Con
Giovanna Mezzogiorno, Alessandro Borghi, Peppe Barra, Anna Bonaiuto, Biagio
Forestieri, Maria Pia Calzone, Luisa Ranieri, del 2017. Musiche di Pasquale
Catalano. Fotografia di Gianfilippo Corticelli.
La “figliata” galeotta
In questo film Napoli costituisce
una quinta teatrale, il palcoscenico dove si svolge una storia che, forse, si
sarebbe potuta svolgere anche in altro contesto ambientale. In un palazzo
antico della Napoli barocca, una sera a uno spettacolo (una “figliata”) organizzato
dalla zia Adele (Anna Bonaiuto), Adriana (un’intensa Giovanna Mezzogiorno)
incontra Andrea (Alessandro Borghi), un giovane e seduttivo sommozzatore. È un
immediato coup de foudre e i due
passano a casa di lei una intera notte di sesso e di passione. Uscendo la
domenica mattina presto dalla casa di Adriana, Andrea le dà appuntamento nel
pomeriggio al Museo Archeologico, uno dei più antichi d’Europa costruito in un
palazzo Secentesco. Ma lui non arriverà mai all'incontro e Adriana scoprirà, il
giorno dopo, che è stato ucciso e che gli hanno strappato gli occhi dalle
orbite. Questo fatto la sconvolge completamente, ha l’impressione di vederlo
ovunque e cercherà, a modo suo, di capire le ragioni dell’assassinio indagando
per proprio conto.
Il film parla di confini tra
reale e immaginario, parla di follia, di passioni e di amori al limite
dell’incestuoso: due sorelle innamorate dello stesso uomo e due fratelli
gemelli che si innamorano della stessa donna. Napoli velata racconta anche di traumi infantili che impediscono a
una donna, non più giovanissima e mediamente piacente, di avere una relazione
“normale”. Adriana, infatti, viene affascinata dalla diversità, dal mistero, ed
è più interessata all’eros che all’amore. In un certo senso si potrebbe
affermare che il film narra della psicoanalisi poiché, solo quando avrà
rivissuto il trauma infantile della fine drammatica dei suoi genitori cui ha
assistito, Adriana riuscirà finalmente a liberarsi della cappa di fantasmi che
la perseguitano e sarà in grado di scegliere una vita “normale” (ammesso che
con la psicoanalisi ci si riesca…). A quel punto lascerà perfino il lavoro (o
le impongono di lasciarlo?) che la costringeva a passare tutto il tempo a
contatto con la morte, essendo una dottoressa che svolge il ruolo di medico
legale in un ospedale.
Qua e là sembra di trovare
citazioni felliniane nei personaggi/maschere come la grassa medium a letto (la Saraghina
di 8 e 1/2?) o come il cantore
Pasquale (un sontuoso Peppe Barra) o la scena nell’ospizio geriatrico nella Certosa
di San Martino. Non ci sarà pure qualche riferimento hitchkockiano – più nella
storia che nel linguaggio - quasi fosse “L’uomo che visse due volte”?
Napoli presta i suoi monumenti a
Ozpetek che gira il film attorno a Santa Lucia. Adriana infatti abita di lato a
Piazza del Gesù, mentre altre scene hanno la vista mare e/o di Castel dell’Ovo.
Non poteva mancare la Cappella Sansevera diventata famosa proprio per il
“Cristo velato”, quintessenza del barocco napoletano. C’è spazio anche per la
scalinata della “Farmacia degli incurabili”, già portata sullo schermo da John
Turturro in Passione del 2010. Meno
scontata è la scala liberty del più
recente Palazzo Mannajuolo che, pur essendo ubicato quale fondale della
commerciale e prestigiosa Via dei Mille, è meno utilizzato come obiettivo
turistico. I monumenti contemporanei adibiti a location sono le nuove Stazioni della Metropolitana - dette
“dell’Arte”- come la stazione Toledo del catalano Tusquets e la stazione
Garibaldi - che ha subìto una profonda trasformazione diventando un
appariscente biglietto da visita a tutti coloro che arrivano a Napoli in treno.
Giovanna Mezzogiorno, un po’
imbolsita e appesantita, recita con gli occhi ed è attorniata da una serie di
personaggi/attrici tutte un po’ fanée
come le antiquarie omosessuali Valeria e Ludovica (Isabella Ferrari e Lina
Sastri), l’amica Catena (Luisa Ranieri) e Rosaria (Maria Pia Calzone). Meno
convincente Alessandro Borghi nel suo doppio ruolo.
Ghisi Grütter
Il parere di Marchesini
Nel suo film Napoli velata, Ozpetek non è il regista che come un dio onniscente e onnipotente sta assiso sull'Olimpo per prenderci per mano e spiegarci della vita tutto. Ozpetek si siede in sala accanto a noi e, accompagnandoci dentro i percorsi e gli scenari di una storia ambientata a Napoli che magnificamente racconta, alla fine anche lui come noi ne è sì coinvolto e travolto, ma anche lui come noi non ha contezza di cosa in quella storia sia del tutto realmente successo. Chi abbia amato, odiato, ucciso, e perché. Ozpetek non si presta a fare agli spettatori da balia. Ci racconta una storia potente e magnifica dentro una città forte e misteriosa. Ma ammette e riconosce che anche lui del tutto e fino in fondo non capisce e non sa. Che Ozpetek sia per questo benedetto.
Nessun commento:
Posta un commento