23 gennaio 2018

Dai giornali di oggi (23 Gennaio)



Il Ppe riabilita Berlusconi e lui elogia la Merkel e promette il rispetto dei parametri europei, a cominciare dalla regola del 3% del rapporto deficit/pil (Stampa e tutti). Da Berlusconi, affiancato da Tajani, la rassicurazione all’Europa: “Il premier lo sceglierò io”. E sarà “una personalità di livello internazionale” (Repubblica). Il Messaggero rilancia l’ipotesi di Tajani premier. Ma Salvini si infuria: “l’Italia non ha bisogno di garanti”. Da Juncker abbracci e piena riabilitazione pubblica: “Un meeting eccellente”. Ma non mancano battute e gaffes.  Dietro le quinte tutti sembrano tifare per un governo di larghe intese FI-Pd, a guida Gentiloni o Calenda. “Se va a finire come in Germania mi sta bene”, il Berlusconi-pensiero del retroscena di Repubblica.
In primo piano su tutti anche l’affondo del capo dei vescovi Bassetti contro la Lega: sulla razza discorsi inaccettabili (Repubblica, Messaggero). In realtà il monito del presidente della Cei era più ampio: bollate come immorali anche le promesse irrealizzabili (Corriere). Salvini a Repubblica (p.3): “Non vedo attacchi dalla Chiesa, ho chiesto di incontrare monsignor Bassetti per spiegargli le posizioni della Lega. Siamo l’unico antidoto al razzismo ma gli irregolari vanno allontanati. Sono loro a far nascere le paure incontrollate”. Tosi contro Salvini: “Condivido il discorso di Bassetti. Ma è paradossale che passi per razzista Fontana: ha ammesso l’errore e non è razzista a differenza di Salvini. Leggetevi le sue dichiarazioni sui meridionali. Anche quello è razzismo e della peggiore specie. Lui è l’altro grande demagogo italiano, al pari di Grillo”.
Nel M5S la rivolta degli esclusi (Stampa). Ruocco e Taverna le più votate ma c’è il giallo dei numeri (Messaggero). Sul Fatto cosa funziona e cosa no del nuovo programma del M5S. Sul Foglio intervista a Michele Santoro, finito nel mirino del M5S: “Me ne frego dei loro vaffa. A Roma ti aspetteresti un impegno dei militanti ventre a terra, una rivoluzione culturale e invece niente. Significa che il M5S non è in grado di mobilitare la sua gente, è un blog. Mi preoccupa quello che succederà quando le speranze che i 5Stelle hanno alimentato saranno definitivamente deluse. Chi verrà dopo di loro?”. Santoro evoca anche il collasso della sinistra e la fine di Repubblica: “E’ un mondo che rovina su se stesso, che si sfinisce a pesci in faccia”.
Sul Fatto affondo contro Gentiloni per l’intervista al Foglio di ieri: adesso fa il Renzi della situazione. Mattarella gli aveva predicato prudenza ma per legittimarsi corre in un collegio blindato a Roma e sceglie con cura i nemici da attaccare. Nel mirino il M5S ma non FI, possibile alleato dopo il voto. “Gentiloni, età e prestanza fisica a parte, si sente più Macron che Renzi”.
Pantano a sinistra: “Grasso non tira”, non si va oltre il 6%. Si profila una sorta di “liberi tutti” dopo il voto, scrive il Fatto. Uno scenario che si legge tra le righe delle ultime interviste di D’Alema, e quel suo insistito richiamo ad un governo del presidente.
Problemi anche in casa dem, dove l’immunologo Burioni respinge la proposta di candidatura. “Uno schiaffo a Renzi” per il Giornale. “Resto a disposizione del Paese, faccio il cane da guardia contro chiunque dica falsità scientifiche” dice al Corriere.
In vista del voto del 4 marzo i leader si posizionano nei collegi. Molte le sfide dirette: Meloni contro Gentiloni a Roma (Stampa), Minniti-Boldrini a Pesaro, Bersani contro Fassino nel proporzionale a Bologna. A Bologna lo scontro doveva essere tra Casini e Errani ma scatta l’allarme rosso e Renzi sposta Casini (Repubblica). Siena attende Padoan: “Qui per blindarlo ma ha salvato il Monte” (Repubblica). Ancora top secret il collegio della Boschi.
Su Repubblica il boom degli astenuti, primo partito tra il 30 e il 40%. Si spiegano così i ripetuti appelli di Mattarella, alla luce di due aspetti nuovi: il crollo della partecipazione al nord e l’aumento del fenomeno nell’elettorato di centrosinistra. Il 60% di chi si astiene è un lavoratore subordinato, oltre il 30% è classe media impiegatizia e piccola borghesia. I giovani, dalla seconda metà degli anni Duemila, hanno votato sempre meno.
Lazio, per sbloccare l’impasse nel centrodestra spunta il candidato non politico (Messaggero): Berlusconi testa nuovamente il vicedirettore del Tg1 Sangiuliano, ma si fa anche il nome della giudice Simonetta Matone, per un ticket con Pirozzi che non arretra. Ieri l'accordo sembrava fatto sul nome di Rampelli ma Salvini ha messo il veto, scrive il Tempo. Tra i nuovi nomi in campo, oltre a Sangiuliano, quello di Roberta Angelilli. Meloni: “Nel Lazio c’è il tentativo di non replicare qualcosa che ha già diviso e che ha favorito la vittoria dei 5S a Roma”. E a sinistra la Lorenzin andrà da sola: una lista alle Regionali contro Zingaretti, dopo il “no” di Liberi e Uguali. Il Fatto (p.4): nel Lazio il centrodestra corre per perdere.

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