciò
che sarà condiviso sulla app, sarà archiviato come documento e potrà essere
utilizzato come prova in fase di giudizio.
Di nuovo, l’algoritmo. La relazione più intima tra
persone - il padre, la madre, i figli - affidata ad una presenza astratta.
Impersonale.
Le due notizie sono di diverso ordine ma si tengono:
la prima riguarda il rapporto di lavoro, la seconda riguarda la relazione
sociale, aspetti entrambi fondamentali della vita.
Entrambe le notizie richiamano la
questione della rivoluzione informatica e delle sue implicazioni.
L’algoritmo
L’algoritmo è espressione e strumento
dello sviluppo esponenziale della potenza di calcolo.
La Potenza di calcolo, novello Prometeo, in sé è un
fenomeno assolutamente positivo: apre sviluppi inimmaginabili alla capacità di
liberazione dell’uomo da tante forme di dipendenza.
La potenza di calcolo già oggi è alla base dello
sviluppo delle biotecnologie, delle nanotecnologie, dello sviluppo di ogni
forma di ricerca.
La potenza di calcolo è destinata anche a riaprire -
con buona pace di Von Mises, di von Hayek e compagnia, e in tempi ravvicinati -
lo scontro sul terreno teorico e politico tra Pianificazione e Mercato,
questione che il collasso dell’Urss e la cancellazione conseguente degli
amanuensi del Gosplan, sembrava aver consegnato al deposito degli oggetti
smarriti della storia.
La questione nasce dal fatto che stiamo affidando ad
algoritmi e alle relazioni nell’Infosfera del Web, l’insieme delle relazioni
umane, sia nella dimensione collettiva sia nella dimensione individuale.
La potenza di
calcolo raggiunta dai moderni computer e le applicazioni sempre più
stupefacenti ai più svariati e molteplici campi ingenera l’impressione (e la
fascinazione) di una potenza ai confini della magia.
Già qualcuno osservava che quando una
tecnologia è sufficientemente complessa e potente, finisce per
non essere più distinguibile, agli
occhi dell’inesperto, dalla magia.
Questa caratteristica è con consapevolezza usata dai
produttori di gadget tecnologici nella implementazione delle interfacce utente
– macchina dei loro prodotti. Non a caso i bambini, ricchi di pensiero magico
primitivo, imparano velocissimi a usare questi gadget.
Possiamo definire come pensiero magico quel modo di pensare
del cervello che lega causa ed effetti in modo immediato, tramite l’uso del
simbolico. Questa è la prima forma di conoscenza. Mette insieme percezioni in
un aggregato di rapido uso (il simbolo) che si presta a essere usato, con nessi
logici primitivi, (ad esempio la vicinanza rapida nel tempo fra l’aggregato
simbolico e un evento seguente) per trarre conclusioni di causa ed effetto. È
un’eredità dell’evoluzione, che era efficace per rispondere velocemente ad una
minaccia: meglio sbagliarsi in eccesso che per difetto.
L’uscita dal pensiero magico comporta l’introduzione,
da parte della mente, di un processo di divisione del simbolico in una
scomposizione in parti costituenti e distinte fra cui costruire nessi logici basati,
innanzitutto, sul principio di non contraddizione.
Questo processo (peraltro teoricamente infinito nel
suo iter: il frutto di ogni divisione diventa, infatti, un nuovo simbolico),
diviene via via più complicato e inaccessibile a mano a mano che procede la
distanza fra la complessità della tecnologia e del reale e le basi culturali
del soggetto.
Nel primo Blade Runner il genio di Ridley Scott, non
a caso, collocava il progettista dei replicanti in cima a una piramide, solo, e
dialogante esclusivamente con i suoi automi artificiali che gli camminavano
infantili e difettosi per casa.
Fuori, ai piedi della piramide, un mondo di uomini
perduti e primitivizzati in lotta per la sopravvivenza. Al fine dunque di evitare un inconsapevole
precipitare verso un nuovo luddismo difensivo nei confronti del nuovo mondo che
alcuni chiamano Infosfera o di
tramutarsi in nuovi entusiasti apologeti soggiogati dalla sua fascinazione, sarà
utile analizzare il meccanismo dell’algoritmo su cui poggia la costruzione
dell’edificio dell’Infosfera.
Cosa è dunque un algoritmo? Potremmo definirlo
(seguendo Paolo Zellini nel suo bellissimo libro La matematica degli dei e gli algoritmi degli uomini) in modo
semplice, come una procedura, un processo, con il quale si tenta di risolvere
un problema, individuando e assumendo dei dati di partenza e costruendo una
sequenza finita di passi elementari, precise istruzioni, in un preciso ordine
di successione fra loro, e legati da un nesso logico.
Un problema è una classe di domande omogenee
alle quali è possibile dare una risposta mediante una procedura uniforme. I
dati di partenza devono potersi tradurre in numeri. La connessione logica dei
passi elementari è il collegamento che s’instaura fra due proposizioni o
enunciati A e B che dà origine a una terza proposizione C, vera o falsa.
La connessione logica deve essere a sua volta
numerabile. Non tutto è numerabile ma
sono sorprendenti quanti campi, anche i più impensati, lo possono diventare; si
pensi alla profilazione individuale dei tratti psicologici, ampiamente usata
oggi dai big data per manipolare consenso
elettorale o settori di mercato o controllo spionistico e politico.
Un algoritmo deve avere alcune
proprietà fondamentali:
•
Atomicità (passi elementari non ulteriormente
divisibili)
•
Non ambiguità (i passi non possono essere
interpretati in altri modi)
•
Finitezza (specifici passi con ingresso e
quantità di dati determinati)
•
Terminazione (fine del processo in un tempo
definibile)
•
Determinismo (ogni passo deve essere ben
stabilito)
•
Ricorsività (possibilità di scomporre ogni
istruzione in un’istruzione più semplice fino al linguaggio macchina basato
sulla manipolazione di bit (0 e1) e possibilità inversa di raggruppare ogni
istruzione all'interno di un’istruzione più complessa)
Come si evince da quanto descritto,
l’algoritmo è un costrutto, composto e componibile in modi ed elementi diversi.
Esistono inoltre problemi non numerabili. Non esiste
un algoritmo, come ha dimostrato Alan Touring, in grado di stabilire se, dato
un dato e un algoritmo per elaborarlo, la sua elaborazione terminerà o no,
(decidibilità del risultato). Non possiamo sapere se, in generale, un fatto è
conseguenza logica di un insieme di fatti: cioè, non possiamo costruire un
algoritmo per decidere questo.
In sostanza, la struttura deterministica
dell'algoritmo è il suo tallone di Achille. La sua forza e il suo limite.
Inoltre, la realtà non permette di partire sempre da dati
certi e conoscibili nella loro complementarietà, come ha dimostrato il principio
d’indeterminazione di W.Heisenberg (possibilità
di sapere ad esempio contemporaneamente velocità e posizione di una
particella).
Dunque senza dati certi di partenza (intrinsecamente
inconoscibili) è difficile decidere in modo certo i nessi causa effetto.
In aggiunta a ciò. già il grande matematico e logico
K. Godel aveva dimostrato che nessun sistema è in grado di rispondere a tutte
le domande che sorgono dal sistema.
La capacità di costruire un sistema e di uscirne per
dare risposte alle domande (e contraddizioni) che genera, rimane una
prerogativa umana non risolvibile all'interno della logica formale. Per
fortuna.
Ora, tutto questo ha delle conseguenze.
Un esempio: ipotizziamo che il problema sia come
gestire nel modo più razionale il problema del trasporto individuale in una
città attraverso l'uso dell'automobile a chiamata (servizio taxi). Uber ha
trovato un perfetto algoritmo per farlo.
Ma se la domanda cambia, per esempio diventa come
permettere nel modo più razionale e con meno spreco di risorse lo spostamento
individuale in città all'interno di un insieme o di un sistema composto di un
collettivo, allora la risposta di Uber diventa massimamente irrazionale.
La potenza di calcolo certamente sposta sempre più in
alto il luogo della determinazione e soluzione del problema, ma non può saltare
i fattori della definizione del problema e della scelta dei dati di riferimento
utilizzabili per la sua soluzione.
Non esistono algoritmi neutri. dato che comunque il
loro funzionamento è determinato da formule discriminanti, dal peso attribuito
ai singoli parametri inseriti, dalle procedure che ne determinano il risultato.
L’algoritmo non riflette mai la realtà, ma ne propone
una sua versione. Quello che veramente cambia è l’enorme sproporzione di
conoscenza tra l’utente finale e la società che offre il servizio. Una
sproporzione di potenza.
Nella pratica, è come se si svolgesse una partita a
scacchi tra un giocatore principiante e con gli occhi bendati, e un campione
internazionale, che per di più, conosce tutte le mosse del primo.
Il contrasto di un algoritmo richiede
il possesso della stessa potenza.
Il diritto individuale in tale
contrasto vale poco più di uno scudo di latta.
Insomma, l’algoritmo e la sua potenza non possono
risolvere il problema che esula dalla potenza di calcolo.
Chi decide il problema per il quale costruire
l'algoritmo? E le sue caratteristiche? E i dati da assumere? La decisione
rinvia alla questione della sovranità. In definitiva della proprietà. Decide la
proprietà: privata o pubblica?
La tecnologia - recita la prima legge di Kranzberg - non è né di destra né di sinistra, ma
nemmeno neutrale: può aprire o chiudere tante porte alla libertà dell’uomo.
L’algoritmo è destinato a diventare il campo di
battaglia in cui si decideranno il senso e la fisionomia della rivoluzione
informatica: lavoratori e comunità sono chiamati dalla forza stessa delle cose
- passato l’attuale momento di spiazzamento - a costruire e affinare le armi
per la contesa.
Lo spiazzamento attuale si regge fondamentalmente su
tre aspetti: sull’effetto gratuità dell’offerta di servizi; sulla separazione
del discorso software/ hardware – fino all’occultamento quasi totale del
discorso sull’hardware; sulla costruzione passo dopo passo da parte dei Signori
del Silicio - all’ombra di tali aspetti- di un nuovo Nomos della terra, per dirla con K. Schmit.
Gratuità dei servizi
Facebook ha un miliardo e mezzo di
utenti. Negli ultimi anni, nella parte occidentale del mondo, proliferano a
macchia d’olio i sensori per l’Internet delle cose.
La messa a disposizione di uno “spazio” a ogni
individuo, l’offerta a getto continuo di “soluzioni” a ogni tipo di problema,
la” gratuità” apparente di tale offerta, oscura ancora oggi un aspetto di
assoluta rilevanza: quale organizzazione sociale si sta costruendo?
Gli aspetti di utilità immediata dell’uno oscurano il
significato e il senso della direzione di marcia dell’insieme, cioè di tutti.
È allora sempre più urgente
aprire una riflessione sulla prospettiva generale della rivoluzione
informatica, sulla sua portata sistemica.
Timeo
Danaos et dona ferentes, avrebbero
detto i latini che se ne intendevano.
Più prosaicamente, si potrebbe dire che, nel momento
in cui qualcosa è gratis - come recita un vecchio detto - il prodotto sei
tu.
Sensori, tracciabilità, dati, potenza di calcolo,
forza computazionale, organizzazione monopolistica del mercato del mondo,
rendono possibile la costruzione di un gigantesco e inedito meccanismo che -
agitando la bandiera dello sviluppo della libertà dell’individuo - in realtà
produce una straordinaria macchina di controllo sociale: controllo ferreo
dell’organizzazione produttiva,
controllo ed eterodirezione dei gusti e
delle scelte dei consumatori, controllo ed eterodirezione delle opinioni e
delle volontà dei cittadini. Un modello
sociale che sta tra “il Grande fratello” di Orwel ed il Panopticon di Bentham.
L’individuo e i suoi diritti finiscono
confinati in uno sterminato mare dei Sargassi.
Non a caso, gli uomini che dirigono
le principali multinazionali sono a loro volta grandi intellettuali.
Dalla Sicurezza alla Mobilità, dalla Cultura
all’Istruzione, dalla Produzione al Consumo, dall’organizzazione del lavoro e
ogni aspetto della vita quotidiana, tutto sembra alimentare la costruzione di
questo gigantesco meccanismo, senza sollevare un interrogativo apparentemente
elementare: può un’azienda privata, un monopolio privato, accumulare,
attraverso l’appropriazione di tanti dati, un potere tanto smisurato, da
insignorirsi della vita di miliardi di uomini e delle loro scelte?
Hardware
Il capitalismo attuale è
imprescindibile dalla rete di Internet. Finanza, Produzione, Distribuzione,
Consumo: tutto è mediato dalla rete.
Internet nasce ufficialmente nel 1969
come derivazione delle ricerche americane nel settore della difesa
(DARPA) e rimane vincolata
all’ambiente militare e accademico fino al 1992, quando il Congresso degli
Stati Uniti decide di aprire la rete a usi commerciali. Nel frattempo, nel
1991, Tim Berners-Lee, al CERN di Ginevra, aveva inventato il Web per lo
scambio di informazioni nel mondo scientifico.
La supremazia su Internet si misura su tre parametri
fondamentali: il possesso delle infrastrutture; il controllo
tecnico-amministrativo; il controllo politico-economico dei “domini”.
Infrastrutture significano, ad esempio, oltre
trecento linee di cavi posati sui fondali marini, per un milione di chilometri
in fibra ottica che collegano gli Stati Uniti al resto del mondo, e su cui
viaggiano dieci miliardi di transazioni finanziarie il giorno.
Dominio Internet significa territorio,
potere economico, controllo.
Nel Medioevo il “dominio” era anche il tributo che
nel feudo i sudditi pagavano al signore in segno di riconoscimento del suo
potere.
Oggi il tributo è pagato all’ICANN (Internet Corporation
for Assigned Names and Numbers), società
non-profit che decide la distribuzione e l’assegnazione dei “domini”.
Chi gestisce e cura gli sviluppi della struttura
d’indirizzamento di Internet, detiene un formidabile potere sull’economia e
sulle risorse strategiche del mondo.
Gli Stati Uniti e alcune delle loro principali
imprese detengono direttamente o indirettamente il pieno dominio di Internet e
quindi un formidabile potere sull’economia e sulle risorse strategiche del
mondo.
Nei Consigli di amministrazione di Facebook e delle
cinque grandi Corporation dei grandi gruppi farmaceutici – come ha scritto Ugo
Mattei - siedono tanto dei rappresentanti del capitale quanto dei
rappresentanti del Dipartimento di Stato, della Cia, della Fbi.
Nel confronto politico come nel dibattito corrente
non emerge quasi mai la questione della struttura, dell’hardware: tutta
l’attenzione viene concentrata sulla sovrastruttura, per dirla con termini
antichi, quasi non esistesse un rapporto di dipendenza, anche se variamente
mediata, tra struttura e sovrastruttura, tra hardware e software. Ma la
sovrastruttura non esiste senza la struttura.
La proprietà delle infrastrutture materiali che
innervano e governano l’Infosfera resta una questione sconosciuta, ignorata, lasciata
nell’ombra: tale natura non emerge quasi mai come la questione politica
centrale della rivoluzione informatica.
Fino ad ora il contrasto poggia fondamentalmente su
ragioni di geopolitica: molti paesi (Russia, Cina, India ecc.) si sono già
dotati di motori di ricerca e di social media autonomi.
Sono di questi giorni due notizie di grande
rilevanza: la prima, la pressione/annuncio di importanti istituzioni russe di
procedere alla costruzione di un Internet alternativo, alla scala dei paesi
cosiddetti Brics; la seconda, l’allarme
lanciato dalla Nato, circa il rischio/paralisi del sistema che deriverebbe dal
tranciamento delle reti dei cavi in fibra ottica, posati sui fondali marini.
Rischio legato alla invenzione di una nuova generazione di sottomarini,
impossibili da rilevare.
Alla Sinistra politica, ai milioni d’individui, tutti
presi a chattare su Facebook, che come i passeri della storia cinguettano sui
fili del telegrafo, mentre sui fili del telegrafo corre l’ordine di sterminare
i passeri, andrebbe ricordato in tutte le ore del giorno il monito di B.
Brecht: cittadini, compagni ricordatevi dei rapporti di proprietà!
Nomos della terra
Il primo diritto, afferma
Giovanbattista Vico, gli uomini lo ricevettero dagli eroi nella forma delle
prime leggi agrarie.
“La divisione dei campi” è, accanto alla religione,
al matrimonio, al diritto di asilo, uno dei quattro elementi primordiali di
ogni diritto umano.
Il nomos
della terra, per secoli - racconta il grande giurista K. Schmitt in una delle
opere più profonde dell’ultimo secolo - si è fondato su un determinato rapporto
tra terraferma e mare libero, tra spazio terraneo e spazio marino. Nel tempo,
con lo sviluppo dell’aviazione, si è aggiunta la possibilità del dominio
sull’aria, sullo spazio aereo.
Spazio quindi come campo di azione: ogni nuovo spazio
richiede e postula un nuovo ordinamento.
I grandi sconvolgimenti spaziali, le grandi rotture - sostiene K.
Schmitt - generano, con la violenza di un movimento tellurico, la produzione di
un nuovo assetto del diritto dei popoli.
Oggi,
con la rivoluzione digitale, ha inizio un nuovo stadio della coscienza umana
dello spazio e
dell’ordinamento globale; diventa
possibile pensare che l’aria divori il mare e persino la terra, chioserebbe K.
Schmitt. La scoperta del nuovo mondo,
la scoperta delle Americhe impallidisce di fronte alla” rottura dello spazio”
che investe oggi sia lo spazio generale, planetario, sia lo spazio più minuto
della nostra vita quotidiana.
Nasce l’Infosfera,
che ridetermina nuove linee di amicizia e d’inimicizia; tali linee sono
tracciate oggi da vertici ristrettissimi e sconosciuti: una élite privata, una
selezionata aristocrazia.
Torna quindi la domanda: la scrittura del nuovo
diritto internazionale globale, del “nuovo Nomos
della terra”, può essere affidato a una ristrettissima consorteria di
imprese private? Alla programmazione automatica dei loro algoritmi?
Solo grandi soggetti collettivi possono contrastare
l’ascesa – resistibile - del “grande Fratello”: la potenza di calcolo, frutto
del marxiano General Intellect, va
riportata al servizio dell’interesse comune.
Luigi Agostini
9 gennaio 2018
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