Ieri , 10 gennaio, si è svolta un'affollata assemblea pubblica di Liberi e Uguali nel II Municipio di Roma .
Una presentazione della neo lista guidata dal Presidente Pietro Grasso in un territorio di Roma segnato da mille contraddizioni e problemi. Uno dei due a trazione PD ma che ha un urgente bisogno di un cambio di passo davanti all'immobilismo dell'amministrazione, sia capitolina che municipale.
Relatori : Maria Cecilia Guerra, capogruppo al Senato di Articolo 1/LeU ,l'ambientalista Annalisa Corrado di Possibile e il segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni. Mentre i primi due si sono soffermati sul programma , la Corrado sull'ambiente e la Guerra sull'economia e lavoro, Fratoianni ne ha tracciato i confini politici.
Il dibattito che ne è seguito ha visto moltissimi e qualificati interventi, tra cui quello di Carla Diddi, Luca Giordano, Marco Vincenzi, Domenico Fischetto, Mauro Beschi
L'evento è stato trasmesso in diretta streaming sulla pagina facebook di LeU del II Municipio.
Pubblichiamo la relazione introduttiva di Barbara Auleta, coordinatrice di Sinistra Italiana /LeU II Municipio, e moderatrice dell'incontro.
D.F.
Da sx Fratoianni, Corrado,Auleta,Guerra
Noi
oggi siamo in campo con una proposta programmatica e una lista elettorale, LeU,
ma la nostra idea è quella di costruire un progetto credibile alternativo e
credibile, che riconnetta sinistra e società e avvii un’inversione di rotta
vera, che cambi lo stato delle cose.
Ovviamente
la strada è in salita: partiamo da un contesto sociale disgregato e diviso per
proporre, attraverso il programma, un chiaro indirizzo di governo, coerente e
credibile. Questo il senso e la necessità di una proposta alternativa per il
Paese.
La
sinistra che serve è quella che costruisce una grande alleanza per fermare le forze
regressive e xenofobe che avanzano in tutta Europa e mette al centro i valori dell'eguaglianza
e della solidarietà, perché la crescita delle diseguaglianze è oggi il nodo
delle crisi dei sistemi democratici.
Una
crisi che ha acuito le diseguaglianze, svalutato il lavoro, compresso i
diritti, eliminato ogni prospettiva per i giovani, svuotato l'istruzione, la
sanità e la previdenza pubbliche, una crisi che ha colpito prevalentemente il
ceto medio, spingendolo verso il basso e allargando l'area di povertà e
insicurezza sociale.
La
sinistra che serve nasce per contrastare questo stato di cose, scegliendo come
faro, come guida, il modello sociale ed economico, ancora attuale e moderno, che
vive nella nostra Carta Costituzionale, in larga parte ancora non attuato.
La
sinistra che serve e a cui pensiamo parte dal futuro, dalla consapevolezza
dell’insostenibilità dei livelli di inquinamento, dello spreco di materie prime
e del consumo di suolo, che non sono affermazioni teoriche, lo sappiamo bene
noi che viviamo a Roma e proprio con liberi e uguali II municipio, pochi giorni
fa, abbiamo raccolto oltre 4000 firme contro la demolizione di villa paolina perché
un privato vuole soppiantarla con un palazzo di 8 piani, aumentando la
cubatura, grazie al piano casa, che convintamente contrastiamo. Lo sappiamo
bene noi che ci ritroviamo ogni 2 per 3 con il blocco delle auto per abbassare
i livelli di inquinamento dell’aria, ed è per questo che intendiamo sostenere
il trasporto su ferro e ridurre al minimo quello su gomma, altro che autostrada
Roma – Latina. Sappiamo bene quanto i cambiamenti climatici non sono più solo
un pericolo di cui ci parlano in tv, ma lo viviamo sulla nostra pelle, con
temperature primaverili al centro-sud e valanghe di neve nel nord Italia; sappiamo
bene, soprattutto noi romani, cosa voglia dire non avere un piano dei rifiuti,
ormai da 5 anni, e vivere tra i cassonetti traboccanti e le discariche piene, e
le strade invase da rifiuti di ogni tipo.
La sinistra che serve mette al primo posto il lavoro, come
strumento di libertà e di uguaglianza sociale, per le donne e per gli uomini,
con uguale retribuzione. Un lavoro che però sia garantito da condizioni e diritti,
non il lavoro sottopagato, precario, il lavoro gratis, che è sfruttamento, che
diventa schiavismo: il jobs act va cancellato! E per creare lavoro non bisogna
per forza ricorrere alla grandi opere, è sufficiente investire, mettendo in
sicurezza il territorio, le scuole, le case, nei luoghi in cui siamo a rischio
sismico, o alluvione, che praticamente è ovunque. Un’Italia con infrastrutture
efficienti, con monumenti ben conservati, con piazze e vie curate, è un’Italia
che basta da sola ad attrarre turismo, interessi, investimenti.
E
lo sforzo maggiore deve essere concentrato al Sud, l’Italia deve ripartire anche
dal sud, anche per sconfiggere i sistemi mafiosi che in assenza dello Stato la
fanno da padroni.
La
sinistra che serve è quella che restituisce il diritto alla felicità, a
progettare un futuro, a prescindere dal luogo e dalla famiglia in cui si è
avuta la fortuna di nascere.
Partendo
dalla scuola, perché è da lì che si eliminano le differenze. Dunque va
cancellata la legge 107, che ha introdotto anche in un ambito che io considero
“sacro” il concetto di produttività, se corri di più hai più soldi, e poco
importa se c’è chi rimane indietro, perché non ha mezzi, non ha soldi, perché
tuo padre non può seguirti mentre fai i compiti perché deve lavorare, cercare
di lavorare; chi ha figli lo sa, lo sente continuamente: se vai al liceo devi
aver fatto corsi di inglese privati, se vuoi emergere, prendere ripetizioni di
latino e greco, se vuoi essere al passo con gli altri… ancora una questione di
soldi, di ceto, di fortuna. La mappa della dispersione scolastica si sovrappone
a quella geografica ed economica delle periferie. Anche qui, una storia da
ribaltare e su cui incidere.
La stessa cosa che accade nella sanità, in questa
folle corsa alla privatizzazione, l’ossessione per la produttività, dove l’efficienza
degli ospedali si misura con il numero di interventi che vengono effettuati,
taglia e via, fuori, posto libero per un altro intervento. E l’ospedale che non
produce, che non fa tot interventi, è meglio chiuderlo, anche se questo vuol
dire lasciare scoperto un territorio, se poi le liste d’attesa del SSN sono
talmente lunghe che se vuoi fare un’ecografia al seno devi per forza rivolgerti
al privato: lo sappiamo bene noi che viviamo nel Lazio! Si chiudono gli
ospedali perché è antieconomico tenerli aperti, così si risana il buco, e i
malati di lunga degenza che non possono permettersi la clinica privata, sono
abbandonati a se stessi nel momento più drammatico della loro esistenza. E
tutto sommato siamo fortunati, perché siamo a Roma, ma ci sono vastissime zone
del sud in cui ammalarsi significa davvero rischiare di morire, in perfetta
solitudine.
La
sinistra che serve elimina ogni disuguaglianza che si fondi sulla nascita,
sulla provenienza, su questa roulette per cui se sei fortunata nasci in Italia
e hai diritto a vestirti, a mangiare, andare a scuola…se invece ti dice sfiga e
nasci in Nigeria o in Libia, niente, sei condannata a restare lì e morirci, o
al più a morire mentre cerchi una via per la salvezza. Lo abbiamo visto bene
qui a Roma, con gli sgomberi delle persone che si sono ritrovate in mezzo alla
strada, spazzate via con gli idranti, in un rimpallo di responsabilità tra
Comune e Regione!
L’Italia
deve indicare all’Europa la via giusta, come ha saputo fare con la solidarietà,
quella regalata dalle persone, dai volontari del Baobab, per esempio, che noi
conosciamo bene, che mentre il decreto Minniti mette a disposizione strumenti
di emarginazione, offrono incondizionatamente aiuto e accoglienza a chi chiede
solo di avere una possibilità di sopravvivere. E non dimentichiamoci delle
guerre: il ripudio della guerra che la nostra costituzione pone come condizione
imprescindibile per un vivere civile. Allo stesso modo, la legge sullo Ius soli
è una condizione imprescindibile di civiltà e di connessione con la realtà.
Ovviamente è necessario essere consapevoli che,
per fare tutto questo, il primo passo è cancellare il pareggio di bilancio
dalla Costituzione, rimuovere la modifica dell’articolo 81, che è un limite
enorme, un cappio. Soffoca e immobilizza e impedisce di amministrare di fare
qualunque scelta, a livello nazionale e ancor più a livello locale, per la
sanità come per tutto il resto.
Sul
programma direi che ci siamo, bisogna solo fare attenzione a tenerlo fermo sul
piano della coerenza e della credibilità, nelle scelte che compiamo sul piano
politico, a tutti i livelli, perché è questo che è fondamentale nel messaggio
che facciamo arrivare ai nostri elettori: una via, una direzione, senza tentennamenti,
senza tatticismi.
Sul
processo, c’è ancora da lavorare. Ci siamo trovati a compiere delle scelte con
l’urgenza del momento politico, con la complessità della situazione, ma è
necessario recuperare sul terreno della democrazia e della partecipazione. Io sono
per la rappresentanza, per la delega, non credo alle forme di partecipazione in
cui tutti sono chiamati a esprimersi su tutto, il metodo grillino mi fa orrore,
rivendico il diritto a non avere la competenza necessaria su temi tecnici, su
questioni che richiedono un alto livello di specializzazione. Per questo credo
sia importante affidarci a chi è esperto, a chi ha esperienza e competenza da
mettere al servizio della nostra comunità, ma tutto questo deve avvenire in
trasparenza con un metodo democratico, che non lasci spazio alle decisioni
prese altrove. Dobbiamo imparare a confliggere e discutere e avere il coraggio
delle scelte che facciamo, partecipandole. È anche una questione di
condivisione delle responsabilità, che può semplificare: una decisione che non
viene vissuta come verticistica, ma al contrario viene percepita e vissuta come
condivisa, chiama tutti alla responsabilità di sostenerla, di portarla fino in
fondo.
E
la stessa cosa avviene all’esterno: lo abbiamo visto con il referendum sulla
costituzione: il 4 dicembre, quando finalmente le persone hanno avuto la
percezione reale che il loro voto serviva a cambiare qualcosa, l’hanno fatto,
sono andati a votare, hanno messo al servizio dell’obiettivo il loro voto, si
sono assunti la responsabilità collettiva di una scelta chiara. Altrimenti
mettiamo a rischio la nostra credibilità e a votare non ci andrà nessuno.
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