10 gennaio 2018

Algoritmo Infosfera Dominio








 

La lotta dei lavoratori di Amazon di Piacenza rompe un incantesimo e apre una nuova epoca. 

Amazon è una delle sette sorelle del silicio, i signori della Rete; cosi sono chiamate le nuove multinazionali dell’informatica.

I signori del silicio stanno sostituendo le antiche sette sorelle del petrolio nel dominio del mondo.

La determinazione dei ritmi e delle modalità di lavoro in Amazon, come in tante altre imprese, è affidata ad un algoritmo: l’algoritmo ha assunto anche il ruolo del vecchio Capo cottimo.  

Ma l’algoritmo si configura-a differenza del Capo cottimo- come una presenza oggettiva, univoca, neutra. Una potenza astratta, immateriale, cioè il massimo della potenza: una potenza apparentemente assoluta, la potenza del razionale.

Lo sciopero dei lavoratori di Amazon non è quindi uno sciopero tra i tanti, ma assurge al livello di un atto di ribellione, di un segno che, anche nel nuovo Eden del capitalismo informazionale – mito costruito e sostenuto da una formidabile campagna ideologica, senza badare a spese -, il rapporto tra Capitale e Lavoro non ha niente di oggettivo, resta un rapporto di forza, la cui dialettica conflittuale non può essere spenta.

La vertenza di Amazon è testimonianza che le forme cambiano, ma la sostanza resta e ha la testa dura.

Su Repubblica del 9 dicembre si annuncia che il divorzio in una giovane coppia si può gestire con un’app. A Modena, attraverso la piattaforma digitale, con l’assenso del giudice, i genitori di due figli, non essendosi accordati per la separazione consensuale, gestiranno ogni rapporto con l’ex partner, condividendo informazioni, spese, problemi, esigenze. L’accesso ai loro dati sarà consentito attraverso una password anche al giudice e agli assistenti sociali. Anche ai nonni. Tutto ciò che sarà condiviso sulla app, sarà archiviato come documento e potrà essere utilizzato come prova in fase di giudizio.

Di nuovo, l’algoritmo. La relazione più intima tra persone - il padre, la madre, i figli - affidata ad una presenza astratta. Impersonale.

Le due notizie sono di diverso ordine ma si tengono: la prima riguarda il rapporto di lavoro, la seconda riguarda la relazione sociale, aspetti entrambi fondamentali della vita.

Entrambe le notizie richiamano la questione della rivoluzione informatica e delle sue implicazioni. 

 

L’algoritmo


L’algoritmo è espressione e strumento dello sviluppo esponenziale della potenza di calcolo.

La Potenza di calcolo, novello Prometeo, in sé è un fenomeno assolutamente positivo: apre sviluppi inimmaginabili alla capacità di liberazione dell’uomo da tante forme di dipendenza.

La potenza di calcolo già oggi è alla base dello sviluppo delle biotecnologie, delle nanotecnologie, dello sviluppo di ogni forma di ricerca.

La potenza di calcolo è destinata anche a riaprire - con buona pace di Von Mises, di von Hayek e compagnia, e in tempi ravvicinati - lo scontro sul terreno teorico e politico tra Pianificazione e Mercato, questione che il collasso dell’Urss e la cancellazione conseguente degli amanuensi del Gosplan, sembrava aver consegnato al deposito degli oggetti smarriti della storia.

La questione nasce dal fatto che stiamo affidando ad algoritmi e alle relazioni nell’Infosfera del Web, l’insieme delle relazioni umane, sia nella dimensione collettiva sia nella dimensione individuale.  

 La potenza di calcolo raggiunta dai moderni computer e le applicazioni sempre più stupefacenti ai più svariati e molteplici campi ingenera l’impressione (e la fascinazione) di una potenza ai confini della magia.

Già qualcuno osservava che quando una tecnologia è sufficientemente complessa e potente, finisce per

non essere più distinguibile, agli occhi dell’inesperto, dalla magia.

 

 

 

Questa caratteristica è con consapevolezza usata dai produttori di gadget tecnologici nella implementazione delle interfacce utente – macchina dei loro prodotti. Non a caso i bambini, ricchi di pensiero magico primitivo, imparano velocissimi a usare questi gadget.

Possiamo definire come pensiero magico quel modo di pensare del cervello che lega causa ed effetti in modo immediato, tramite l’uso del simbolico. Questa è la prima forma di conoscenza. Mette insieme percezioni in un aggregato di rapido uso (il simbolo) che si presta a essere usato, con nessi logici primitivi, (ad esempio la vicinanza rapida nel tempo fra l’aggregato simbolico e un evento seguente) per trarre conclusioni di causa ed effetto. È un’eredità dell’evoluzione, che era efficace per rispondere velocemente ad una minaccia: meglio sbagliarsi in eccesso che per difetto.

L’uscita dal pensiero magico comporta l’introduzione, da parte della mente, di un processo di divisione del simbolico in una scomposizione in parti costituenti e distinte fra cui costruire nessi logici basati, innanzitutto, sul principio di non contraddizione.

Questo processo (peraltro teoricamente infinito nel suo iter: il frutto di ogni divisione diventa, infatti, un nuovo simbolico), diviene via via più complicato e inaccessibile a mano a mano che procede la distanza fra la complessità della tecnologia e del reale e le basi culturali del soggetto.

Nel primo Blade Runner il genio di Ridley Scott, non a caso, collocava il progettista dei replicanti in cima a una piramide, solo, e dialogante esclusivamente con i suoi automi artificiali che gli camminavano infantili e difettosi per casa.

Fuori, ai piedi della piramide, un mondo di uomini perduti e primitivizzati in lotta per la sopravvivenza.  Al fine dunque di evitare un inconsapevole precipitare verso un nuovo luddismo difensivo nei confronti del nuovo mondo che alcuni chiamano Infosfera o di tramutarsi in nuovi entusiasti apologeti soggiogati dalla sua fascinazione, sarà utile analizzare il meccanismo dell’algoritmo su cui poggia la costruzione dell’edificio dell’Infosfera.

 Cosa è dunque un algoritmo? Potremmo definirlo (seguendo Paolo Zellini nel suo bellissimo libro La matematica degli dei e gli algoritmi degli uomini) in modo semplice, come una procedura, un processo, con il quale si tenta di risolvere un problema, individuando e assumendo dei dati di partenza e costruendo una sequenza finita di passi elementari, precise istruzioni, in un preciso ordine di successione fra loro, e legati da un nesso logico. 

 Un problema è una classe di domande omogenee alle quali è possibile dare una risposta mediante una procedura uniforme. I dati di partenza devono potersi tradurre in numeri. La connessione logica dei passi elementari è il collegamento che s’instaura fra due proposizioni o enunciati A e B che dà origine a una terza proposizione C, vera o falsa.

La connessione logica deve essere a sua volta numerabile.  Non tutto è numerabile ma sono sorprendenti quanti campi, anche i più impensati, lo possono diventare; si pensi alla profilazione individuale dei tratti psicologici, ampiamente usata oggi dai big data per manipolare consenso   elettorale o settori di mercato o controllo spionistico e politico.

Un algoritmo deve avere alcune proprietà fondamentali:

           Atomicità (passi elementari non ulteriormente divisibili)

           Non ambiguità (i passi non possono essere interpretati in altri modi)

           Finitezza (specifici passi con ingresso e quantità di dati determinati)

           Terminazione (fine del processo in un tempo definibile)

           Determinismo (ogni passo deve essere ben stabilito)

           Ricorsività (possibilità di scomporre ogni istruzione in un’istruzione più semplice fino al linguaggio macchina basato sulla manipolazione di bit (0 e1) e possibilità inversa di raggruppare ogni istruzione all'interno di un’istruzione più complessa)

 Come si evince da quanto descritto, l’algoritmo è un costrutto, composto e componibile in modi ed elementi diversi.

Esistono inoltre problemi non numerabili. Non esiste un algoritmo, come ha dimostrato Alan Touring, in grado di stabilire se, dato un dato e un algoritmo per elaborarlo, la sua elaborazione terminerà o no, (decidibilità del risultato). Non possiamo sapere se, in generale, un fatto è conseguenza logica di un insieme di fatti: cioè, non possiamo costruire un algoritmo per decidere questo.

In sostanza, la struttura deterministica dell'algoritmo è il suo tallone di Achille. La sua forza e il suo limite.

Inoltre, la realtà non permette di partire sempre da dati certi e conoscibili nella loro complementarietà,  come ha dimostrato il principio d’indeterminazione di W.Heisenberg (possibilità di sapere ad esempio contemporaneamente velocità e posizione di una particella).

Dunque senza dati certi di partenza (intrinsecamente inconoscibili) è difficile decidere in modo certo i nessi causa effetto.

In aggiunta a ciò. già il grande matematico e logico K. Godel aveva dimostrato che nessun sistema è in grado di rispondere a tutte le domande che sorgono dal sistema.

La capacità di costruire un sistema e di uscirne per dare risposte alle domande (e contraddizioni) che genera, rimane una prerogativa umana non risolvibile all'interno della logica formale. Per fortuna.

Ora, tutto questo ha delle conseguenze. 

Un esempio: ipotizziamo che il problema sia come gestire nel modo più razionale il problema del trasporto individuale in una città attraverso l'uso dell'automobile a chiamata (servizio taxi). Uber ha trovato un perfetto algoritmo per farlo. 

Ma se la domanda cambia, per esempio diventa come permettere nel modo più razionale e con meno spreco di risorse lo spostamento individuale in città all'interno di un insieme o di un sistema composto di un collettivo, allora la risposta di Uber diventa massimamente irrazionale.

La potenza di calcolo certamente sposta sempre più in alto il luogo della determinazione e soluzione del problema, ma non può saltare i fattori della definizione del problema e della scelta dei dati di riferimento utilizzabili per la sua soluzione.

Non esistono algoritmi neutri. dato che comunque il loro funzionamento è determinato da formule discriminanti, dal peso attribuito ai singoli parametri inseriti, dalle procedure che ne determinano il risultato.

L’algoritmo non riflette mai la realtà, ma ne propone una sua versione. Quello che veramente cambia è l’enorme sproporzione di conoscenza tra l’utente finale e la società che offre il servizio. Una sproporzione di potenza.

Nella pratica, è come se si svolgesse una partita a scacchi tra un giocatore principiante e con gli occhi bendati, e un campione internazionale, che per di più, conosce tutte le mosse del primo.

Il contrasto di un algoritmo richiede il possesso della stessa potenza.

Il diritto individuale in tale contrasto vale poco più di uno scudo di latta.

Insomma, l’algoritmo e la sua potenza non possono risolvere il problema che esula dalla potenza di calcolo. 

Chi decide il problema per il quale costruire l'algoritmo? E le sue caratteristiche? E i dati da assumere? La decisione rinvia alla questione della sovranità. In definitiva della proprietà. Decide la proprietà: privata o pubblica?

La tecnologia - recita la prima legge di Kranzberg - non è né di destra né di sinistra, ma nemmeno neutrale: può aprire o chiudere tante porte alla libertà dell’uomo.

L’algoritmo è destinato a diventare il campo di battaglia in cui si decideranno il senso e la fisionomia della rivoluzione informatica: lavoratori e comunità sono chiamati dalla forza stessa delle cose - passato l’attuale momento di spiazzamento - a costruire e affinare le armi per la contesa. 

Lo spiazzamento attuale si regge fondamentalmente su tre aspetti: sull’effetto gratuità dell’offerta di servizi; sulla separazione del discorso software/ hardware – fino all’occultamento quasi totale del discorso sull’hardware; sulla costruzione passo dopo passo da parte dei Signori del Silicio - all’ombra di tali aspetti- di un nuovo Nomos della terra, per dirla con K. Schmit.

 

Gratuità dei servizi


Facebook ha un miliardo e mezzo di utenti. Negli ultimi anni, nella parte occidentale del mondo, proliferano a macchia d’olio i sensori per l’Internet delle cose.

La messa a disposizione di uno “spazio” a ogni individuo, l’offerta a getto continuo di “soluzioni” a ogni tipo di problema, la” gratuità” apparente di tale offerta, oscura ancora oggi un aspetto di assoluta rilevanza: quale organizzazione sociale si sta costruendo?

Gli aspetti di utilità immediata dell’uno oscurano il significato e il senso della direzione di marcia dell’insieme, cioè di tutti.

È allora sempre più urgente aprire una riflessione sulla prospettiva generale della rivoluzione informatica, sulla sua portata sistemica. 

Timeo Danaos  et dona ferentes, avrebbero detto i latini che se ne intendevano.

 

 

 

 

Più prosaicamente, si potrebbe dire che, nel momento in cui qualcosa è gratis - come recita un vecchio detto - il prodotto sei tu. 

Sensori, tracciabilità, dati, potenza di calcolo, forza computazionale, organizzazione monopolistica del mercato del mondo, rendono possibile la costruzione di un gigantesco e inedito meccanismo che - agitando la bandiera dello sviluppo della libertà dell’individuo - in realtà produce una straordinaria macchina di controllo sociale: controllo ferreo dell’organizzazione  produttiva, controllo ed eterodirezione  dei gusti e delle scelte dei consumatori, controllo ed eterodirezione delle opinioni e delle volontà dei cittadini.  Un modello sociale che sta tra “il Grande fratello” di Orwel ed il Panopticon di Bentham.

 L’individuo e i suoi diritti finiscono confinati in uno sterminato mare dei Sargassi.

Non a caso, gli uomini che dirigono le principali multinazionali sono a loro volta grandi intellettuali.

Dalla Sicurezza alla Mobilità, dalla Cultura all’Istruzione, dalla Produzione al Consumo, dall’organizzazione del lavoro e ogni aspetto della vita quotidiana, tutto sembra alimentare la costruzione di questo gigantesco meccanismo, senza sollevare un interrogativo apparentemente elementare: può un’azienda privata, un monopolio privato, accumulare, attraverso l’appropriazione di tanti dati, un potere tanto smisurato, da insignorirsi della vita di miliardi di uomini e delle loro scelte? 

 

Hardware


Il capitalismo attuale è imprescindibile dalla rete di Internet. Finanza, Produzione, Distribuzione, Consumo: tutto è mediato dalla rete.

Internet nasce ufficialmente nel 1969 come derivazione delle ricerche americane nel settore della difesa

(DARPA) e rimane vincolata all’ambiente militare e accademico fino al 1992, quando il Congresso degli Stati Uniti decide di aprire la rete a usi commerciali. Nel frattempo, nel 1991, Tim Berners-Lee, al CERN di Ginevra, aveva inventato il Web per lo scambio di informazioni nel mondo scientifico.

La supremazia su Internet si misura su tre parametri fondamentali: il possesso delle infrastrutture; il controllo tecnico-amministrativo; il controllo politico-economico dei “domini”.

Infrastrutture significano, ad esempio, oltre trecento linee di cavi posati sui fondali marini, per un milione di chilometri in fibra ottica che collegano gli Stati Uniti al resto del mondo, e su cui viaggiano dieci miliardi di transazioni finanziarie il giorno.

Dominio Internet significa territorio, potere economico, controllo.

Nel Medioevo il “dominio” era anche il tributo che nel feudo i sudditi pagavano al signore in segno di riconoscimento del suo potere.

Oggi il tributo è pagato all’ICANN (Internet Corporation for Assigned  Names and Numbers), società non-profit che decide la distribuzione e l’assegnazione dei “domini”.

Chi gestisce e cura gli sviluppi della struttura d’indirizzamento di Internet, detiene un formidabile potere sull’economia e sulle risorse strategiche del mondo.

Gli Stati Uniti e alcune delle loro principali imprese detengono direttamente o indirettamente il pieno dominio di Internet e quindi un formidabile potere sull’economia e sulle risorse strategiche del mondo.

Nei Consigli di amministrazione di Facebook e delle cinque grandi Corporation dei grandi gruppi farmaceutici – come ha scritto Ugo Mattei - siedono tanto dei rappresentanti del capitale quanto dei rappresentanti del Dipartimento di Stato, della Cia, della Fbi.

Nel confronto politico come nel dibattito corrente non emerge quasi mai la questione della struttura, dell’hardware: tutta l’attenzione viene concentrata sulla sovrastruttura, per dirla con termini antichi, quasi non esistesse un rapporto di dipendenza, anche se variamente mediata, tra struttura e sovrastruttura, tra hardware e software. Ma la sovrastruttura non esiste senza la struttura.

La proprietà delle infrastrutture materiali che innervano e governano l’Infosfera resta una questione sconosciuta, ignorata, lasciata nell’ombra: tale natura non emerge quasi mai come la questione politica centrale della rivoluzione informatica.

Fino ad ora il contrasto poggia fondamentalmente su ragioni di geopolitica: molti paesi (Russia, Cina, India ecc.) si sono già dotati di motori di ricerca e di social media autonomi.  

Sono di questi giorni due notizie di grande rilevanza: la prima, la pressione/annuncio di importanti istituzioni russe di procedere alla costruzione di un Internet alternativo, alla scala dei paesi cosiddetti   Brics; la seconda, l’allarme lanciato dalla Nato, circa il rischio/paralisi del sistema che deriverebbe dal tranciamento delle reti dei cavi in fibra ottica, posati sui fondali marini. Rischio legato alla invenzione di una nuova generazione di sottomarini, impossibili da rilevare.

 

 

 

 

Alla Sinistra politica, ai milioni d’individui, tutti presi a chattare su Facebook, che come i passeri della storia cinguettano sui fili del telegrafo, mentre sui fili del telegrafo corre l’ordine di sterminare i passeri, andrebbe ricordato in tutte le ore del giorno il monito di B. Brecht: cittadini, compagni ricordatevi dei rapporti di proprietà! 

 

Nomos della terra


Il primo diritto, afferma Giovanbattista Vico, gli uomini lo ricevettero dagli eroi nella forma delle prime leggi agrarie.

“La divisione dei campi” è, accanto alla religione, al matrimonio, al diritto di asilo, uno dei quattro elementi primordiali di ogni diritto umano.

Il nomos della terra, per secoli - racconta il grande giurista K. Schmitt in una delle opere più profonde dell’ultimo secolo - si è fondato su un determinato rapporto tra terraferma e mare libero, tra spazio terraneo e spazio marino. Nel tempo, con lo sviluppo dell’aviazione, si è aggiunta la possibilità del dominio sull’aria, sullo spazio aereo.

Spazio quindi come campo di azione: ogni nuovo spazio richiede e postula un nuovo ordinamento.  I grandi sconvolgimenti spaziali, le grandi rotture - sostiene K. Schmitt - generano, con la violenza di un movimento tellurico, la produzione di un nuovo assetto del diritto dei popoli.

Oggi, con la rivoluzione digitale, ha inizio un nuovo stadio della coscienza umana dello spazio e

dell’ordinamento globale; diventa possibile pensare che l’aria divori il mare e persino la terra, chioserebbe K. Schmitt. La scoperta del nuovo mondo, la scoperta delle Americhe impallidisce di fronte alla” rottura dello spazio” che investe oggi sia lo spazio generale, planetario, sia lo spazio più minuto della nostra vita quotidiana.

Nasce l’Infosfera, che ridetermina nuove linee di amicizia e d’inimicizia; tali linee sono tracciate oggi da vertici ristrettissimi e sconosciuti: una élite privata, una selezionata aristocrazia.

Torna quindi la domanda: la scrittura del nuovo diritto internazionale globale, del “nuovo Nomos della terra”, può essere affidato a una ristrettissima consorteria di imprese private? Alla programmazione automatica dei loro algoritmi? 

Solo grandi soggetti collettivi possono contrastare l’ascesa – resistibile - del “grande Fratello”: la potenza di calcolo, frutto del marxiano General Intellect, va riportata al servizio dell’interesse comune.

Luigi Agostini
 

 

 

 

 

 

 

9 gennaio 2018

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