11 gennaio 2018

Municipio II:LA SINISTRA CHE SERVE ,assemblea pubblica di Liberi e Uguali con Pietro Grasso del 10 gennaio


Ieri , 10 gennaio, si è svolta un'affollata assemblea pubblica di Liberi e Uguali nel II Municipio di Roma  .
Una presentazione della neo lista guidata dal Presidente Pietro Grasso in un territorio di Roma segnato da mille contraddizioni e problemi. Uno dei due a trazione  PD ma che ha un urgente bisogno di un cambio di passo davanti all'immobilismo dell'amministrazione, sia capitolina che municipale.
Relatori : Maria Cecilia Guerra, capogruppo al Senato di Articolo 1/LeU ,l'ambientalista  Annalisa Corrado di Possibile e il segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni. Mentre i primi due si sono soffermati sul programma , la Corrado sull'ambiente e la Guerra sull'economia e lavoro, Fratoianni ne ha tracciato i confini politici.
Il dibattito che ne è seguito ha visto moltissimi e qualificati interventi, tra cui quello di Carla Diddi, Luca Giordano, Marco Vincenzi, Domenico Fischetto, Mauro Beschi
L'evento è stato trasmesso in diretta streaming sulla pagina facebook di LeU del II Municipio. 
Pubblichiamo la relazione introduttiva di Barbara Auleta, coordinatrice di Sinistra Italiana /LeU II Municipio, e moderatrice dell'incontro.
D.F.

                                                 Da sx Fratoianni, Corrado,Auleta,Guerra

Noi oggi siamo in campo con una proposta programmatica e una lista elettorale, LeU, ma la nostra idea è quella di costruire un progetto credibile alternativo e credibile, che riconnetta sinistra e società e avvii un’inversione di rotta vera, che cambi lo stato delle cose.

Ovviamente la strada è in salita: partiamo da un contesto sociale disgregato e diviso per proporre, attraverso il programma, un chiaro indirizzo di governo, coerente e credibile. Questo il senso e la necessità di una proposta alternativa per il Paese.

La sinistra che serve è quella che costruisce una grande alleanza per fermare le forze regressive e xenofobe che avanzano in tutta Europa e mette al centro i valori dell'eguaglianza e della solidarietà, perché la crescita delle diseguaglianze è oggi il nodo delle crisi dei sistemi democratici.

Una crisi che ha acuito le diseguaglianze, svalutato il lavoro, compresso i diritti, eliminato ogni prospettiva per i giovani, svuotato l'istruzione, la sanità e la previdenza pubbliche, una crisi che ha colpito prevalentemente il ceto medio, spingendolo verso il basso e allargando l'area di povertà e insicurezza sociale.

La sinistra che serve nasce per contrastare questo stato di cose, scegliendo come faro, come guida, il modello sociale ed economico, ancora attuale e moderno, che vive nella nostra Carta Costituzionale, in larga parte ancora non attuato.

La sinistra che serve e a cui pensiamo parte dal futuro, dalla consapevolezza dell’insostenibilità dei livelli di inquinamento, dello spreco di materie prime e del consumo di suolo, che non sono affermazioni teoriche, lo sappiamo bene noi che viviamo a Roma e proprio con liberi e uguali II municipio, pochi giorni fa, abbiamo raccolto oltre 4000 firme contro la demolizione di villa paolina perché un privato vuole soppiantarla con un palazzo di 8 piani, aumentando la cubatura, grazie al piano casa, che convintamente contrastiamo. Lo sappiamo bene noi che ci ritroviamo ogni 2 per 3 con il blocco delle auto per abbassare i livelli di inquinamento dell’aria, ed è per questo che intendiamo sostenere il trasporto su ferro e ridurre al minimo quello su gomma, altro che autostrada Roma – Latina. Sappiamo bene quanto i cambiamenti climatici non sono più solo un pericolo di cui ci parlano in tv, ma lo viviamo sulla nostra pelle, con temperature primaverili al centro-sud e valanghe di neve nel nord Italia; sappiamo bene, soprattutto noi romani, cosa voglia dire non avere un piano dei rifiuti, ormai da 5 anni, e vivere tra i cassonetti traboccanti e le discariche piene, e le strade invase da rifiuti di ogni tipo.

La sinistra che serve mette al primo posto il lavoro, come strumento di libertà e di uguaglianza sociale, per le donne e per gli uomini, con uguale retribuzione. Un lavoro che però sia garantito da condizioni e diritti, non il lavoro sottopagato, precario, il lavoro gratis, che è sfruttamento, che diventa schiavismo: il jobs act va cancellato! E per creare lavoro non bisogna per forza ricorrere alla grandi opere, è sufficiente investire, mettendo in sicurezza il territorio, le scuole, le case, nei luoghi in cui siamo a rischio sismico, o alluvione, che praticamente è ovunque. Un’Italia con infrastrutture efficienti, con monumenti ben conservati, con piazze e vie curate, è un’Italia che basta da sola ad attrarre turismo, interessi, investimenti.

E lo sforzo maggiore deve essere concentrato al Sud, l’Italia deve ripartire anche dal sud, anche per sconfiggere i sistemi mafiosi che in assenza dello Stato la fanno da padroni.

La sinistra che serve è quella che restituisce il diritto alla felicità, a progettare un futuro, a prescindere dal luogo e dalla famiglia in cui si è avuta la fortuna di nascere.

Partendo dalla scuola, perché è da lì che si eliminano le differenze. Dunque va cancellata la legge 107, che ha introdotto anche in un ambito che io considero “sacro” il concetto di produttività, se corri di più hai più soldi, e poco importa se c’è chi rimane indietro, perché non ha mezzi, non ha soldi, perché tuo padre non può seguirti mentre fai i compiti perché deve lavorare, cercare di lavorare; chi ha figli lo sa, lo sente continuamente: se vai al liceo devi aver fatto corsi di inglese privati, se vuoi emergere, prendere ripetizioni di latino e greco, se vuoi essere al passo con gli altri… ancora una questione di soldi, di ceto, di fortuna. La mappa della dispersione scolastica si sovrappone a quella geografica ed economica delle periferie. Anche qui, una storia da ribaltare e su cui incidere.

La stessa cosa che accade nella sanità, in questa folle corsa alla privatizzazione, l’ossessione per la produttività, dove l’efficienza degli ospedali si misura con il numero di interventi che vengono effettuati, taglia e via, fuori, posto libero per un altro intervento. E l’ospedale che non produce, che non fa tot interventi, è meglio chiuderlo, anche se questo vuol dire lasciare scoperto un territorio, se poi le liste d’attesa del SSN sono talmente lunghe che se vuoi fare un’ecografia al seno devi per forza rivolgerti al privato: lo sappiamo bene noi che viviamo nel Lazio! Si chiudono gli ospedali perché è antieconomico tenerli aperti, così si risana il buco, e i malati di lunga degenza che non possono permettersi la clinica privata, sono abbandonati a se stessi nel momento più drammatico della loro esistenza. E tutto sommato siamo fortunati, perché siamo a Roma, ma ci sono vastissime zone del sud in cui ammalarsi significa davvero rischiare di morire, in perfetta solitudine.

La sinistra che serve elimina ogni disuguaglianza che si fondi sulla nascita, sulla provenienza, su questa roulette per cui se sei fortunata nasci in Italia e hai diritto a vestirti, a mangiare, andare a scuola…se invece ti dice sfiga e nasci in Nigeria o in Libia, niente, sei condannata a restare lì e morirci, o al più a morire mentre cerchi una via per la salvezza. Lo abbiamo visto bene qui a Roma, con gli sgomberi delle persone che si sono ritrovate in mezzo alla strada, spazzate via con gli idranti, in un rimpallo di responsabilità tra Comune e Regione!

L’Italia deve indicare all’Europa la via giusta, come ha saputo fare con la solidarietà, quella regalata dalle persone, dai volontari del Baobab, per esempio, che noi conosciamo bene, che mentre il decreto Minniti mette a disposizione strumenti di emarginazione, offrono incondizionatamente aiuto e accoglienza a chi chiede solo di avere una possibilità di sopravvivere. E non dimentichiamoci delle guerre: il ripudio della guerra che la nostra costituzione pone come condizione imprescindibile per un vivere civile. Allo stesso modo, la legge sullo Ius soli è una condizione imprescindibile di civiltà e di connessione con la realtà.

Ovviamente è necessario essere consapevoli che, per fare tutto questo, il primo passo è cancellare il pareggio di bilancio dalla Costituzione, rimuovere la modifica dell’articolo 81, che è un limite enorme, un cappio. Soffoca e immobilizza e impedisce di amministrare di fare qualunque scelta, a livello nazionale e ancor più a livello locale, per la sanità come per tutto il resto.

Sul programma direi che ci siamo, bisogna solo fare attenzione a tenerlo fermo sul piano della coerenza e della credibilità, nelle scelte che compiamo sul piano politico, a tutti i livelli, perché è questo che è fondamentale nel messaggio che facciamo arrivare ai nostri elettori: una via, una direzione, senza tentennamenti, senza tatticismi.

Sul processo, c’è ancora da lavorare. Ci siamo trovati a compiere delle scelte con l’urgenza del momento politico, con la complessità della situazione, ma è necessario recuperare sul terreno della democrazia e della partecipazione. Io sono per la rappresentanza, per la delega, non credo alle forme di partecipazione in cui tutti sono chiamati a esprimersi su tutto, il metodo grillino mi fa orrore, rivendico il diritto a non avere la competenza necessaria su temi tecnici, su questioni che richiedono un alto livello di specializzazione. Per questo credo sia importante affidarci a chi è esperto, a chi ha esperienza e competenza da mettere al servizio della nostra comunità, ma tutto questo deve avvenire in trasparenza con un metodo democratico, che non lasci spazio alle decisioni prese altrove. Dobbiamo imparare a confliggere e discutere e avere il coraggio delle scelte che facciamo, partecipandole. È anche una questione di condivisione delle responsabilità, che può semplificare: una decisione che non viene vissuta come verticistica, ma al contrario viene percepita e vissuta come condivisa, chiama tutti alla responsabilità di sostenerla, di portarla fino in fondo.

E la stessa cosa avviene all’esterno: lo abbiamo visto con il referendum sulla costituzione: il 4 dicembre, quando finalmente le persone hanno avuto la percezione reale che il loro voto serviva a cambiare qualcosa, l’hanno fatto, sono andati a votare, hanno messo al servizio dell’obiettivo il loro voto, si sono assunti la responsabilità collettiva di una scelta chiara. Altrimenti mettiamo a rischio la nostra credibilità e a votare non ci andrà nessuno.

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